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la strategia
L'accordo di Sharaa con gli ex assadisti fa ribollire i siriani
“Per mancanza di prove” trecento detenuti sono stati liberati dalle carceri della Siria, compresi vecchi ufficiali delle Forze armate di Assad e del suo servizio di intelligence. La strategia di Damasco è quella dell’opportunismo dettato dall’esigenza di stabilizzare il paese il prima possibile
La festività islamica dell’Eid al Adha ha costretto milioni di siriani ancora increduli per la caduta del regime a fare i conti con ciò che resta di una rivoluzione vittoriosa, ma non immune a compromessi dolorosi. “Per mancanza di prove”, recita la motivazione ufficiale, in occasione della ricorrenza religiosa circa trecento detenuti sono stati liberati dalle carceri del paese, incluse alcune decine di vecchi ufficiali delle Forze armate di Assad e del suo servizio di intelligence. La rabbia nei confronti dell’amnistia garantita a leader spietati, colpevoli dell’omicidio o della sparizione di molti rivoluzionari, è dilagata sui social e per le strade della Siria, dove si organizzano manifestazioni di protesta. Una rabbia che però cova da mesi.
Lo scorso febbraio, un nome su tutti ha destato scandalo, quello di Fadi Saqr, comandante delle Forze di difesa nazionale, le milizie paramilitari create da Assad nel 2012 per sedare i ribelli con ogni mezzo. Lo scorso dicembre, il comandante assadista,si è reso conto che non c’era più nulla da fare, che il regime era spacciato e a quel punto ha raggiunto un accordo con i ribelli islamisti di Hayat Tahrir al Sham che nel frattempo erano arrivati alle porte di Damasco: facilitare la resa della capitale in cambio dell’immunità. I crimini di cui Saqr si era reso responsabile durante la guerra civile furono tali da essere sottoposto alle sanzioni internazionali, che tuttavia non gli avevano impedito di continuare a combattere al fianco del regime. Diversi massacri furono ordinati o approvati da Saqr, fra questi anche uno dei più drammatici, quello di Tadamon, un quartiere di Damasco dove gli scheletri dei palazzi distrutti dai bombardamenti sono circondati da fosse comuni. Normale che quando a febbraio scorso Saqr si recò in visita a Tadamon, assieme ad altri due ex ufficiali del regime e accompagnato da esponenti dell’attuale governo siriano, i cittadini siano insorti denunciando l’affronto del carnefice che visita le tombe delle vittime delle esecuzioni da lui stesso ordinate.
Mentre i focolai di instabilità covano latenti nei quattro angoli del paese, il dilemma del presidente Ahmad al Sharaa non è di facile risoluzione: come sopirli? Nell’ovest della Siria, nella periferia di Homs, gli scontri con l’ala oltranzista del regime deposto che non rifiuta di lasciare le armi – anche per timore di perdere il controllo dei traffici illegali alla frontiera con il Libano – sono ripresi in questi giorni. Secondo fonti locali, gli iraniani starebbero tentando di approfittarne per recapitare armi a questi irriducibili, soprattutto nei pressi del villaggio di Telkhalakh, già luogo di scontri nei mesi scorsi. Nel frattempo, nel giro di appena 24 ore, una decina di omicidi nel paese ha coinvolto diversi ex ufficiali e soldati del regime. L’anarchia a cui sono abbandonate intere province apre la strada a spedizioni punitive e alla giustizia privata. Finora, Sharaa sta tentando di seguire la via della riconciliazione con chi sei mesi fa ha aiutato i ribelli a sbaragliare il regime e così si spiegano le scarcerazioni di questi mesi, culminate talvolta persino con il coinvolgimenti diretto di ex funzionari assadisti di alto livello all’interno dei nuovi organi governativi. E’ andata così a Saqr, che è passato dal ruolo di killer spietato per conto di Assad a quello di membro della Commissione per la pace civile, un organismo creato da Sharaa per favorire dialogo e riconciliazione. Il paradosso è che scorie assadiste come Saqr, assieme ad altri, oggi siedono al fianco di ideologi rivoluzionari e islamisti, come Hassan Soufan e Anas Ayrut, in passato vicini ai ribelli di Hayat Tahrir al Sham e Ahrar al Sham.
Così martedì, di fronte alla rabbia generale, Soufan stesso ha convocato una conferenza stampa per provare a chiarire i motivi della mano morbida usata nei confronti degli ex assadisti. “Fadi Saqr ci serve per chiudere importanti questioni sulla costa siriana. Tutti conoscono le decine di nascondigli [del regime, ndr] che sono stati già scoperti – ha detto – Se non fosse stato per questo, ci sarebbero stati nuovi attacchi, nuovi massacri contro le forze di sicurezza e nuove campagne vendicative”. La platea che assisteva al discorso si è però mostrata poco disposta ad accettare le spiegazioni di Soufan. Quando un giornalista ha detto che i parenti delle vittime del regime non avrebbero mai stretto la mano ai carnefici dei loro cari, Soufan ha risposto che “non è il caso di fare del paternalismo”, suscitando altra indignazione.
A confermare che la strategia di Damasco è quella dell’opportunismo dettato dall’esigenza di stabilizzare il paese il prima possibile, è stato martedì un portavoce del ministero dell’Interno che ha confermato l’esistenza di un accordo con gli ex assadisti come ricompensa per l’aiuto dato tradendo Assad e sgominando le sacche di resistenza ancora attive. “Il governo deve smettere di riabilitare i criminali di guerra trasformandoli in costruttori della pace civile”, rispondono però gli attivisti, poco disposti a pagare il prezzo dell’impunità per una vittoria-lampo contro un regime sopravvissuto per mezzo secolo.