Foto ANSA

Dubbi e decisioni

L'Ue e la linea da seguire sul dazio di base di Trump al 10 per cento

David Carretta

Bruxelles deve capire se accettare la misura che il tycoon ha imposto a tutte le importazioni, senza lanciare una ritorsione per colpire i beni o i servizi americani. Ma nella nebbia della guerra commerciale, i ventisette stati membri non sanno che direzione prendere

Bruxelles. La Commissione ieri ha smentito di essere pronta a mettere sul tavolo dei negoziati con Donald Trump un’offerta da 50 miliardi di euro per convincere il presidente degli Stati Uniti a togliere i suoi dazi contro l’Unione europea. “A volte i titoli possono essere fuorvianti”, ha detto un portavoce della Commissione. Il titolo fuorviante è quello di un’intervista del Financial Times al commissario al Commercio, Maros Sefcovic. “Non c’è nessuna nuova offerta formale fatti agli Stati Uniti da parte della Commissione europea: abbiamo soltanto delineato da parte nostra alcune aree che potrebbero potenzialmente essere toccate da un accordo”, ha spiegato il portavoce. Sefcovic si era limitato a spiegare che il problema del disavanzo commerciale americano con l’Ue, se si tiene conto del settore dei servizi oltre che dei beni, ammonta a 50 miliardi di euro e può essere facilmente superato con un aumento degli acquisti di gas naturale liquefatto (gnl), di prodotti agricoli (in particolare semi di soia) o in altri settori. Niente di nuovo.

Nella nebbia della guerra commerciale americana, c’è un problema molto più urgente su cui l’Ue deve trovare una linea: se accettare l’imposizione definitiva del dazio di base del 10 per cento che Trump ha imposto a tutte le importazioni, senza lanciare una ritorsione per colpire i beni o i servizi americani. “E’ la domanda giusta”, spiega al Foglio un funzionario dell’Ue. “Gli stati membri sono divisi sul dazio di base del 10 per cento”, dice un’altra fonte. Sin dall’insediamento di Trump, la Commissione ha detto che gli europei sono pronti a comprare più gnl, più soia e più armi dagli Stati Uniti.

Non c’è niente di nuovo nemmeno sulle altre proposte avanzate da Sefcovic nei tre viaggi a Washington che ha già compiuto: un accordo “zero dazi per zero dazi” sui prodotti industriali, una riduzione delle barriere non tariffarie sulle regole di conformità, la cancellazione dei dazi sulle automobili e un’alleanza contro la sovracapacità della Cina su alluminio e acciaio. Finora tutto ciò che la Commissione ha proposto è stato rigettato da Washington, i cui obiettivi sembrano cambiare di settimana in settimana. Sefcovic continua a ripetere (anche al Financial Times) che europei ed americani devono “capirsi un po’ meglio”.

Il commissario non demorde. Dopo aver consultato gli ambasciatori degli stati membri mercoledì, una proposta più strutturata potrebbe essere inviata la prossima settimana. Il 6 maggio la Commissione presenterà la sua roadmap per abbandonare gli idrocarburi russi, che potrebbe servire a convincere Trump che l’Europa comprerà effettivamente più gnl americano (anche se in realtà la decisione spetta alle società private). Un altro viaggio di Sefcovic a Washington non è da escludere.

Lo scenario temuto dalla Commissione è che Trump voglia imporre in un eventuale accordo con l’Ue il dazio “di base” del 10 per cento che ha introdotto contro tutte le importazioni negli Stati Uniti quando ha annunciato i cosiddetti “dazi reciproci”. Questi ultimi sono stati sospesi per novanta giorni, ma il dazio “di base” è rimasto in vigore per tutti. Alcuni stati membri dell’Ue sarebbero pronti a ingoiare questa pillola, pur di non rischiare un’escalation di ritorsioni e contromisure. In cima alle loro preoccupazioni c’è il potenziale crollo della crescita economica, l’aumento dell’inflazione e l’incremento dei tassi di interesse della Bce.

“L’ideale sarebbe zero tariffe. La via intermedia potrebbe essere la riduzione dei tassi del 10 per cento da parte americana”, aveva detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, l’8 aprile. Un altro gruppo di paesi, tra cui la Francia, invece sostiene la necessità di rispondere al dazio “di base” di Trump con dazi europei al 10 per cento, anche per evitare una delocalizzazione delle imprese negli Stati Uniti. “Accettare il dazio di base del 10 per cento è fuori discussione. Deve avere delle conseguenze, altrimenti significa riconoscere il diritto di un paese di imporre dazi in modo unilaterale”, spiega un diplomatico di uno dei paesi favorevoli alla linea dura. Oltre che con l’Amministrazione Trump, la Commissione dovrà trovare un accordo anche con i ventisette governi dell’Ue.
 

Di più su questi argomenti: