(foto EPA)

stati uniti

Le accuse, la malattia. L'eredità di Biden e il rischio cancellazione

Marco Arvati

La diagnosi di tumore segna l’ultimo capitolo dell'ex presidente: mentre combatte contro la malattia, affidandosi a uno stratega della comunicazione lotta anche per difendere la memoria del suo mandato alla Casa Bianca. Tra critiche, rimpianti e promesse dimenticate

L’ex presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha un tumore alla prostata aggressivo, con metastasi alle ossa: secondo l’indice di Gleason, che ne misura la gravità, si troverebbe a un livello di 9 su un massimo di 10. Nel comunicato che ieri, a sorpresa, ne ha dato notizia, si legge anche che la malattia è sensibile alle cure ormonali: secondo esperti contattati dal New York Times, un cancro di questa gravità non ha cura, ma il suo sviluppo può comunque essere controllato e l’aspettativa di vita allungata.

 

Dopo i primi cento giorni della presidenza Trump, in cui Biden non era praticamente apparso nel discorso pubblico, nell’ultima settimana l’ex presidente era tornato al centro del dibattito politico per due motivi. Per prima cosa, l’uscita di “Original Sin”, libro di due giornalisti, Jake Tapper e Alex Thompson, che hanno ricostruito i mesi travagliati che hanno portato alla candidatura di Kamala Harris e al ritiro di Biden dalla possibilità di un secondo mandato. La tesi del volume è che il peccato originale dei democratici, che in ultima analisi ha portato al ritorno di Trump alla presidenza, sarebbe stato quello di aver nascosto le reali condizioni del declino cognitivo di Biden per mantenerlo come candidato. Tra i passaggi più interessanti, la rivelazione che durante un evento di raccolta fondi il presidente non avrebbe riconosciuto George Clooney, e le parole di David Plouffe, manager della campagna di Obama e consulente in quella di Kamala Harris, che avrebbe detto che la volontà di Biden di rimanere candidato fino all’ultimo “ci ha completamente rovinato”. Inoltre, sono emersi alcuni audio dei colloqui che Biden ha avuto con il procuratore Robert Hur, che stava indagando su alcuni documenti classificati trovati nella sua abitazione privata: i file, pubblicati dalla testata Axios, mostrano l’ex presidente fare fatica a ricordare alcune date, tra cui quella della morte del figlio Beau. Dopo questi colloqui, Hur ha deciso di non proseguire le indagini nei confronti del presidente, definendolo “un anziano con scarsa memoria”. 

Negli ultimi giorni, Biden ha assunto Chris Meagher, uno stratega della comunicazione che  aveva già lavorato nell’ufficio stampa della Casa Bianca, per cercare di ridefinire la sua eredità politica. Nell’ultima settimana, infatti, è stato ospite con la moglie Jill del programma “The View”, in cui ha contestato le rivelazioni del libro e ha ribadito che sarebbe stato il miglior candidato per sconfiggere Trump. Un’apparizione televisiva che, però, non ha lasciato il segno: Steve Schale ha scritto su The Bulwark che Joe Biden è una persona molto empatica, che raggiunge una connessione con le persone parlando direttamente dei loro problemi in momenti non scritti e lontani dalle telecamere. Il tentativo di parlare al pubblico in uno studio televisivo, in cui Biden non ha mai brillato, non sarebbe un buon modo di difendere la sua presidenza. E’ andato meglio il messaggio sui social pubblicato subito dopo la notizia della sua malattia: un selfie con Jill e Willow, il loro gatto, e un messaggio emotivo: “Il cancro ci tocca tutti. Come molti di voi, Jill e  io abbiamo imparato che siamo più forti nei momenti di difficoltà. Grazie per averci sollevato con amore e sostegno”.
   

Ma è proprio l’eredità politica, e come verrà storicamente ricordato, a essere centrale adesso nella prospettiva di Biden. Le parole con cui ha lasciato la guida del Partito, alla convention che ha incoronato Kamala Harris, sono state alcuni versi della canzone American Anthem, “America, ho dato il meglio per te”. Se i democratici cercano di dimenticare l’ultimo anno, che ha portato alla sconfitta e al ritorno  di Trump, e non sopportano che l’ex presidente continui a rimarcare che il suo ritiro non sia stata la scelta giusta, Biden combatte invece per definire la sua presidenza per tutto quello che non ha a che fare con la sua fine. Vorrebbe concentrarsi sugli obiettivi portati a termine nel quadriennio, e non sull’aver perso la battaglia contro il movimento Maga. E’, però, molto difficile: con il ritorno di Trump alla presidenza, le politiche di Biden vengono attaccate, i dati economici avversi letti come figli delle politiche bideniane, e le misure che avrebbero dovuto cambiare gli Stati Uniti nel lungo periodo, come l’Inflation Reduction Act, rischiano di essere in tutto o in parte smantellate. In un paese sempre più polarizzato, serve tempo perché la presidenza Biden possa essere ricordata per motivi diversi rispetto alla sua turbolenta fine: un tempo che, data la malattia, l’ex presidente sembra non avere.

Di più su questi argomenti: