
(foto EPA)
l'editoriale del direttore
L'Europa come Woolf: chi ne ha paura? Un catalogo, con un occhio al Papa
Autocrati, dittatori, utili idioti, complici delle democrazie illiberali. A chi fa paura l’Europa? Il 9 maggio e noi. Spunti per un patriottismo europeo
Europa o Virginia Woolf? Il 9 maggio, lo sapete, è una data speciale per l’Europa. Il 9 maggio, lo sapete, è il giorno in cui si celebra l’atto di nascita del processo di integrazione europea, con la famosa dichiarazione Schuman del 1950, ed è anche il giorno in cui si celebra la vittoria contro il nazifascismo, e in particolare la resa incondizionata, nel 1945, della Germania nazista. Il 9 maggio, lo sapete, è un momento di celebrazioni per l’Europa, è un’occasione in cui chi ama l’Europa cerca di rinnovare il suo impegno per la pace, per l’integrazione, per la solidarietà. Ma il 9 maggio, in un momento storico come quello che stiamo vivendo oggi, dovrebbe essere un giorno utile, prezioso, in cui provare a compiere un esercizio ulteriore, quando si parla di Europa, quando si parla dell’orgoglio di essere europei, e quell’esercizio coincide con la scelta di utilizzare una lente di ingrandimento meno buonista, meno politicamente corretta, più corrosiva, che potrebbe coincidere con il tentativo di rispondere a una domanda non convenzionale: a chi fa paura l’Europa di oggi?
Se si prova a rispondere a questa domanda, apparentemente scontata, si capirà che fra tutti coloro che non amano l’Europa di oggi, tra coloro che la temono, che la combattono, che la contrastano, c’è un filo conduttore che riguarda una questione centrale della nostra contemporaneità: il perimetro della nostra libertà. Diceva Schuman, nella sua magnifica dichiarazione del 1950, che “la pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionati ai pericoli che la minacciano”. E in un certo senso l’Europa di oggi fa paura anche per questa ragione: per gli sforzi creativi messi in atto, con metodi diversi, per provare a garantire la libertà dei suoi cittadini. L’Europa di oggi, in fondo, fa paura per molte ragioni. Fa paura a tutti coloro che, in giro per il mondo, anche nei paesi democratici, considerano i valori non negoziabili della democrazia liberale barattabili, e per loro, per i Donald Trump di tutto il mondo, la capacità che ha l’Europa di resistere di fronte alle grandi sfide della contemporaneità è come un pugno in un occhio, è come un ostacolo imprevisto e inaccettabile per raggiungere i propri obiettivi, per perseguire i propri istinti autocratici. L’Europa di oggi, in fondo, fa paura anche alle autocrazie pure, modello Putin, per ragioni simili, perché la capacità dell’Europa di essere creativa, nei suoi modi disordinati di garantire la pace, rappresenta un ostacolo insormontabile per perseguire in modo completo i propri fini. E non deve sorprendere che Vladimir Putin, a cui forse il popolo dei pacifisti dovrebbe rivolgere la propria attenzione quando scende in piazza contro il riarmo, abbia chiesto a Donald Trump come condizione prioritaria per sedersi a un tavolo della pace in Ucraina di convincere l’Europa a rivedere le sanzioni contro la Russia. L’Europa di oggi fa paura agli utili idioti delle autocrazie, perché solo con un’Europa più debole, con meno argini, i nemici dell’Europa potrebbero essere aiutati con efficacia dai propri compari a trovare delle leve più efficaci per foraggiare il proprio estremismo.
L’Europa di oggi, ancora, fa paura ai populisti e ai nazionalisti perché il successo dell’Europa è inversamente proporzionale al successo dei sovranisti e più l’Europa riuscirà a garantire pace, stabilità, benessere, lavoro, prosperità ai suoi cittadini e più coloro che l’Europa la vogliono disintegrare avranno difficoltà a rendere virali le proprie promesse anti sistema. L’Europa di oggi, ancora, fa paura anche per quello che sa fare, per quello che sa produrre, per quello che sa inventare, per il suo essere rassicurante, persino prevedibile, ed è naturale che coloro che scommettono sull’instabilità del mondo soffrano maledettamente nel vedere un’Europa che pur essendo instabile al suo interno trova sempre dei modi creativi per essere comunque stabile e in discontinua continuità con se stessa. L’Europa fa paura a chi odia il mercato, a chi detesta il libero commercio, perché il successo dell’Europa, con il suo mercato unico che è il più grande del mondo, più di Cina e Stati Uniti, toglie fiato a chi sostiene che la globalizzazione sia una sciagura, una minaccia e non invece una formidabile opportunità di crescita.
L’Europa, oggi, in politica, fa paura a chi vuole diventare grande, a chi deve assumersi responsabilità, a chi deve cercare dei metodi alternativi alla cultura dello scalpo per trovare soluzioni utili al fine di risolvere i problemi dei propri paesi. Perché l’odio per l’Europa, in politica, ha anche questo tratto, questo filo conduttore, ed è un fatto che l’antieuropeismo per molti partiti altro non è che un modo come un altro per buttare la palla in tribuna, e scaricare ogni problema del proprio paese sull’Europa è un modo comodo per sentirsi liberi di essere eternamente irresponsabili. L’Europa fa paura a chi deve fare i conti con la realtà, a chi deve fare i conti con i fatti, a chi deve distinguere tra verità e viralità e a chi, quando si presenta a Bruxelles, vede crollare la propria presunta presentabilità attraverso l’abbraccio plastico con i propri alleati impresentabili. L’Europa fa paura perché nonostante tutto non ha mai scelto di sacrificare i valori non negoziabili di una società aperta. Perché, come ha ricordato Ursula von der Leyen pochi giorni fa, la stessa Ursula von der Leyen che venerdì interverrà con un suo articolo sul nostro nuovo mensile, il Foglio Europeo, in Europa, a differenza di altri contesti, i bambini vanno in buone scuole indipendentemente dal reddito dei genitori, in Europa i dibattiti controversi sono benvenuti nelle università, in Europa non invadiamo i nostri vicini e non li puniamo, e anche per questo ci sono dodici paesi che desiderano assolutamente entrare a far parte dell’Unione europea, che significa che circa 150 milioni di persone bussano alle porte dell’Europa per sentirsi più protetti, più liberi. L’Europa, come Virginia Woolf, fa paura perché nonostante tutto, nonostante il disordine, nonostante le minacce, nonostante le sue inefficienze, nonostante i suoi cavalli di Troia, nonostante le sue ferite aperte, è lì che anche oggi cerca soluzioni creative per difendere i confini della sua libertà e della nostra libertà mettendo in campo tutto quello che serve per imparare dai suoi errori (quelli green, per esempio) e per provare a respingere le minacce dei nuovi fascisti del globo terracqueo (che l’Europa la odiano anche perché l’europeismo e l’antitotalitarismo sono due espressioni complementari, che si allungano in un abbraccio). L’Europa oggi è forte, nonostante le sue debolezze, perché fa paura ai suoi nemici, e non ci sarebbe festa dell’Europa più bella se a celebrare il 9 maggio dovesse arrivare anche un Pontefice desideroso di trasformare la difesa dell’Europa in un avamposto utile per difendere la nostra libertà. “L’Europa – diceva Schuman – non si farà in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme: essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. Valeva ieri, vale ancora di più oggi. Buona festa a tutti, e viva l’Europa.