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Merz prepara l'incontro con Meloni, ma nella sua agenda europeista l'Italia è il grande assente
Il cancelliere tedesco privilegia l'asse con Francia, Polonia e Paesi dell’Est. Nonostante l’incontro imminente con la premier italiana, il rapporto con Roma resta marginale e riflette un approccio tedesco ancora ancorato a vecchi pregiudizi
Un mese prima delle elezioni, Friedrich Merz intervenne al Körber Global Leaders Dialogue, un evento organizzato periodicamente dalla fondazione Körber, filo-occidentale ed europeista: affermò la necessità di un cambiamento strategico per Germania ed Europa in risposta alla Epochenbruch, rottura epocale, inaugurata dall’invasione dell’Ucraina. Per realizzarlo, indicò una serie di partnership chiave: quella con gli Stati Uniti, nonostante le difficoltà poste da Trump, quella con la Francia, fondamentale agli occhi di Merz per l’integrazione europea e la difesa, quella con la Polonia, con cui firmare un Trattato di Amicizia nel 2026 per rinforzare i rapporti bilaterali. In ottica di rafforzamento europeo, furono menzionati anche i Paesi baltici, la Repubblica Ceca e la Slovacchia. La grande assente fu, ed è, l’Italia: allora come oggi, anche dopo aver vinto le elezioni ed essere diventato Cancelliere, Merz non ha mai indicato il nostro paese tra i partner strategici della Germania in materia europea, industriale o politica. Sabato, incontrerà finalmente Giorgia Meloni, ma l’occasione ufficiale sarà l’intronizzazione di Leone XIV, non una visita di stato ufficiale e programmata in quanto tale. Come se il rapporto con l’Italia fosse secondario, in un atteggiamento tanto evidente da sembrare ostentato.
Merz si è formato in un contesto che considera l’europeismo prima di tutto come asse franco-tedesco. Josef Janning, politologo in forze al Consiglio tedesco per la politica estera (Dgap), già direttore dell’ufficio di Berlino dell’European Council on foreign relations (Ecfr), che ai rapporti tra Germania ed Europa dedica da sempre la sua ricerca e il suo lavoro, spiega al Foglio come “contrariamente a quello che mostra la storia europea, che ha visto l’Italia sempre in prima linea con la Germania nel percorso d’integrazione, resiste in alcuni settori della società e della politica tedesca l’idea dell’Italia come un partner inaffidabile, che chiede all’Europa più di quanto voglia contribuire”. Eppure, dalla competitività europea al rilancio industriale, dall’energia alla gestione del fenomeno migratorio fino alla difesa, Italia e Germania hanno esigenze simili e possono assumere posizioni comuni. “La priorità immediata di Merz in ottica europea è il fianco orientale, per cui non vede l’Italia”, continua Janning: “anche sul piano di riarmo, l’accento italiano sulla necessità di fondi europei mostra un approccio diverso da quello scelto da Merz con la riforma del freno al debito”. Tuttavia, va considerato che la strategia europea di Merz si basa su un cambio radicale, quasi copernicano: lì dove l’approccio merkeliano avrebbe operato in seno alla Commissione Europea, Merz preferisce muoversi in coalizioni tra paesi. Meno Bruxelles, più iniziative degli stati membri. Una scelta non semplicemente figlia della necessità di accelerare sull’integrazione, ma come fa notare Janning anche di “nuovo atteggiamento tedesco, più attento ai costi e benefici diretti di ogni percorso europeo”.
Ma proprio in quest’ottica Merz è destinato a fare i conti con il peso dell’Italia: la difesa europea, per esempio avrà bisogno anche dell’industria e dei finanziamenti italiani; la necessità di una strategia comune sull’energia è una priorità tanto per l’industria tedesca quanto per quella italiana; l’immigrazione, per la quale Merz ha sempre detto di voler trovare una soluzione europea, richiederà di discutere anche con l’Italia, e sarà un vero banco di prova di quanto i due paesi possono cooperare all’interno degli attuali strumenti e regole, per modificarli. Ma l’approccio di Merz, per Janning, “può funzionare solo se questa coalizione è composta da paesi forti, che possono mettersi in grado di agire efficacemente sul piano industriale e della difesa”. In questa prospettiva, la necessità di discutere seriamente con l’Italia non è aggirabile. Tra Roma e Berlino, del resto, esiste un piano d’azione strategica firmato nel 2023, ma rimasto in larga parte inattuato. Tramontata la Ostpolik, la Germania deve guardare all’Europa cambiando paradigma. E’ su questo scoglio che si è arenata l’azione del governo Scholz, e oggi Merz deve andare oltre, tra mille incognite e alcuni automatismi della politica estera tedesca. Riconoscere davvero l’Italia come partner strategico, dunque, è anche parte della risposta alla questione su che ruolo assumere nel nuovo contesto globale, e quali forme dare ai prossimi passi del processo d’integrazione europea. Vedremo se l’incontro di sabato fornirà nuovi elementi, permettendo di capire quale strada prenderà la politica estera tedesca e i rapporti con l’Italia nel prossimo futuro.