
Etiopia, guerra del Tigrè (2021), foto LaPresse
IL REPORT
Le aree di crisi di cui il mondo si è dimenticato
Il Norwegian refugee council ha pubblicato il suo rapporto annuale sulle emergenze umanitarie più gravi e trascurate del pianeta. I tre indicatori fondamentali sono la scarsa copertura mediatica, la carenza di sostegno economico e la mancata attenzione politica da parte della comunità internazionale. Il più invisibile è il Camerun
Che esistano luoghi del mondo sempre sotto i riflettori e aree di crisi completamente ignorate è noto. Quanto alle seconde, ogni tanto emergono degli sforzi per illuminarle. E’ il caso del report stilato dal Norwegian refugee council (Nrc), ong norvegese che si occupa di migrazioni e rifugiati, che ogni anno informa sulle crisi umanitarie più gravi e più dimenticate del pianeta, evidenziandone la scarsa copertura mediatica, le carenze in termini di sostegno economico e di impegno politico a livello internazionale.
Il rapporto relativo al 2024, pubblicato la scorsa settimana, colloca al primo posto tra le crisi invisibili il Camerun, definito un vero e proprio caso studio sulla negligenza globale. Su una popolazione di 28 milioni di persone, si contano più di un milione di sfollati interni e quasi mezzo milione (480 mila) di richiedenti asilo. La crisi del paese è il frutto dell'intrecciarsi di diversi fattori: in primis il conflitto armato, scoppiato nel 2016, tra l’esercito regolare e i gruppi separatisti attivi soprattutto nel nordovest e nel sudovest del paese. Già un rapporto di Amnesty International nel 2023 aveva documentato le continue violazioni dei diritti umani subiti dalla popolazione civile nelle aree teatro di incursioni degli indipendentisti, e Al Jazeera raccontava, a gennaio di quest’anno, casi di bambini che hanno smesso di andare a scuola per paura di finire aggrediti. La violenza infuria anche nella regione del bacino del lago Ciad, a causa degli attacchi della milizia jihadista Boko Haram – attiva anche e soprattutto in Nigeria. A ciò si aggiungono i numeri della fame (circa 2,8 milioni di persone hanno dovuto affrontare una grave insicurezza alimentare) e i disastrosi effetti delle inondazioni, causate dal cambiamento climatico. Mentre questo avviene, meno di 30 mila articoli giornalistici – il report tiene in considerazione quelli scritti in inglese, in francese, in arabo e in spagnolo – sono stati dedicati al Camerun nel 2024, e sono stati raccolti solo 168 milioni di dollari in aiuti sui 371 richiesti (il 45 per cento). Il Nrc segnala che, dato il definanziamento cronico nel sostegno internazionale alle crisi umanitarie, un piano di intervento che soddisfi anche solo il 50 per cento del fabbisogno è considerato un importante obiettivo raggiunto.
Tra i dieci paesi più invisibili menzionati dal rapporto, ben otto sono africani – che sono anche i primi cinque. Al Camerun segue l’Etiopia, scossa dalle violenze nelle regioni degli Amara e di Oromia e dagli strascichi della guerra del Tigrè, e devastata dalla siccità, dalle frane e dalle inondazioni. Secondo il report, nel paese ci sono attualmente più di 10 milioni di persone che necessitano di assistenza alimentare. All’inizio del 2025, inoltre, i terremoti hanno aumentato le stime degli sfollati e aggravato in generale le condizioni del paese. A fronte di questo, solo il 28 per cento dei finanziamenti umanitari necessari è stato soddisfatto, mentre all’impegno politico messo in campo a livello internazionale per sostenere l’Etiopia è stata data, dal Norwegian refugee council, una valutazione di 5 su 30. Il punteggio viene calcolato dall’ong norvegese sulla base di diversi indicatori, tra i quali la quantità di iniziative del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, incontri diplomatici e visite nel paese in questione.
E’ finito nella lista, per la prima volta, il Mozambico, soprattutto a causa dei disordini politici scatenati dalla controversa elezione, in ottobre, del presidente Daniel Chapo e dalle conseguenti proteste guidate dal capo dell'opposizione Venâncio Mondlane. Anche in questo caso, alla violenza politica si sono sommati i disastri naturali: a dicembre il Mozambico è stato colpito dal ciclone Chido, che ha alimentato la crisi degli sfollati nel paese (più di 600 mila). Seguono il Burkina Faso, ostaggio di gruppi armati che controllano quasi metà del paese e tengono sotto assedio i civili, e il vicino Mali, che ne ha accolto i numerosi rifugiati che hanno oltrepassato il confine – più di 90 mila persone. Anche in quest’area le calamità naturali si sono intensificate a causa dei cambiamenti climatici – in Mali, le gravi inondazioni che si sono verificate nell’ottobre 2024 hanno colpito circa 450 mila persone.
Un aspetto cruciale che emerge dal rapporto è la correlazione tra le diverse crisi che colpiscono paesi vicini: in Uganda, ad esempio, la situazione degli sfollati si è aggravata, nel 2024, soprattutto a causa degli arrivi dalla Repubblica Democratica del Congo e dal Sudan – i centri di accoglienza del paese hanno operato al 500 per cento della loro capacità prevista; lo stesso vale per l’Iran, tra i paesi che ospitano più rifugiati al mondo, tra cui soprattutto afghani (sono attualmente 3,8 milioni). Il Nrc rileva che, mentre l’Iran è al centro delle notizie di politica estera, i bisogni interni relativi soprattutto alla popolazione afghana sono sostanzialmente ignorati dalla comunità internazionale.
Chiudono la classifica la Repubblica Democratica del Congo, interessata nell'ultimo anno dalle offensive dei ribelli del gruppo M23, che hanno causato centinaia di migliaia di sfollati, l’Honduras (unico paese sudamericano), in cui l'accesso agli aiuti è limitato soprattutto dalla presenza capillare di cartelli criminali – solo il 36,2 per cento della popolazione si stima abbia ricevuto l'assistenza necessaria –, e la Somalia, che non solo ha accolto 43 mila rifugiati e richiedenti asilo da Etiopia e Yemen, ma è costretta ad affrontare una siccità gravissima e destinata a peggiorare. Il World food program ha a tal proposito lanciato un’allerta sull’impatto che avrà il ciclone “La Niña” sulla sicurezza alimentare del paese.
La questione principale è una mancanza di attenzione politica, dichiara il segretario generale del Nrc Jan Egeland, da cui derivano la scarsità di sostegno economico – nel 2024 il disavanzo tra le richieste di aiuti avanzate dalle Nazioni Unite e i fondi effettivamente raccolti ammontava a 25 miliardi di dollari – e la riluttanza dei media nel coprire certe aree di crisi. E c’è il rischio che le cose peggiorino, per il progressivo disimpegno del principale donatore mondiale: gli Stati Uniti di Donald Trump.


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