Lo stato dell'Unione

Che fierezza, Mr Biden

Paola Peduzzi

Il presidente americano lancia un messaggio limpido e battagliero: difenderà la democrazia e la libertà in America e nel mondo. I duelli improvvisati con i repubblicani (pareva di stare ai Comuni di Londra), le smorfie dello speaker del Congresso e la frase più bella detta agli eversori del 6 gennaio: "Non puoi amare il tuo paese soltanto quando vinci"

Difendere la democrazia e la libertà in America e nel mondo, con fierezza. Il messaggio di Joe Biden al suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione di questo mandato presidenziale è stato limpido e chiaro, battagliero anche, con buona pace dei suoi critici che hanno passato sessantasei minuti sperando di coglierlo in fallo. “Quel che rende questo momento unico – ha detto il presidente americano – è che la libertà e la democrazia sono sotto attacco, sia qui sia nel mondo, contemporaneamente”, e non basta difenderle e difendersi, bisogna combattere e levare di torno chi le minaccia.

Bastava guardare lo speaker del Congresso, il conservatore trumpiano Mike Johnson, seduto alle spalle del presidente per capire quando Biden stava assestando colpi ben mirati al trumpismo che vuole scardinare l’ordine democratico in America e altrove. Biden ha detto una frase meravigliosa, mentre denunciava chi ha organizzato, sostenuto e avallato  l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 (cioè  quasi tutti gli esponenti del Partito repubblicano seduti di fronte a lui, con le giacche larghe come Trump, scomposti e sprezzanti come Trump): “Non puoi amare il tuo paese soltanto quando vinci”. Dietro di lui Johnson scuoteva la testa, rovesciava gli occhi,  naturalmente non si alzava in piedi né applaudiva.

Stesse smorfie quando Biden ha detto che sono i repubblicani a bloccare la riforma dell’immigrazione, soprattutto quando ha paragonato il “Mr. Gorbaciov, tear down this wall” reaganiano a quel che dice il suo “predecessore” a Vladimir Putin: “Fai quel cavolo che ti pare” con gli alleati dell’America. Biden ha detto che “se qualcuno in questa sala pensa che Putin si fermerà all’Ucraina, posso garantirvelo: non lo farà” e ha chiesto di aiutare Kyiv con le armi che servono a difendersi. Ancora una volta ci sono state smorfie e grida dai repubblicani che, nonostante le raccomandazioni dello stesso Johnson, hanno urlato e gesticolato di continuo (nei paesi che piacciono tanto a loro, sarebbero stati accompagnati direttamente in Siberia).

Biden ha risposto a tono, tanto che a un certo punto pareva quasi di stare non al Congresso di Washington ma ai Comuni di Londra. Il colpo su colpo è servito a Biden per mostrare i riflessi svelti, per trasformare il fardello dell’età avanzata in prontezza e  in saggezza. Sono nato negli anni Quaranta del secolo scorso, ha detto, ed è per questo che vedo bene che la minaccia di Putin all’occidente è la stessa di Trump all’America: il caos.

Ora i sondaggisti sono al lavoro per capire se questo discorso costituirà una svolta nella percezione degli elettori, se ci sarà un aumento di popolarità, se c’è un nuovo Biden “boxeur” (il copyright è di Mike Allen di Axios) che si è fatto bellicoso. Quel che resta di una serata che meglio di così non poteva andare è la fierezza di Biden, che ha rovesciato il tavolo di una campagna elettorale che pareva destinata a stare sulla difensiva –  e la consapevolezza che democrazia e libertà non sono beni da dare per scontati, nemmeno nell’America che li ha sempre avuti a cuore.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi