
L'eccezione romena
Chi è Simion, che vuole fare il presidente della Romania con i voti e il programma di un altro
Nel gran caos del voto di Bucarest, dove il favorito ha puntato tutto su Trump e sull’escluso Georgescu
Se la Romania venisse riportata indietro nel tempo – basterebbero quattro mesi – George Simion, leader del partito Aur, non sarebbe stato un candidato degno di nota nelle elezioni presidenziali. Il voto romeno si è tenuto il 24 novembre del 2024, il secondo turno era stato fissato per l’8 dicembre, ma è stato cancellato. Al primo turno, Simion si è posizionato al quarto posto. Quel primo turno poi è stato annullato, la Corte suprema ha deciso che doveva essere ripetuto: più che scomparire dalla politica romena, ne è diventato lo spartiacque e Simion lo ha trasformato nel principale argomento della sua campagna elettorale.
La decisione della Corte suprema era stata presa perché uno dei candidati, il vincitore Calin Georgescu, non soltanto era accusato di irregolarità durante la campagna elettorale, ma stavano emergendo sospetti e poi indizi sul fatto che poteva essere il candidato aiutato da una potenza straniera per destabilizzare la Romania, l’Ue, la Nato e quindi l’Ucraina. Un voto routinario per scegliere il prossimo presidente di un paese europeo ai confini dell’Alleanza atlantica si è trasformato in un caso internazionale, in cui la comunicazione impacciata delle autorità romene non è stata in grado di far emergere un fatto: l’accusa contro Georgescu non riguarda soltanto una possibile ingerenza di Mosca, ma un piano molto ampio, fatto di politica, soldi e violenza, per mettere un fantoccio del Cremlino a capo della Romania. Le autorità indagano, ma non sono state in grado di fermare le accuse gravi di sospensione della democrazia mosse anche dagli Stati Uniti. Il voto in Romania verrà ripetuto domenica 4 maggio, e l’insignificante Simion dal quarto posto dell’elezione di novembre conquisterà, secondo i sondaggi, un probabile primo posto. Ci è riuscito presentandosi ai romeni come l’erede di Georgescu, il prossimo presidente arrivato per rimettere in ordine la democrazia romena contaminata dai partiti che non hanno mai smesso di governare, reinventandosi da dopo la caduta del dittatore Ceausescu. Simion è un populista, il suo partito Aur, al Parlamento europeo, siede in Ecr, con Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e il PiS polacco: due esponenti dell’estrema destra atlantista e antiputiniana. Eppure Simion ha preso in prestito molti dei temi di Georgescu riguardo all’economia, ai diritti e alla guerra in Ucraina. Georgescu accusava i rifugiati ucraini di approfittare della generosità di Bucarest? La stessa accusa è mossa da Simion. Georgescu sosteneva che fosse il momento di riavvicinarsi a Mosca? Lo stesso sostiene Simion. Georgescu prometteva il ritorno a una grande Romania che comprenda Moldavia, parte della Bulgaria e dell’Ucraina? Lo stesso promette Simion. Il leader di Aur, da candidato poco promettente, adottando i modi e gli slogan di Georgescu è riuscito a imporsi come possibile prossimo presidente della Romania e tanto ha agitato lo spettro del torto subìto dal suo alleato e dalla democrazia romena che non ha lasciato lo studio durante il dibattito tra candidati che c’è stato questa settimana. E’ entrato in studio, ha regalato alla candidata del partito di centrodestra Usr, Elena Lasconi, un mazzo di fiori e poi è uscito, rimarcando che il suo boicottaggio era una protesta contro il trattamento riservato a Georgescu. Lasconi era arrivata seconda nelle elezioni di novembre, avrebbe sfidato Georgescu al ballottaggio, ma secondo i sondaggi oggi il suo risultato non si ripeterebbe e arriverebbe molto dietro agli altri candidati: Simion; Crin Antonescu, candidato del Partito socialista Psd e del Partito nazional liberale Pnl; Nicusor Dan, il sindaco di Bucarest, matematico, corre come indipendente e in passato aveva fondato un partito liberale chiamato Salviamo la Romania. Prima che la Corte suprema annullasse il voto, Simion e Georgescu non erano neppure alleati, il leader di Aur ha però capito il potenziale dell’eredità di un candidato presentato come martire, e ha promesso che, dopo aver vinto, darà a Georgescu la carica di primo ministro. In realtà non è nelle sue possibilità, Aur in Parlamento è il terzo partito e non ha i voti per scegliere il premier.
Le elezioni in Romania non sono soltanto un pasticcio nazionale, sono un problema molto più grande: la Romania confina con l’Ucraina, ha un esercito ben armato e fa parte della Nato, se passasse dalla parte del Cremlino sarebbe una minaccia per Kyiv e Bruxelles. La dimensione sovranazionale di queste elezioni però è stata dettata anche dall’interessamento degli Stati Uniti, in modo particolare di Elon Musk che ha accusato l’Ue di ingerenza e di voler frenare la democrazia. Anche il figlio del presidente Trump, Donald Jr. ha sostenuto apertamente Georgescu e ora Simion. E’ in Romania proprio in questi giorni e il viaggio era annunciato da tempo: la vicinanza con il voto non è una coincidenza. Simion ha cercato di puntare molto in campagna elettorale sulle similitudini con Trump, è diventato appassionato di cappellini da baseball, ha promesso di fare la Romania di nuovo grande e ha chiesto aiuto nell’organizzazione della campagna elettorale a molti esperti stranieri per usare al meglio il tocco trumpiano.