Trump sta facendo a pezzi il soft power americano

Paola Peduzzi

Lo scontro con Harvard, il taglio degli aiuti umanitari, il ritiro da organismi come il Tribunale per i crimini di guerra russi, i voti all'Onu compiacenti con i regimi. Così si disintegra la capacità di essere un paese rifugio, che attrae con la sua eccellenza, tanto forte da saper difendere anche le libertà degli altri

Nei primi tre mesi del 2025, molti ricercatori e scienziati che lavorano negli Stati Uniti hanno fatto domanda per posti di lavoro all’estero: sono un terzo in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Al contrario, i ricercatori internazionali che hanno fatto domanda per posti negli Stati Uniti sono diminuiti di un quarto. L’America sta perdendo la sua fama – meritata: all’inizio del Novecento il paese non eccelleva in nessuna disciplina scientifica, oggi eccelle in tutto – di paese che accoglie il talento, lo forma, lo fa prosperare, e ne fa un interesse nazionale. L’attacco dell’Amministrazione Trump alle università e alla ricerca – nel budget c’è la proposta di tagliare del 50 per cento i fondi alle agenzie che si occupano di finanziare la ricerca – è, come scrive l’Economist, “un atto autopunitivo”. Il paragone è immediato: i dazi. Il presidente americano pensa che con i dazi aumenteranno gli investimenti interni, in America, si tratta di uno choc temporaneo che poi restaurerà l’età dell’oro americana: la realtà è che o Trump fa dei passi indietro o molti paesi si organizzano per evitare il più possibile di avere a che fare con la costosissima America. Il governo americano applica la stessa logica anche a università e istituti di ricerca, ma la realtà è che studenti, ricercatori, professori, se possono, scappano, cercano lavoro altrove. Solo che il talento non è un’automobile o un carico di acciaio o una bottiglia di bourbon: è quel che fa la differenza tra un paese che produce eccellenza e uno che la  ignora, o la scaccia via, principalmente perché è straniera. Se si pensa che il 44 per cento delle startup che sono valutate un miliardo di dollari o più (i cosiddetti unicorni) è fondato o cofondato da immigrati, molti dei quali sono arrivati in America per ragioni di studio, si capisce quanto sia riduttivo limitarsi a considerare soltanto lo scontro fra Trump e Harvard, fatto di divieti, ingerenze e tribunali, che i trumpiani liquidano con: facciamo piangere i ricchi, siamo con il popolo americano.

L’Amministrazione Trump mette a repentaglio uno dei tesori più preziosi dell’America: il suo soft power, la capacità di essere un paese rifugio, un paese che attrae con la sua eccellenza, con la sua vivacità, con la sua libertà, tanto forte da saper difendere anche le libertà degli altri. Il taglio degli aiuti internazionali gestiti dall’agenzia UsAid, la macchina di sostentamento umanitario più potente al mondo, il taglio dei finanziamenti a media essenziali per chi vive in paesi autocratici (o in paesi che sono nelle mire espansionistiche dei regimi) come Radio Liberty, i voti all’Onu compiacenti con la Russia, il ritiro da organismi come il Tribunale per i crimini di guerra russi hanno intaccato il soft power americano. Persino il dollaro, la valuta simbolo di questa potenza, sta perdendo non tanto il suo valore di mercato, ma quello immateriale che va di pari passo con l’idea di un’America che è rifugio, punto di riferimento saldo. Può essere un’opportunità per l’Europa, certamente, ma lo è anche per la Cina, ben più lesta di noi ad approfittare dei passi falsi americani – e anche se Washington dovesse accorgersi del male che si sta autoinfliggendo, buona parte del mondo è meno sicura se non può trovare riparo nella passione fin qui naturale dell’America per il talento, l’eccellenza, la libertà. 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi