Dopo Washington

Le ambasciate e diplomatici israeliani sono un bersaglio

Micol Flammini

Dal 7 ottobre colpire Israele ovunque nel mondo è diventato uno schema e fa parte della guerra contro lo stato ebraico. Lista di attacchi e accuse

Yaron Lischinsky e Sarah Milgrim sono stati uccisi mentre uscivano da un evento organizzato per giovani diplomatici al Capital Jewish Museum di Washington. Lischinsky lavorava per l’ufficio politico dell’ambasciata israeliana negli Stati Uniti, dove aveva conosciuto Milgrim, di nazionalità americana. Elias Rodriguez, il trentenne sospettato di aver sparato alla coppia di ebrei, ha premuto il grilletto, poi si è fatto arrestare dalla polizia e, mentre veniva ammanettato, ha rivendicato il gesto, gridando “Free Palestine”, Palestina libera. I fatti vanno messi in fila e l’attentato che è costato la vita ai due ragazzi si inserisce in un contesto molto ampio in cui i crimini antisemiti sono in aumento come gli attentati contro le ambasciate di Israele in giro per il mondo. 

Il 7 ottobre del 2023 Hamas ha attaccato i kibbutz del sud di Israele, ha ucciso più di mille persone e ne ha rapite circa duecentocinquanta – cinquantanove sono ancora nelle mani dei terroristi. 

Dopo il massacro nei kibbutz, Israele non ha alzato l’allerta soltanto dentro ai suoi confini nazionali, ma ha invitato i suoi cittadini a muoversi con attenzione all’estero, ha chiesto alle ambasciate di aumentare la sicurezza e lo stesso hanno fatto le comunità ebraiche. Dall’invasione di Hamas ci sono stati almeno undici attacchi, tentati o riusciti, contro ambasciate di Israele, contro il loro personale o sedi di rappresentanza. Alcune ambasciate, come all’Aia o a Bucarest, sono state prese di mira con oggetti in fiamme o bombe molotov. In alcuni casi sono stati trovati ordigni vicino alle sedi diplomatiche. A Monaco un uomo ha sparato davanti al consolato israeliano nel giorno del cinquantaduesimo anniversario dell’attentato delle Olimpiadi di Monaco, quando un commando di palestinesi dell’organizzazione Settembre nero rapì e uccise undici atleti israeliani e un poliziotto tedesco. A Londra, il mese scorso, un uomo armato ha cercato di fare irruzione nell’ambasciata d’Israele. Il corpo diplomatico è un bersaglio e colpire le sedi di rappresentanza è una pratica molto usata dal terrorismo. In almeno un caso, tra gli attentati registrati contro le ambasciate e il loro personale, i servizi di sicurezza hanno rintracciato una pista che portava dritta alla Repubblica islamica dell’Iran. 
Già a maggio dello scorso anno, il Mossad aveva detto che Teheran stava organizzando attentati contro le sedi diplomatiche israeliane. Le informazioni dell’intelligence di Israele erano state confermate dal servizio di sicurezza svedese Säpo, che aveva convocato una conferenza stampa per annunciare che da diversi anni l’Iran svolge in Svezia “attività che minacciano la sicurezza”. Dal 7 ottobre del 2023 a Stoccolma ci sono stati tre attacchi contro l’ambasciata di Israele, il primo nel gennaio del 2024, quando era stato identificato “un oggetto pericoloso” all’esterno dell’edificio; il secondo il primo  ottobre dello stesso anno, quando due uomini hanno aperto il fuoco davanti all’ambasciata israeliana e sono stati fermati dalla polizia. Il giorno seguente, a Copenaghen, due granate sono state fatte esplodere vicino all’ambasciata di Israele in Danimarca e, secondo i servizi di sicurezza svedesi, l’episodio è collegato con l’attacco di Stoccolma. Il modo di agire dell’Iran, secondo le ricostruzioni dell’intelligence, fa leva su due fattori: la propaganda e la collaborazione con criminali locali. In Svezia, per il primo attentato contro l’ambasciata, è stata accusata l’organizzazione Foxtrot, guidata da Rawa Majid, conosciuto come la Volpe curda, arruolato dal regime dopo aver cercato rifugio in Iran. Dietro a un altro tentativo di attacco a Stoccolma, sempre contro l’ambasciata di Israele, ci sarebbe invece  un altro gruppo criminale chiamato Rumba, sotto osservazione per i finanziamenti ricevuti dall’Iran. 

Non c’è nessuna prova che Elias Rodriguez sia associato alla Repubblica islamica, secondo i media americani aveva anche lasciato una sorta di manifesto per rendere conto delle sue azioni e salutare i parenti, ma l’omicidio si inserisce in un contesto in cui gli attacchi a diplomatici e ambasciate sono uno schema. Il metodo iraniano di cercare alleati in giro per il mondo non vale soltanto per il medio oriente, dove Teheran ha costruito un asse che si definisce della resistenza,  armando gruppi ostili a Israele, con la volontà di circondare lo stato ebraico da ogni lato. Gli alleati esistono anche fuori dal medio oriente e dopo la guerra nella Striscia di Gaza, il regime ha cercato di sfruttare il crescente antisemitismo per colpire ovunque israeliani ed ebrei, rendendo ogni paese una potenziale piattaforma di attacchi e terrorismo. I piani di Teheran si sommano con il movimento di violenza e odio, movente dell’uccisione di Yaron Lischinsky e Sarah Milgrim.
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)