Dopo le olimpiadi
Una Parigi divertita e contagiata dall'esprit des jeux, anche in politica
Il risveglio della capitale francese dei Giochi ci riporta a una lettura storico-politica, quella della città rivoluzionaria, popolare e beffarda, che vede i suoi abitanti impossessarsi dei luoghi per le proprie celebrazioni, rivendicando ideali di fratellanza ereditati dal 1789
La percezione francese delle Olimpiadi è stata largamente positiva. Entra in gioco il buon risultato sportivo con 16 medaglie d’oro e 64 medaglie in totale, frutto di una precisa strategia per favorire l’agonismo ad alto livello dopo la performance, ritenuta insufficiente, di Tokyo 2021. Ma quello che colpisce di più è stata l’atmosfera festiva di questi giochi che hanno messo in scena la città di Parigi con un’esplosione di fervore popolare che la capitale francese non conosceva da decenni. Alcuni episodi, come il passaggio della gara di ciclismo sulla collina di Montmartre in mezzo alla folla, hanno addirittura evocato la memoria delle grandi giornate della Parigi ottocentesca con fiumi di persone infervorate. Senza poi dimenticare che l’organizzazione dei giochi ha assunto per l’occasione degli animatori dedicati, paragonabili a dei capi tifoseria incaricati di mobilitare il pubblico in tutte le arene. Ed ecco i cori della Marsigliese che risuonavano in continuazione, un inno riscoperto come gioioso. Il risveglio della Parigi dei Giochi ci riporta a una lettura storico-politica, quella della città rivoluzionaria, popolare e beffarda, che vede i suoi abitanti impossessarsi dei luoghi per le proprie celebrazioni, rivendicando ideali di fratellanza ereditati dal 1789.
La mobilitazione parigina non è stata un epifenomeno, mentre fiorivano i grandi schermi per ritrasmettere su tutto il territorio francese le gesta di Léon Marchand, il vincitore dei quattro ori nel nuoto, oppure dell’ormai leggendario judoka Teddy Riner, senza poi dimenticare il tifo per calcio, rugby, pallacanestro e pallavolo dove le squadre francesi hanno spesso fatto faville. I giochi hanno anche illustrato la francesissima cultura della festa: la cerimonia di apertura, spesso disprezzata all’estero, è stata apprezzata in Francia dove rifletteva l’attuale cultura dello spettacolo teatrale e musicale incarnata dallo sceneggiatore Thomas Jolly, ma anche quella dose di provocazione congeniale a una città che già nell’Ancien Régime ne combinava di tutti i colori sia tra il popolo sia alla corte del Re. Il tentativo della ultra destra di mobilitarsi contro questa cerimonia nel nome della purezza di alcuni valori, ben illustrato dalle dichiarazioni di Marion Maréchal-Le Pen, è riuscito a trascinare alcuni ambienti conservatori, ad esempio americani, in una maretta internazionale ma all’interno si è in larga misura ritorto contro i suoi fautori che sono apparsi come moderne incarnazioni del Tartufo di Molière. Questi giochi hanno avuto una vasta portata politica: si tratta di una felice parentesi oppure di un’evoluzione nella società francese? Viene subito voglia di pensare che il voto delle politiche dello scorso 7 luglio abbia segnato una svolta con il netto rigetto del nazionalismo, un fenomeno che trova poi eco e semmai viene ampliato dalla Francia delle Olimpiadi in cui si esorcizzano nelle celebrazioni le ferite delle violente divisioni politiche apparse durante la campagna elettorale, con un’esplicita volontà di voltare pagina.
Tra l’altro va osservato come questi giochi illustrano l’evoluzione dell’identità francese: mentre ai Mondiali del 1998 venne esaltata la nazionale di calcio “Black, Blanc, Beur”, un’espressione che illustrava una tripartizione dell’identità, ormai questi riferimenti sono completamente spariti e vengono celebrati atleti e squadre semplicemente francesi. L’eliminazione di ogni riferimento di tipo razziale esprime la forza del modello di integrazione francese che, a differenza per esempio del caso americano dove l’origine (afro-americana, italo-americana…) viene rivendicata, fa della cittadinanza l’unico concetto di definizione identitaria. E spiega anche perché l’estrema destra fautrice di una definizione etnica della nazionalità viene respinta a ogni tornata elettorale. Questi elementi possono apparire come rassicuranti in quanto illustrano un consenso sociale, anche tradotto in momenti festivi, che vanno a contrastare le letture sulle divisioni del precedente momento politico. Si pone però adesso il problema dell’eventuale traduzione politica dell’esprit des jeux con la formazione di un governo di coalizione. A luglio Emmanuel Macron era uscito malconcio dal giro di elezioni europee e politiche e le forze di sinistra e centrodestra non riuscivano a comporre una maggioranza parlamentare. I giochi hanno segnato una pausa e rappresentato un punto positivo per una presidenza che ha saputo dare l’impulso decisivo sia per l’organizzazione a Parigi sia per la strategia agonistica nazionale. La soddisfazione collettiva che ha coinvolto anche la sindaca socialista di Parigi Anne Hidalgo potrebbe aiutare a riannodare i fili di un dialogo politico nell’aera socialdemocratica che fino a pochi giorni fa sembrava ingessato dalla rigidità delle posizioni partigiane.
Isteria migratoria