Agacinksi di Francia

La filosofa di sinistra ma politicamente scorretta ammessa all'Academie française

Lucetta Scaraffia

La nomina della studiosa anticonformista Sylviane Agacinski alla prestigiosa istituzione francese dimostra quanto il mondo intellettuale francese sia lontano anni luce dalla faziosità italiana

Ieri è entrata ufficialmente a far parte dell’Academie française la filosofa Sylviane Agacinski. Si tratta di un ingresso molto importante, e non solo perché le donne ammesse all’Academie sono ancora poche, ma perché Agacinski è una pensatrice coraggiosa e anticonformista, che ha pagato in varie occasioni il suo essere politicamente scorretta, cioè  essere una intellettuale di sinistra che non condivide molte  idee “progressiste” accettando, nei confronti di questioni fondamentali, anche di pronunciare giudizi affini a quelli della destra. Posizione che l’ha resa bersaglio di molte critiche e l’ha in parte costretta all’isolamento. Il suo ingresso nel prestigioso consesso rivela che il mondo intellettuale francese sa riconoscere il vero valore delle persone  e non è intellettualmente fazioso, o almeno così fazioso come invece purtroppo  è quasi sempre quello italiano.
 

Sylviane non proviene infatti da borghesie urbane prestigiose, non ha studiato nelle grandi scuole di Francia: figlia di un immigrato polacco, è vissuta in provincia, si è laureata a Lione e per anni ha insegnato nei licei. Il suo originale percorso filosofico è iniziato con la partecipazione alla creazione, nel 1975, di un gruppo di ricerca sull’insegnamento filosofico, con Jacques Derrida, Jean-Luc Nancy, Sarah Kaufman. La sua vita privata risente del disordine di quegli anni, come lei stessa racconta: prima un figlio, Daniel, con Derrida, poi il matrimonio con Lionel Jospin, candidato alle elezioni presidenziali e primo ministro. Da vera femminista, l’esperienza della maternità le fa cambiare molte idee, portandola a una lettura critica di Simone de Beauvoir da cui trae motivo per  una vera rivoluzione delle proprie  concezioni teoriche. L’interesse per le basi concettuali dell’organizzazione della differenza sessuale nella cultura occidentale la porta a scegliere come argomento della sua tesi di dottorato la concezione del maschile e femminile alle origini del cristianesimo, poi pubblicata. E’ in questo lavoro che  teorizza  come l’Incarnazione abbia cambiato in modo definitivo il posto dell’uomo e della donna (Métaphysique des sexes. Masculin/féminin aux sources du christianisme, Paris, Seuil, 2005): “All’origine, è l’uomo, creato per primo, che era situato fra Dio e la donna; con la venuta del Figlio, è una donna che occupa il posto mediano fra Dio e Gesù, l’uomo divino, come condizione della sua Incarnazione”. 

Non solo, dunque, Maria significa una sorta di straordinaria promozione della donna, ma rappresenta l’umanità intera nella sua condizione carnale. Ne deriva pertanto una vera e propria sorta di femminilizzazione della condizione umana, espressa  simbolicamente nel motivo del matrimonio della Chiesa con Cristo, unione spirituale dell’umanità con il  suo Salvatore.
 

Agacinski sottolinea come si tratti di cambiamenti  non secondari per definire il posto della donna nelle società di matrice cristiana: infatti essa è ben consapevole che in realtà la narrazione religiosa, insieme con il mito, spiega il senso della condizione umana e dei suoi conflitti primordiali (come la differenza fra maschile e femminile), fornendo quindi  l’interpretazione del mondo o della presenza umana e rispondendo agli enigmi posti dalla nascita, dalla mortalità e dalla fecondità. Da questo momento, al centro della riflessione di Agacinsky saranno le questioni attualissime della differenza fra i sessi, della tecnologia come leva per la trasformazione della percezione del corpo, per esempio nel caso della donazione di organi.
 

Nel suo libro Engagements   la nostra studiosa spiega con poche e  chiare parole il senso della sua posizione intellettuale: il filosofo non è neutro, ma si trova  nella mischia, sul terreno, con l’obbligo di scegliere il senso possibile della propria stessa  esistenza, inseparabile da quella degli altri. Egli non può essere neutro. Tutti i lavori di Agacinsky si fondano su due presupposti fondamentali: 1) l’uguaglianza fra i sessi significa la loro eguale capacità di incarnare l’umanità, 2) ciascuno è un corpo e questo corpo non può essere strumento né mercanzia. È una posizione che la porta a rigettare con nettezza ogni teoria del gender per ribadire che “la dualità dei sessi caratterizza gli esseri viventi in generale, così come la nascita, la crescita, l’invecchiamento e la morte. È il ruolo degli individui nella generazione che fonda la distinzione fra i sessi” e  decostruire la gerarchia dei sessi, così come si propone il femminismo, non permette di cancellare la differenza sessuale. Di cancellare il fatto, cioè, che la differenza fra i sessi è relativa alla generazione, e non alla vita sessuale in generale con i suoi desideri e piaceri. Gli esseri sociali sono innanzi tutto esseri viventi, cioè dei mortali che si riproducono sessualmente.
 

Sono molti i libri in cui essa affronta e approfondisce questo problema, distinguendo sempre fra l’esperienza del reale, del corporeo da un lato  e ideologia dall’altro. La sua attenzione si sposta anche sul trapianto degli organi, e sul commercio di parti del corpo, come il sangue e i gameti, che inducono a considerare l’essere umano come un corpo fabbricato, e non generato, comportando virtualmente  la fine della classica divisione fra persone e cose.
 

In questa prospettiva la critica del matrimonio omosessuale si basa sul fatto che entrambe le coppie, donna e donna e uomo e uomo, per avere dei figli dovranno accedere al mercato dei corpi e dei loro prodotti spezzando così il senso e l’ordine fra le generazioni. Ma soprattutto Agacinski vede il pericolo per le donne di essere trasformate in corpi disponibili, utilizzati dagli altri e commercializzabili in ragione delle loro potenzialità sessuali. Il corpo umano, viceversa, non è disponibile, essa ripete, sostenendo che la gravidanza per altri è assimilabile di fatto al mercato del sesso: cambia solo il tipo del cliente. E a chi obietta che però  in questo modo si nega agli omosessuali il diritto all’uguaglianza, il diritto alla libertà di avere un figlio, risponde che è “strana libertà quella che si esercita al prezzo della disponibilità del corpo degli altri”. Coerentemente Agacinsky milita nel collettivo che chiede l’abolizione universale della maternità surrogata.
 

Nonostante critiche, intimidazioni, provenienti proprio dall’ambiente in cui è sempre vissuta, quello dell’intellighenzia di sinistra, Agacinski si mantiene ferma sulle sue posizioni, mettendo in luce i limiti del pensiero libertario woke, e difendendo la continuità con le radici della grande tradizione filosofica occidentale. Nella sua ultima opera, Face à une guerre sainte, denuncia la tendenza della società francese verso le sbandate multiculturali, che portano ad accettare veli islamici e separazioni fra i sessi a scuola, incompatibili, secondo lei, con il  principio di uguaglianza davanti alla legge. Per fortuna, viene dunque da concludere, che c’è la coraggiosa Sylviane Agacinski, e per fortuna che l’Academie française è ancora capace di un pensiero libero, aiutando così tutti noi a resistere alle lusinghe di mode assurde e fintamente progressiste.

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