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La sentenza
La saggia svolta americana sui bloccanti della pubertà
Confermata dalla Corte suprema statunitense la legge del Tennessee che vieta la somministrazione a minori di ormoni e interventi chirurgici per l’affermazione di genere. Una prova dell'insofferenza di una parte significativa della popolazione (anche progressista) verso la medicalizzazione dei bambini
La Corte Suprema americana ha confermato la legge del Tennessee che vieta la somministrazione a minori di bloccanti della pubertà, ormoni e interventi chirurgici per l’affermazione di genere. Non entra nel merito medico, ma riconosce il diritto degli stati a decidere autonomamente. Oltre 20 stati americani vietano già le pratiche. Una doccia fredda per l’attivismo trans, che promuove l’autodeterminazione di genere fin dall’infanzia. Ma la sentenza riflette una realtà politica: la crescente insofferenza di una parte significativa della popolazione – anche progressista – verso la medicalizzazione dei bambini. Non è stata l’amministrazione Trump a inventare il “backlash”, ma ne ha colto il segnale: i sessi “sono due, e due restano”, ha ribadito.
In Europa la rotta è già cambiata: in UK il rapporto Cass ha demolito le basi scientifiche delle terapie ormonali precoci. In Italia il Comitato Nazionale per la Bioetica ha chiesto che i farmaci siano usati solo in contesti sperimentali, ma mancano dati ufficiali e linee guida. Intanto chiude il TransYouth Center di Los Angeles, meta del “turismo baby-trans”. Il Nyt registra la sconfitta, ma promette battaglia: “Non è la fine, è solo l’inizio”, dice l’Aclu. La frattura tra élite progressiste e opinione pubblica si allarga. E forse è il momento di riconoscerlo senza censure.