
L'editoriale dell'elefantino
Su Trump servirebbe, con mille scuse al genio di Voltaire, un Trattato sull'intolleranza
Garanzie che svaniscono. Trump sta scardinando la democrazia liberale americana. Ma se autorizzi la degenerazione trumpiana nella società, poi è ipocrita lamentarsi se il successo elettorale comporta il suo inveramento legittimo in esercizio di governo
Inutile girarci intorno. Trump sta scardinando la democrazia liberale americana in condizioni di legittimità politica. Ma una democrazia liberale che si lascia scardinare ha qualcosa di profondo, di radicale, che non funziona. Prima del problema costituito dalla metodica follia di Trump, c’è il problema di istituzioni e leggi che si sono aperte “come una scatola di tonno” al loro scardinatore. Trump non è la malattia, è la risposta populista e autoritaria, fino al grottesco, a una società costituzionale predisposta all’infezione. Si spera che i giudici riescano a far passare la distinzione tra ciò che può essere legittimo ma non è legale nell’azione distruttiva del presidente; e che parte di quel che resta di una branca del potere separata e indipendente, secondo la Costituzione scritta ma non secondo la “costituzione materiale”, possa controbilanciare questa offensiva originata da una concezione onnipotente del mandato popolare diretto.
Ma allo stato delle cose l’unica vera deterrenza contro questo fenomeno di decomposizione del sistema dall’interno delle sue regole e della sua logica, cioè il potere di mandato elettorale e il dominio pressoché esclusivo dell’esecutivo, è un altro e opposto potere di mandato, una nuova maggioranza del Congresso sancita dalle elezioni di medio termine tra due anni circa, e forse non basterà, posto che ci si arrivi in salute.
Qui sta il punto, secondo me. Se il sistema alza le mani e si arrende in toto al voto popolare diretto del suo custode messo a capo dell’esecutivo, ignorando le condizioni politiche culturali e civili in cui il voto si svolge, le garanzie liberali perché una democrazia non sia una tirannide o una sua sottovariante svaniscono. Trump, con la sua maggioranza e con lo scudo di una sentenza di assoluzione preventiva generale della Corte suprema da lui nominata in prevalenza, che ha sancito la sua impunità totale per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato, può fare letteralmente quello che vuole, dai dazi alle alleanze, dalla politica estera e di sicurezza alla gestione brutale dell’amministrazione federale, dall’economia al fisco, dalla destrutturazione dell’Università alla caccia all’uomo anche senza il giusto processo, per non parlare dell’intreccio tra politica e affari che va molto al di là del famoso “potenziale conflitto di interessi”, come si dice.
Gli scrittori del Wall Street Journal sono intelligenti, hanno un loro rigore, seguono una logica di contenimento e anche dura critica delle apparenti bizzarrie del presidente che tutto può, ma sono ipocriti, come sono ipocriti i mercati, fonte cruciale della loro ispirazione liberale e del loro lodevole frondismo. Da quel che scrivono quando trasecolano per l’attacco a Harvard, per gli ondeggiamenti perniciosi sui dazi, per la sregolata e in qualche caso bestiale politica di contrasto all’immigrazione illegale, per la cessione a Putin di una specie di monopolio da grande potenza in Europa, per l’uso e l’abuso del debito federale sembrano ignorare ciò che sanno perfettamente: che Trump queste cose le può fare, con la tecnica mista della legge parlamentare e degli ordini esecutivi, prevalenti e largamente su tutto il resto, in quanto il sistema glielo consente in nome del primato del potere di mandato.
C’è un buco immenso nella politologia e nella scienza costituzionale. Servirebbe, con mille scuse al genio di Voltaire, un Trattato sull’intolleranza. Un problema antico, già definito da Jonathan Swift nel suo Gulliver quando, a Brobdingnag, un re gigante e sapiente risponde al micro capitano finto tonto che gli descrive la democrazia britannica del primo Settecento dicendo che “non vedeva perché mai coloro che professavano opinioni esiziali al pubblico bene dovessero essere obbligati a cambiarle né perché dovessero essere obbligati a occultarle. Pretendere la prima cosa sarebbe tirannide; non fare eseguire la seconda è mera debolezza; giacché un uomo può essere padrone di tenere dei veleni nel proprio gabinetto privato ma non gli è lecito andar fuori a spacciarli come cordiali”.
Se autorizzi la degenerazione trumpiana e MAGA nella società, poi è ipocrita lamentarsi se il suo successo elettorale comporta il suo inveramento legittimo in esercizio di governo. Quando Berlusconi faceva l’opposto di Trump, si sottometteva alle leggi che non riusciva a cambiare e si inchinava alle sentenze, anche quelle palesemente ingiuste, qui si parlava di dittatura della maggioranza. Marx non aveva sempre ragione. Talvolta la storia si ripete, una prima volta come farsa e una seconda come tragedia.