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editoriali
Europa first sul mercato dei capitali
Contro l’aggressione di Donald Trump, all’Unione europea serve più integrazione finanziaria
Come canalizzare il risparmio europeo verso investimenti produttivi è uno dei temi centrali della quinta Conferenza sull’integrazione finanziaria (Afme) che si apre oggi a Francoforte. Tema che nell’ultimo anno è cresciuto di peso grazie ai rapporti di Mario Draghi ed Enrico Letta presentati alla Commissione e al Parlamento europei quando l’America First di Donald Trump ancora non c’era. O quantomeno non si poneva in termini di emergenza, come ora, la necessità di accelerare la formazione del mercato unico dei capitali e l’unione dei risparmi per dare una risposta all’incalzare della concorrenza delle banche statunitensi.
Tra i relatori che apriranno i lavori c’è Massimo Mocio, del gruppo Intesa Sanpaolo, che punterà a sottolineare quanto, in un contesto di grande incertezza in cui la centralità degli asset Usa nei portafogli internazionali viene messa in discussione, sia di fondamentale importanza, nonché un’opportunità unica, istituire un programma stabile e permanente di debito europeo, sulla scia del Next generation Eu. Tale programma, che potrebbe finanziare spese comuni come la difesa e le transizioni ecologica e digitale, può rappresentare un safe asset per gli investitori globali alla ricerca di strumenti diversificati e ad alta qualità creditizia. In effetti, l’Europa dispone di circa 33 trilioni di euro di risparmi, di cui il 33 per cento nei depositi bancari, che rappresentano una leva decisiva per rafforzare la competitività del sistema economico e finanziario. Questo resta un nervo scoperto del processo di integrazione europea, che da un lato può subire un’accelerazione in risposta alla politica aggressiva di Trump, e dall’altro rischia di diventare un vero fattore di debolezza ora che Trump pensa di mettere in campo una deregulation che finirà per accentuare la competitività delle banche americane nei confronti di quelle europee. Sul mercato dei capitali, come sul resto, dall’energia alla difesa, l’Europa è costretta ad andare avanti con l’integrazione. O è condannata a soccombere.