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il voto

I risultati delle elezioni di mezzo termine nelle Filippine

Maurizio Stefanini

Dalle votazioni risulta che la coalizione del presidente Marcos Jr. fatica a imporsi, mentre i Duterte rafforzano il controllo locale e riemerge la storica famiglia Aquino. Il Senato appare spaccato, complicando gli equilibri politici nazionali

Nel regolamento di conti al coltello tra i Marcos e i Duterte, sembrano risaltare fuori gli Aquino. I risultati per le elezioni di mezzo termine nelle Filippine iniziano ad arrivare ora, ma alcuni dati importanti già si intravedono. Al rinnovo erano 12 dei 24 senatori, tutti i 317 seggi della Camera dei Rappresentanti e oltre 18.000 eletti locali, tra cui sindaci e consigli comunali.

68 milioni i chiamati al voto, la contesa è stata considerata appunto un referendum sul governo del presidente Ferdinand Marcos Jr, figlio dell’omonimo dittatore che fu deposto nel 1986 per una mobilitazione popolare guidata da Corazon Aquino, vedova del leader della opposizione Benigno Aquino, del cui omicidio era stato accusato. Le due dinastie hanno continuato ad affrontarsi per decenni. Dopo che durante la Seconda Guerra Mondiale il padre di Benigno Aquino era stato collaborazionista con gli occupanti giapponesi e Marcos invece comandante partigiano filo-Usa, alla presidenza dello stesso Marcos tra 1965 e 1986 seguì Corazon tra 1986 e 1992, mentre suo figlio Benigno Aquino III è stato capo dello stato tra 2010 e 2016. Tra Benigno Aquino III e Ferdinando Marcos Junior ci fu però Rodrigo Duterte: fautore di una lotta alla delinquenza o presunta tale anche con duri metodi extragiudiziali per cui lo scorso 11 marzo è stato arrestato su mandato della Corte Penale Internazionale e estradato nei Paesi Bassi, dove è ora sotto processo. Sua figlia Sara era però intanto diventata vicepresidente proprio con Marcos, ma dall’anno scorso i rapporti tra i due sono progressivamente peggiorati, al punto che il 5 febbraio la Camera dei Rappresentanti ha votato contro di lei l'inizio di una procedura di impeachment per accuse in cui c'è perfino quella di volere assassinare Marcos. L’assenso all’arresto di suo padre all’aeroporto di Manila è stato uno schiaffo evidente.

Si è votato dalle 7 alle 19 locali: dalla mezzanotte italiana a mezzogiorno. Ma per la prima volta era stata aperta una finestra di voto anticipato a partire dalle 5:00 del mattino per gli anziani e le persone con disabilità, allo scopo di facilitare l'accesso e ridurre gli assembramenti. Fin dalle prime ore del mattino si sono così formate lunghe file davanti a diversi seggi elettorali, anche perché con il caldo soffocante in molti hanno preferito i momenti più freschi. Ferdinand Marcos Jr. si è recato a votare in una scuola della sua provincia natale, Ilocos Norte, accompagnato dalla madre: la ormai 95enne Imelda Marcos, attrice e first lady famosa per lussi tra cui una sterminata collezione di scarpe. La sua coalizione, Alyansa para sa Bagong Pilipinas (Alleanza per una Nuova Filippine), aveva una lista di undici senatori, tra cui l'ex ministro del Welfare Erwin Tulfo e l'ex campione del mondo di pugilato Manny Pacquiao. Ma ce ne vorrebbero 16 su 24 perché il Senato confermi per la vicepresidente l’impeachment già deciso alla Camera. E lo scopo di Sara Duterte era appunto quello di conquistare i nove che le servirebbero per blindarsi, intanto che il padre pure detenuto si candidava a distanza come sindaco a Davao City. Sarà suo figlio Sebastian, attuale sindaco e candidato in ticket con il padre, ad assumere molto probabilmente la carica se suo padre dovesse vincere.

Nelle ore precedenti il ​​voto sono stati segnalati episodi di violenza elettorale, con tra i due e i quattro morti negli scontri tra fazioni rivali sull'isola di Mindanao, nella regione autonoma musulmana di Bangsamoro. La Polizia nazionale ha schierato 163.000 agenti in tutto il Paese, e in più sono stati mobilitati migliaia di soldati, vigili del fuoco e personale di sicurezza.

Nei sondaggi sette dei 12 candidati in testa erano appoggiati da Marcos, mentre quattro erano allineati con il suo vicepresidente. Altri due sono stati però “adottati” come membri onorari del partito dei Dutewrte sabato: la star tv Camille Villar e addirittura la sorella stessa del presidente, Imee Marcos. Durante il suo ultimo comizio a Manila, giovedì, Saras Duterte ha evocato lo spettro di una frode elettorale “massiccia” e ha nuovamente definito il trasferimento del padre alla Cpi un “rapimento”.

Come previsto, effettivamente Duterte sindaco è stato plebiscitato: dopo 62 per cento dei voti scrutinati lui e il figlio aveva un milione di voti, contro appena 60.000 voti del secondo classificato. E al Senato col 74 per cento dei voti scrutinati il più votato era l’ex-assistente speciale di Duterte: Christopher Lawrence “Bong” Tesoro Go, con 25.270.001. A sorpresa, secondo è però appunto un Aquino: Paolo Benigno IV Aguirre Aquino, cugino di Benigno Aquino III, con 20.014.270 voti. Terzo è pure un candidato dutertista: l’ex-capo della polizia Ronald “Bato” dela Rosa, con 19.334.455 voti. Il primo dei candidati di Marcos è solo quarto: il già citato Erwin Rulfo, con 16.077.428 voti. Ma viene poi un altro riformista della coalizione di Aquino: il liberale Francis “Kiko” Pangilinan, che nel 2022 era arrivato secondo dietro alla Duterte per la corsa vicepresidenziale, ed ha avuto 14.514.927. Ed è con la Duterte anche il sesto classificato Rodante Marcoleta, con 14.290.519. Sono invece con Marcos il settimo classificato Ping Lacson (14.254.253 voti), l’ottavo Tito Sotto (14.013.063), la nona Pia Cayetano (13.908.722) e il dodicesimo Lito Lapid (12.468.058). Ma le due candidate “adottate” dalla Duterte in extremis sono arrivate decima Camille Villar (12.747.497) e Imee Marcos (12.493.514). Resterebbe fuori Pacquiao, appena diciottesimo.

Insomma, per ora sarebbero cinque senatori della Duterte, due riformisti e cinque di Marcos, ma con meno voti. Bisogna ovviamente aspettare i dati completi, ma per ora Marcos sembra non essere andato troppo bene.

 

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