Ansa 

Il caso

Chiude l'unica moschea liberale d'Europa. “Troppe minacce di morte”

Giulio Meotti

La moschea inclusiva di Berlino, già nel mirino dell'Isis in passato, è stata costretta a chiudere le porte ai fedeli perchè minacciata dall'escalation di violenze in medio oriente

I musulmani moderati ci sono, ma non si trovano nei nostri salotti televisivi a parlare di pace e inclusione. Devono vivere protetti dalla polizia per evitare di diventare dei martiri moderati. Alla fine la “moschea liberale” Ibn Rushd-Goethe a Berlino ha annunciato la chiusura. “La situazione di pericolo ha ormai raggiunto una nuova dimensione ed è sempre più difficile continuare il nostro lavoro come prima”, annunciano. La moschea era stata chiusa temporaneamente pochi giorni fa a causa di un piano dello Stato islamico per attaccarla. Poi la decisione definitiva di Seyran Atesş, fondatrice della moschea descritta nei forum islamici come un “luogo di culto del diavolo”. “A questo punto vorremmo esprimere i nostri sinceri ringraziamenti alle autorità tedesche che, nonostante il pesante fardello, hanno localizzato e arrestato i jihadisti. Ma data l’attuale situazione di pericolo, non possiamo più continuare”. Nella moschea, donne, uomini e lgbt pregano insieme.  Atesş vive da molti anni sotto la protezione di sei agenti della polizia tedesca. Ates non è nuova alle minacce. Chiuse il suo studio legale a Kreuzberg, il quartiere turco di Berlino, sospendendo la collaborazione con i due consultori che offrivano assistenza alle donne musulmane dopo che, fuori dal metrò, venne aggredita dal marito di una cliente che voleva divorziare. Le gridò “hure!”, puttana.  Ates si è beccata anche una pallottola alla gola. 


I Lupi grigi turchi volevano mettere a tacere questa splendida dissidente islamica nata a Istanbul e cresciuta a Berlino. Ma il proiettile si fermò tra la quarta e la quinta vertebra di Seyran Ates, che ci ha messo cinque anni per riprendersi dall’attentato. Una settimana dopo l’inaugurazione della “moschea liberale” di Berlino, la stanza di preghiera era già vuota, col numero di fedeli pari al personale di sicurezza messo a loro protezione. Contro Ates sono arrivate fatwe dall’Egitto e dalla Turchia. “Ricevo trecento lettere di sostegno al giorno, ma tremila di minacce”, aveva detto Seyran Ates. Ates ha anche lamentato che i partiti tradizionali hanno “taciuto deliberatamente” sull’antisemitismo islamico.  Ates aveva raccontato la sua storia nel libro “Die große Reise ins Feuer” (il grande viaggio nel fuoco). Cronaca di un’evasione di una lotta civile e del viaggio in un mondo di cui pochi tedeschi sono a conoscenza, perché abbondano gli struzzi. Ates è il multiculti esibito dalle buone coscienze che prende di mira: il multiculturalismo e il relativismo, l’apertura culturale al “diverso” di cittadini disposti a tollerare la commistione di “violenza e sessualità, sesso e oppressione”. Come è stata aggredita Fatma Keser del Comitato studentesco dell’Università di Francoforte, rea proprio di essersi smarcata dalle proteste contro la conferenza sul velo. “Cagna”, “puttana” e “razzista” sono gli insulti che le sono stati rivolti. “L’accusa di razzismo anti islamico immunizza l’islam e i suoi simboli”, ha spiegato Keser, nata nel sud-est della Turchia, a Sanliurfa, e che dall’età di tre anni vive a Düsseldorf. 


Ma la moschea di Ates era incorsa non soltanto nelle ire islamiste, ma anche nel mirino dei progressisti. Il Soura Film Festival di Berlino, dedicato al cinema lgbt, aveva in programma un documentario sulla moschea Ibn Rushd-Goethe. Ma  Seyran Ates è stata accusata di “islamofobia” e così gli organizzatori hanno cancellato la conferenza sull’unica moschea in Europa che accoglieva donne senza velo e lgbt. A un’ora dalla proiezione, i responsabili della moschea hanno ricevuto una telefonata dal Festival: “Prendiamo le distanze dalle sue dichiarazioni islamofobe”. Seyran Ates aveva risposto: “L’incidente è un esempio di come parti della sinistra siano cieche di fronte al pericolo rappresentato dagli islamisti. Combattono le strutture patriarcali e le chiese. Ma quando si tratta di musulmani, improvvisamente diventano difensori di un islam conservatore, patriarcale e politico. Gli attacchi lgbt sono vergognosi”.
Gli stessi Lgbt che ora marciano al grido di “Queers for Palestine”?

 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.