la festività
La storia di Hanukkah, il Natale degli ebrei
Iniziano oggi e dureranno otto giorni i festeggiamenti per la Festa delle luci, che ricorda la persecuzione del re di Siria e la rivolta per riprendere il tempio di Gerusalemme. Riti, tradizioni e curiosità sulla festività religiosa
Viene spesso assimilata al Natale, “il Natale degli ebrei”, ed è la festa di Hanukkah che dura otto giorni e che quest’anno si festeggia dal 7 al 15 dicembre. È l’unica festività religiosa ebraica che si svolge a cavallo tra due mesi: inizia a infatti a Kislev e finisce in Tevet, che corrispondono più o meno al novembre e al dicembre del calendario gregoriano.
Vicinanza di calendario a parte, tutte e due sono “feste della luce” e la richiamano nel momento in cui arrivano le giornate più corte dell’anno, anche se in modo diverso. Il Natale infatti richiama la nascita del “Vero Sole” Gesù nella data che l’imperatore Aureliano aveva dedicato al Sol Invictus – anche se non manca la teoria che non siano stati i cristiani a “impadronirsi” di una data pagana ma l’imperatore pagano a cercare di imporre una sua ricorrenza a una data già presente ne culto cristiano.
Hanukkah invece è chiamata popolarmente “Festa delle luci” o “Festa dei lumi” perché nella spiegazione dei rabbini è la luce “il simbolo fondamentale della festa”. La luce divina che ha accompagnato il popolo ebraico nel corso della sua storia: “Secondo i nostri Maestri, periodicamente ricompare la luce nascosta e Hanukkah è uno di questi momenti. Compito di tutti noi è coglierla, e se possibile aumentare la luce”. Il termine “Hanukkah”, trascritto anche come Chanukkah, Hannukkah, Chanukkà o Channukah, significa però, alla lettera, “inaugurazione” o “dedica”.
La storia risale al 180 a.C., quando il re di Siria Antioco IV Epifane succede al fratello e inizia a perseguitare gli ebrei, per forzarli a diluire le specificità della propria fede in un culto di tipo sincretista. Gli stessi templi sono profanati ed ellenizzati, per essere dedicati alle divinità dell’Olimpo. Quando nel 167 a.C. Antioco fa consacrare a Zeus un altare all’interno del tempio di Gerusalemme si accende così la rivolta guidata prima da Giuda Maccabeo, poi dai suoi fratelli Simone e Gionata. Narrata nell’Antico Testamento appunto nei due libri dei Maccabei, la guerra vede dopo due anni la riconquista del tempio profanato: “Ecco, i nostri nemici sono stati sconfitti. Andiamo perciò a purificare il tempio e a restaurarlo” (Maccabei I, 4;36). Ma quando vi entrano trovano “Il santuario deserto, l’altare profanato, le porte bruciate, le piante cresciute nei cortili come in un bosco o come su una montagna, le celle in rovina” (Maccabei, I, 4;38).
È una vicenda che simbolizza tante altre simili della storia ebraica, compreso l’attacco di Hamas del 7 ottobre. A quel punto i guerrieri si trasformano in muratori, e lavorano al ripristino della struttura. “Poi Giuda, i suoi fratelli e tutta l’assemblea d’Israele, stabilirono che i giorni della dedicazione dell’altare si celebrassero a loro tempo, ogni anno, per otto giorni” (Maccabei I, 4;59). Gli otto giorni di Hanukkah. Al racconto biblico si aggiunge poi quello del Talmud, secondo cui per riconsacrare l’edificio secondo la liturgia dell’olio d’oliva avrebbe dovuto bruciare nella Menorah, il candelabro ebraico a sette braccia, per otto giorni consecutivi. Dopo il saccheggio siriano era rimasto olio per un giorno, ma miracolosamente durò per tutto il tempo necessario. Questo miracolo è appunto quello ricordato.
La gran parte degli ebrei tra il IV e il XX secolo hanno vissuto come minoranza nel mondo cristiano, ed è evidente che il modo di celebrare il Natale con mangiate e regali ha influenzato il modo di festeggiare Hanukkah. In particolare è per questa coincidenza che la festa è diventata importante nel XX secolo, dopo essere stata in passato di importanza minore proprio perché non istituita dalla Torah. Probabile anche che il “riaccendersi della luce” sia stato percepito come simbologia più importante nel secolo che ha visto la rinascita di Israele subito dopo la Shoa.
Particolarmente diffusa, in un paese multireligioso e multiculturale come gli Stati Uniti, la contaminazione di “Chrismukkah” è stata celebrata da “The O.C.”: serie tv creata da Josh Schwartz nel 2003, dove si vede Seth Cohen, figlio di padre ebreo e madre cristiana, che per non scontentare nessuno mette assieme le due feste, a partire da una Menorah accanto a un albero di Natale. Milioni di persone si misero a imitare l’esempio con tanto di siti di gadget e biglietti. Paradossalmente, associazioni cattoliche ed ebraiche protestarono assieme, dicendo che la confusione minacciava entrambe le fedi.
Fedeli più scrupolosi chiedono comunque ai rabbini se è ammissibile fare regali per Hanukkah in stile Natale. La risposta prevalente è che non ci sarebbe nulla di male, se si ha cura di ricordare il carattere ebraico della festa. Comunque, alcuni regali sono tradizionali. I bambini devono ricevere i Dreidel, trottole a quattro facce che recano l’iscrizione “lì è avvenuto un grande prodigio”, e soldi premio per aver studiato la Torah: è un ricordo di quando al tempo di Antioco Epifane i ragazzini ebrei prendevano lezioni di ebraismo clandestino in strada con trottole in mano, così da mettersi subito a giocare se si vedevano soldati avvicinarsi.
Anche il sufganiot, un tipico “bombolone” fritto nell’olio d’oliva, fa parte della devozione, appunto per ricordare il miracolo dell’olio. Ma ci sono anche altri cibi tipici, dalle fettine di mele cosparse di zucchero e cannella al riso con le uvette e alle monete di cioccolato. Ovviamente, si canta e si balla.
Secondo il rito, in ognuna delle otto sere va acceso un lume. La lampada è formata da otto lumi più uno, detto “servitore” e viene solitamente sistemata davanti a una finestra o vicino alla porta d’entrata. Il primo giorno si accende una candela più quella centrale; il secondo giorno due più quella centrale; e via così per arrivare a nove. L’accensione va fatta al primo calare della sera, quando c’è ancora gente per strada, per rendere pubblico il miracolo che avvenne a quel tempo, e manifestare a tutti che gli ebrei riacquistarono miracolosamente la loro libertà e indipendenza culturale. Poiché è festa da condividere da qualche anno anche a Roma e Milano si accende un candelabro in piazza nella sera che inaugura la festività.