Dopo le elezioni
Torna Trump e Macron ripensa all'Europa-potenza
Alla luce del voto americano, dalla Francia si ritirano fuori i piani per un’autonomia strategica europea che sarebbe più che mai necessaria a colmare il potenziale ritiro americano dallo scenario del Vecchio Continente. Ma per realizzarla, Parigi dovrà trovare partner affidabili
Il 6 novembre Emmanuel Macron è stato uno dei primi leader internazionali a congratularsi con Donald Trump per la sua rielezione e sentirlo al telefono. Questa rapidità richiama il 2017 quando il neo presidente Macron cercò di stabilire una relazione privilegiata con Trump, con tanto di invito alla parata del 14 luglio e di cena al Jules Verne, il prestigioso ristorante al primo piano della Tour Eiffel. Il tentativo di ammaliare l’omologo americano con una scenetta degna del cartone Disney Ratatouille però non durò molto e fu seguito da screzi e divergenze fondamentali (per esempio sul clima). La presidenza Macron rimase poi diffidente per tutta la durata della prima Amministrazione Trump. Gli anni successivi non hanno colmato il divario, con un Trump che nel 2023 accusava Macron, con una mancanza di eleganza certamente non sfuggita all’Eliseo, di “leccare il culo” a Xi Jinping.
Attualmente, a Parigi, la maggior parte delle analisi convergono nel prendere le distanze da Trump, per motivi politici ma soprattutto per un giudizio negativo dal punto di vista etico su un personaggio che si trascina dietro vari processi e accuse di malversazione. La presidenza Biden era stata percepita come un ritorno alla normalità e la Francia, come la stragrande maggioranza dei paesi europei, seguiva gli schemi di un’opinione colta americana contraria a Trump ma anche restia a cogliere i segnali a suo favore. Tutto ciò malgrado alcuni populisti francesi a favore di Trump, come Eric Ciotti, il quale si è subito identificato nelle sue posizioni antiwoke e anti-immigrazione, alla stregua di Matteo Salvini in Italia. Per quanto riguarda la destra del Rassemblement National vediamo posizioni abbastanza governative espresse da Jordan Bardella e Marine Le Pen, mentre la base del partito celebra la vittoria di una destra “decomplessata”. Questo avviene in un momento difficile per la leadership francese, in cui appare nettamente indebolita a seguito delle elezioni europee di giugno e la dissoluzione dell’assemblea nazionale che ha portato Michel Barnier a costituire un governo di minoranza.
Di fronte a questa novità, l’ambiente governativo in generale, e Macron in particolare, hanno subito ripreso la tematica sposata durante la fine della prima presidenza Trump, ovvero di un’autonomia strategica europea che sarebbe più che mai necessaria per colmare il potenziale ritiro americano dallo scenario europeo. Macron ha quindi sentito Trump, ma ha anche lungamente parlato con il tedesco Olaf Scholz per affermare la necessità di un’Europa più unità e più sovrana in questo contesto. Inoltre, la vittoria di Trump ha colto molti di sorpresa in Europa, o perlomeno impreparati, come se ci fosse stata una forma di scaramanzia nel non voler parlare di uno scenario che potrebbe portare all’indebolimento dell’alleanza atlantica.
Ora le elezioni liberano tutti e permettono di ritirare fuori piani, caldeggiati a suo tempo da Chirac, di un Europa-potenza. Questo anche a livello europeo e malgrado l’estromissione dalla Commissione europea di Thierry Breton che ne fu uno dei principali artefici. Sicuramente i francesi sono quelli che in Europa hanno sempre pensato alla possibilità di una divergenza strategica fondamentale con gli Stati Uniti, anche per una forma di riflesso neogollista, ma questa posizione era troppo singolare per trascinare veri e propri consensi europei.
Soltanto nel contesto del recente ciclo che va dalla prima presidenza Trump fino alla crisi del Covid, l’idea di autonomia strategica europea cara a Parigi si era fatta strada, anche reinterpretata in chiave economico-industriale, fra i paesi membri e le istituzioni europee. Era poi ripassata in secondo piano in particolare nel suo aspetto strategico militare, a seguito dell’effettiva leadership esercitata dalla presidenza Biden in Ucraina. Parigi percepisce nettamente questo bivio e Macron ha già iniziato dal vertice di Budapest di questa settimana a ribadire la necessità di una maggiore sovranità europea per meglio rispondere alle sfide globali, segnando un ritorno alle tematiche della sua prima campagna elettorale del 2017. Paradossalmente l’indebolimento della Francia gioca a favore dell’accettazione di queste idee da parte degli altri partner europei, anche perché Parigi non può pretendere da sola alla leadership sul continente.
Isteria migratoria