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lo spazio
Trump silura l'uomo candidato a guidare la Nasa e ridimensiona l'Occupy Mars di Elon Musk
Dopo Musk, esce di scena anche Jared Isaacman, l'uomo indicato per guidare la Nasa. L'ente spaziale naviga a vista, incerto su cosa gli riservi il futuro. Dovrà aspettare a lungo prima che il Congresso decida per una nuova leadership e nel frattempo dovrà fare i conti con le proposte repubblicane di tagliare il 26 per cento del suo budget
Marte si allontana, la Luna torna al centro dell’attenzione, ma come sempre accade con il presidente americano Donald Trump, anche sul fronte dello spazio a dominare è soprattutto l’incertezza. L’uscita di scena a Washington di Elon Musk si sta portando dietro anche uno sconvolgimento nelle strategie dell’esplorazione spaziale americana. Nel giro di pochi giorni, Trump non ha soltanto allontanato dalla Casa Bianca l’imprenditore di SpaceX e di Starlink, ma ha anche silurato Jared Isaacman, il miliardario che la coppia Trump-Musk aveva scelto mesi fa come nuovo capo della Nasa. E l’ente spaziale ora naviga a vista, incerto su cosa riserva il futuro. A Houston adesso hanno ben più di un problema. Nell’aprile 2026 è prevista la missione Artemis II che dovrebbe riportare gli uomini in orbita intorno alla Luna, in vista della prima passeggiata sul suolo lunare dal 1972, affidata alla missione Artemis III. Ma dopo il siluramento di Isaacman la Nasa dovrà aspettare a lungo prima che il Congresso decida chi la guiderà, e nel frattempo dovrà fare i conti con le proposte repubblicane di tagliare del 26 per cento il budget dell’agenzia spaziale.
Isaacman era stato indicato direttamente da Musk, facendo storcere il naso a chi lamentava il conflitto d’interessi che ha il fondatore di SpaceX come fornitore della Nasa. Ad aprile il candidato alla guida dell’agenzia aveva superato con un po’ di affanno le audizioni in Senato e in quell’occasione si era mostrato scettico sulle missioni lunari, dicendo di voler accelerare il cammino verso Marte: la vera priorità di Musk, che da sempre sogna di creare sul pianeta rosso un avamposto del genere umano, e l’unico progetto spaziale che da sola, SpaceX, non potrebbe permettersi. Trump adesso ha ritirato la nomina di Isaacman, a pochi giorni dal voto finale. Una mossa con rari precedenti, motivata con la scoperta di finanziamenti che Isaacman ha fatto in passato a candidati democratici. E’ sembrata una scusa poco credibile, visto che la circostanza era nota e non rappresentava finora un problema. E’ più probabile che si tratti di un’altra mossa da parte degli esponenti dell’Amministrazione che non volevano Musk e che ora vogliono cancellare ogni sua traccia dalle attività del governo.
Eliminato Isaacman, in teoria dovrebbe rafforzarsi la “lobby lunare” della Nasa, quella che lavora da anni per costruire una nuova architettura spaziale che faccia del satellite la vera base operativa delle attività del futuro (anche Marte, in prospettiva). L’approdo del progetto Artemis, con la missione IV, sarà infatti la creazione di una base lunare permanente, con una presenza umana costante, un progetto a cui la Cina sta lavorando con successi inaspettati. Ma l’assenza di leadership e la prospettiva di perdere un quarto dell’attuale budget di 25 miliardi di dollari l’anno creano incertezza e mettono tutto in discussione. Non è peraltro una novità per l’agenzia spaziale, che ha già vissuto un momento simile quando Barack Obama cancellò l’intero programma Constellation, il predecessore di Artemis.
Lo spazio è dagli anni Sessanta del secolo scorso la nuova frontiera su cui l’America rivendica il ruolo di attore principale. La sfida con i sovietici portò ai successi della missione Apollo e dall’inizio del Ventunesimo secolo si discute su come riprendere un’esplorazione che vada oltre le avventure a corto raggio della Stazione spaziale internazionale e degli space shuttle mandati da tempo in pensione. Cina e India, oltre all’Agenzia spaziale europea, si stanno proponendo come protagonisti dell’esplorazione e gli Stati Uniti rischiano ancora una volta di restare indietro. Per Trump è anche una questione di prestigio: il 4 luglio 2026 dovrà celebrare i 250 anni della Dichiarazione d’indipendenza e per quella data è necessario che ci sia stato un ritorno sulla Luna, per poter dichiarare che l’America è “great again” anche nello spazio.
Artemis ha già avuto un successo importante nel novembre 2022, con il test del nuovo Space Launch System che ha portato nello spazio per 25 giorni la navicella Orion, senza astronauti a bordo. L’anno prossimo sulla Orion dovrebbero salire i quattro astronauti (tre uomini e una donna) che si addestrano da tempo per la missione II, che prevede di tornare sulla Luna orbitandole intorno per dieci giorni, preparando così il terreno per un allunaggio umano con la missione Artemis III. E’ un progetto “vecchio stile”, di quelli che prevedono grandi budget e la partecipazione dei colossi dell’aeronautica come Boeing e Lockheed Martin. Musk vorrebbe accelerare il tutto con i suoi razzi economici e capaci di rientrare a Terra e insieme a Isaacman probabilmente puntava a un ripensamento complessivo che spingesse a concentrarsi su Marte, senza perdere troppo tempo sulla Luna. Altri protagonisti privati, come Jeff Bezos, sono a loro volta alla ricerca di un ruolo (e ricchi contratti) con la Nasa per fornire razzi e tecnologia.
Ma l’incognita resta Trump, che guarda allo spazio non tanto come frontiera ideale, ma come nuova dimensione della Difesa (come fanno già da tempo Russia e Cina) e per sfruttare le opportunità commerciali legate alle reti satellitari. Per implementare il suo “Golden Dome”, il sistema di Difesa da 175 miliardi di dollari che ha annunciato nei giorni scorsi e che dovrà essere operativo entro la fine del suo mandato, servono satelliti - simili a quelli di Starlink forse non a caso.