Medio Oriente
Lo strano silenzio dei custodi dei diritti umani sugli ostaggi affamati e uccisi da Hamas
Amnesty International riempie i suoi social network con continue accuse a Israele, senza menzionare nemmeno una volta le vittime della furia del 7 ottobre: un doloroso mutismo, analogo a quello di tante altre organizzazioni internazionali
Un video girato nel tunnel in cui a fine agosto sono stati assassinati da Hamas i sei ostaggi israeliani Hirsch Goldberg-Polin, Eden Yerushalmi, Ori Danino, Almog Sarusi, Carmel Gat e Alex Lobanov è stato mostrato ai ministri del governo di Benjamin Netanyahu durante la riunione del gabinetto di sicurezza. Non si vedono i corpi degli ostaggi, ma chiazze di sangue, vestiti abbandonati e bottiglie dove urinare, le condizioni disumane in cui erano tenuti gli ostaggi, con pochissimo cibo e nessuna igiene, in un tunnel così basso che è impossibile stare in piedi, ma solo sdraiati o seduti. Dei 250 ostaggi rapiti durante il 7 ottobre, 97 sono ancora a Gaza. Ma si teme che la metà di loro siano morti.
Secondo un rapporto di Channel 12, il corpo di Eden Yerushalmi, una dei sei ostaggi, pesava appena 36 chilogrammi. Aveva perso un quinto del suo peso. “L’umanità non conosce confini” e “la pena di morte può essere cancellata”. Amnesty International ha postato molto su X nell’ultima settimana, compresa l’accusa di crimine di guerra a Israele per l’espansione della “buffer zone” dentro la Striscia di Gaza. Ma niente sugli ostaggi. D’altronde, Jean-Claude Samouiller, presidente di Amnesty France, poi la segretaria generale di Amnesty International, Agnès Callamard, hanno rifiutato la definizione di “terrorista” per Hamas. “Perché il termine terrorista non è riconosciuto dal diritto internazionale”, hanno detto. Natalie Loiseau, europarlamentare di Renaissance, ha risposto: “Il termine ‘terrorista’ non è riconosciuto dal diritto internazionale? Mi scusi?”, ha chiesto. Prima di aggiungere: “Hamas è nella lista europea delle entità terroristiche”.
Storia gloriosa, quella di Amnesty. Ma oggi fa campagna per la liberazione di Hassan Diab, condannato in Francia per l’attentato alla sinagoga di Rue Copernic a Parigi del 3 ottobre 1980, dove morirono quattro persone. E pensare che era nata con un articolo Peter Benenson, fondatore di Amnesty, che nel maggio 1961 scrisse proprio sull’Observer: “Aprite il vostro quotidiano ogni giorno della settimana e vi trovate un rapporto da qualche parte del mondo su qualcuno che viene imprigionato, torturato o uccisi perché le sue opinioni o la sua religione risultano inaccettabili al suo governo”. Difficile leggerlo oggi sugli ostaggi israeliani torturati e uccisi.
“Qualche parola sugli ostaggi da Human Rights Watch, Amnesty e Medici senza frontiere?”, si domanda il giornalista israeliano Seth Franzman. Nulla dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu. L’account internazionale di Medici senza frontiere ha postato sull’Uzbekistan, il cambiamento climatico, Haiti, contro l’operazione antiterrorismo israeliana a Jenin, sugli ospedali di Gaza che hanno bisogno di materiale medico, ma niente sugli ostaggi. L’Hostage and Missing Families Forum fa appello al Comitato Internazionale della Croce Rossa e all’Organizzazione Mondiale della Sanità affinché condannino pubblicamente il recente omicidio in stile esecuzione di sei ostaggi israeliani da parte di Hamas.
“Il silenzio delle organizzazioni internazionali in merito all’omicidio degli ostaggi è doloroso”, afferma il professor Hagai Levine, responsabile del team sanitario del Forum delle famiglie degli ostaggi. Niente per ora dalla Croce Rossa Internazionale. Che però ci ricorda che la Convenzione di Ginevra è più rilevante che mai. Varrà anche per gli ostaggi in mano a Hamas? Sembra di no. Sono pur sempre ebrei.
I conservatori inglesi