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tagli e deficit

Via libera al “big, beautiful bill” di Trump

Matteo Muzio

La legge sul budget del tycoon passa con una risicata maggioranza che dimostra le divisioni dentro al partito repubblicano. Ma il percorso non è ancora concluso e l’impennata del debito pubblico desta preoccupazione tra le agenzie di rating

Dopo una notte di votazioni serrate, il cosiddetto “Big Beautiful”, un vasto pacchetto legislativo fortemente voluto da Donald Trump, ha ottenuto l’approvazione della Camera dei Rappresentanti con una risicata maggioranza: 215 voti a favore contro 214 contrari. Il risultato evidenzia le divisioni all’interno del partito repubblicano, che ha dovuto far fronte a diverse defezioni, tra cui quelle dei deputati Warren Davidson e Thomas Massie, noti "falchi fiscali" dell’Ohio, che si sono uniti all’intero gruppo dei dem, a cui mancano tre deputati scomparsi nel corso dei primi mesi dell’anno.

Le tensioni interne al Gop si sono manifestate anche in altri episodi: il capo del Freedom Caucus, Thomas Massie, ha scelto di astenersi votando “presente, mentre il deputato Andrew Garbarino di New York non è riuscito a votare perché si era addormentato, almeno secondo la benevola dichiarazione dello speaker Mike Johnson, che è riuscito nell’intento, comunque, di tenere unito il gruppo. Una possibile astensione tattica perché alcuni tagli non sarebbero ben visti dagli elettori del suo distretto, uno di quelli considerati in bilico.

 

             

 

La misura mira a ottenere un taglio di 1,5 miliardi di dollari alla spesa pubblica che sin da subito ha diviso i rappresentanti. Da un lato, l’ala più radicale ha insistito per riduzioni significative al welfare, in particolare per il programma sanitario Medicaid, destinato alle famiglie a basso reddito. Richiesta accolta: a partire dal 1° gennaio 2027, chi vorrà accedere ai benefici dovrà soddisfare nuovi requisiti lavorativi, svolgere almeno 80 ore mensili di volontariato o partecipare a un programma formativo. Una decisione fortemente criticata dai democratici, che temono un impatto negativo sulla popolazione più vulnerabile, così come la fine del programma Snap che fornisce pasti alle fasce socialmente deboli.

Un altro intervento significativo riguarda la cancellazione di incentivi fiscali green introdotti sotto l’amministrazione Biden con l’Inflaction Reduction Act del 2022, segnando un deciso cambio di rotta rispetto alle politiche ambientali precedenti. Tuttavia, non tutte le proposte hanno ottenuto il via libera: il tentativo di vendere alcuni terreni demaniali in Montana è stato bloccato grazie alla ferma opposizione del deputato Ryan Zinke, ex segretario al Demanio nella prima amministrazione Trump.

Tra le misure più discusse spicca anche l’introduzione dei cosiddetti “assegni Trump”, pari a 1.000 dollari per ogni bambino nato negli Stati Uniti, una strategia volta a incentivare la natalità e sostenere le famiglie. Non solo per il costo, ma anche perché viene visto come un provvedimento sfacciatamente propagandistico.

Per questa e per altre misure di spesa non sempre centrate gli esperti della Wharton School of Business avvertono che il provvedimento potrebbe generare un serio aumento del deficit, stimato in 4.000 miliardi di dollari entro il 2034. L’impennata del debito pubblico desta preoccupazione tra le agenzie di rating, che già stanno riconsiderando l'affidabilità del credito americano e questo ha provocato turbolenze sul mercato dei bond a Wall Street. Il deputato Chip Roy del Texas ha sottolineato come, sebbene il disegno di legge vada nella “giusta direzione”, i tagli non siano ancora sufficienti per raggiungere un pareggio di bilancio.

Il percorso del provvedimento non è ancora concluso. Ora la legge passa al Senato, dove i repubblicani dispongono di una lieve maggioranza (53 senatori su 100), ma devono affrontare sensibilità divergenti. Il senatore Rand Paul spinge per ulteriori riduzioni della spesa, mentre le senatrici Susan Collins (Maine) e Lisa Murkowski (Alaska) vogliono preservare i sussidi federali per il settore ittico, vitale per le economie dei loro stati.

È probabile che il disegno di legge subirà modifiche prima dell’approvazione definitiva, con una procedura di riconciliazione tra le diverse versioni proposte nei due rami del Congresso. Quel che è certo, però, è che questo provvedimento segna il primo grande atto legislativo dopo cinque mesi di impasse, in un panorama politico dominato dai decreti esecutivi di Trump, alcuni dei quali già bocciati dai tribunali federali per incostituzionalità. Uno scenario che mostra come la maggioranza repubblicana sia tutt’altro che governante.