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A carte bollate

Un tribunale di Washington ha bloccato la sentenza che dichiarava illegittimi i dazi di Trump

Redazione

Dopo la sospensione imposta dalla US Court of International Trade, le misure commerciali imposte dal tycoon tornano in vigore. Almeno finché la corte d'appello non esaminerà tutti i documenti delle parti in causa. La battaglia legale è appena iniziata

L'affare dei dazi è finito a carte bollate. È rimasta valida poche ore la decisione della Corte federale per il commercio Internazionale di sospendere le misure annunciate da Trump durante il “Liberation day” di aprile, dato che un tribunale federale d’appello di Washington ha deciso di accogliere il ricorso dell'Amministrazione, che chiedeva di bloccare la sentenza.

 

        

Nella decisione di ieri, i tre giudici del tribunale con sede a Manhattan (uno dei quali nominato proprio dal tycoon) avevano giudicato illegittimi i dazi reciproci imposti da Trump reciproche a gran parte del mondo – insieme a quelle decise contro il Canada, il Messico e la Cina per l'immigrazione e il fentanyl– ordinandone la rimozione entro dieci giorni. Stando alle loro argomentazioni, la norma invocata dalla Casa Bianca – l'International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) del 1977, che conferisce al presidente il potere di regolamentare il commercio in caso di emergenze economiche – non gli darebbe in relatà l'autorità di imporre dazi universali e sostituirsi al legislatore (cioè il Congresso), in quanto non viene soddisfatto il requisito della "minaccia insolita e straordinaria" da affrontare. Diversamente, le misure imposte sull'acciaio, l'alluminio e le auto restano in vigore, poiché decise in base alla Section 232 del Trade Act, che consente di limitare le importazioni ritenute una minaccia per la sicurezza nazionale.

Come prevedibile, l'Amministrazione trumpiana non l'aveva presa bene. Stephen Miller, vice capo di gabinetto della Casa Bianca ha parlato ha parlato di un “colpo di stato giudiziario fuori controllo”, mentre per la portavoce Kush Desai, il requisito richiesto dalla legge del '77 sarebbe perfettamente integrato: “Questi deficit hanno creato un'emergenza nazionale che ha decimato le comunità americane, abbandonato i nostri lavoratori e indebolito la nostra base industriale della difesa – fatti che la Corte non ha contestato. Non spetta a giudici non eletti decidere come affrontare adeguatamente un'emergenza nazionale”. Qualche ora dopo, è arrivata anche la dura reazione dello stesso Trump: “Speriamo che la Corte Suprema annulli questa orribile decisione, che minaccia il Paese, RAPIDAMENTE e DECISIVAMENTE. Non si deve permettere ai "truffatori" dietro le quinte di distruggere la nostra nazione!”, ha scritto in un post su Truth. 

 

                  

Neanche 24 ore di tempo e già tutto si è capovolto. La sentenza della US Court of International Trade è "temporaneamente sospesa fino a nuovo avviso mentre queste corte esamina i documenti delle istanze", ha stabilito la Corte d'appello a cui si è appellato Trump. I dazi applicati sulle merci importate negli Stati Uniti dall’estero resteranno in vigore, almeno finché i giudici non finiranno di esaminare le richieste di ambo le parti. La decisione, dunque, non è definitiva. Tutto dipenderà da come la controversia si evolverà nelle prossime settimane. Entro il prossimo 5 giugno, il gruppo di imprese e i procuratori generali che avevano separatamente contestato i dazi dovranno presentare le proprie prove, mentre per l'Amministrazione Trump il termine ultimo slitta al 9 giugno. In caso di esito negativo, la Casa Bianca potrebbe anche portare il caso di fronte alla Corte Suprema (dove su nove giudici, tre sono stati nominati da Trump, mentre altri tre da Bush padre e figlio) così come invocare altre leggi per giustificare le proprie misure commerciali. La battaglia legale per i dazi è appena iniziata. 

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