Ansa

dopo l'approvazione del Dma

La Commissione Ue indaga su Apple, Google e Meta: avrebbero violato il Digital markets act

David Carretta

Secondo Bruxelles non rispettano le nuove norme europee sul digitale in vigore da pochi giorni. Se le piattaforme non apriranno i loro sistemi a più concorrenza e innovazione, potrebbero rischiare multe fino al 10 per cento del loro fatturato. Anche Amazon potrebbe finire presto nel mirino

Bruxelles. Pochi giorni dopo l'entrata in vigore del Digital Markets Act (Dma), la Commissione europea ha aperto una serie di inchieste formali contro Alphabet, Apple e Meta per violazione delle nuove regole dell'Ue sul digitale, che potrebbero portare a multe fino al 10 per cento del loro fatturato globale, se questi giganti del digitali non apriranno i loro sistemi a più concorrenza e innovazione.

Secondo la Commissione, Apple e Aplhabet (casa madre di Google) impongono restrizioni e limitazioni che minano la capacità degli sviluppatori di comunicare e promuovere liberamente altri servizi, violando le regole del Dma. Google è accusata anche di violare il divieto di auto promozione privilegiando nel suo motore di ricerca i propri servizi (Google Shopping, Google Flights, Google Hotels) sui concorrenti. Apple è sospettata di non rispettare l'obbligo di consentire agli utenti di disinstallare facilmente qualsiasi applicazione di software dal suo sistema operativo iOS e modificare le impostazioni predefinite, i browser e i motori di ricerca. A Meta (casa madre di Facebook, WhatsApp e Instagram) è contestato il modello “paga o acconsenti”, perché non fornisce una vera alternativa nel caso in cui gli utenti non acconsentano al trasferimento dei propri dati personali tra diversi servizi della piattaforma.

La Commissione ha anche chiesto informazioni a Amazon per il sospetto di auto-preferenza dei propri marchi sul suo Amazon Store e ad Apple sui termini e le condizioni del suo app store. L'offensiva non è finita con le inchieste avviate. Con cinque ordini di conservazione indirizzati ad Alphabet, Amazon, Apple, Meta e Microsoft, la Commissione ha chiesto di conservare documenti che potrebbero essere utilizzati per valutare la loro conformità agli obblighi del Dma. Margrethe Vestager e Thierry Breton, i due commissari responsabili del Digitale, hanno voluto colpire duro e presto con l'indagine contro le grandi piattaforme. Il Dma ha come obiettivo di costringere i cosiddetti “gatekeepers” – le grandi piattaforme – ad aprire i loro ecosistemi. Dopo la designazione a gatekeepers, i giganti hanno avuto diversi mesi per prepararsi, spesso in consultazione con la Commissione. Apple, Meta e Alphabet hanno già cambiato alcune delle loro pratiche. Ma, agli occhi dei gendarmi del digitale, non è sufficiente.

“Questi sono casi gravi e sono emblematici di ciò che il Digital Markets Act (Dma) dovrebbe offrire quando si tratta di scelta per i consumatori”, ha detto la vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager, commentando l'avvio delle inchieste. "Se fossimo stati in grado di risolvere il problema con una semplice discussione, ormai sarebbero stati risolti".

“Non siamo convinti che le soluzioni di Alphabet, Apple e Meta rispettino i loro obblighi per avere uno spazio digitale più giusto e più aperto per i cittadini e le imprese europei”, ha detto il commissario al Mercato interno, Thierry Breton. Le inchieste appena aperte potrebbero durare un anno, ma sia Vestager sia Breton hanno segnalato l'intenzione di procedere più rapidamente a una conclusione. Il Dma non è solo un'arma per imporre le regole dell'Ue sulla concorrenza, senza dover passare per le tradizionali lente procedure antitrust. È molto di più. “L'obiettivo è costringere ad aprire modelli chiusi, dando più libertà di scelta ai consumatori e più accesso agli sviluppatori”, spiega al Foglio una fonte dell'UE. “Il Dma è applicabile dal 7 marzo scorso” e “in 18 giorni ha fatto muovere le linee dei giganti del digitale più che negli ultimi 10 anni”, ha detto Breton.

La Computer & Communications Industry Association, la lobby che rappresenta alcune delle piattaforme prese di mira, ha sollevato il sospetto che la Commissione voglia politicizzare l'applicazione delle regole del Dma.