Le bandiere sventolano davanti al Palais Grand-Ducale (GettyImages) 

editoriali

L'anomalia del Lussemburgo, che domenica va alle urne

La metà più produttiva del paese non ha diritto di voto (perché è straniera) e la politica non se ne cura

Domani gli elettori del Lussemburgo andranno alle urne nella quasi indifferenza europea. L’unico interrogativo è se il liberale Xavier Bettel riuscirà a conservare il posto di primo ministro oppure se i cristiano-sociali di Luc Frieden torneranno al governo dopo dieci anni. I sondaggi predicono gli stessi risultati del 2013 e del 2018: i cristiano-sociali in testa, davanti a socialisti, liberali e verdi. Questi ultimi tre partiti formano la coalizione di Bettel. Vanno tenuti d’occhio un partito di estrema destra (Alternativa riforma democratica) e una formazione populista stile M5s (il Partito pirata). Tutto si deciderà nei negoziati dopo la chiusura delle urne. I kingmaker saranno i socialisti guidati da Paulette Lenert, che potrebbe essere tentata dalla prospettiva di diventare premier. In ogni caso, la politica pro europea del Granducato non sarà messa in discussione.

  

Eppure le elezioni in Lussemburgo meriterebbero di essere seguite almeno per una ragione: metà degli abitanti non voterà. Non si tratta di astensione, ma del fatto che metà della popolazione non ha diritto di voto perché è straniera. In Lussemburgo vivono 660 mila persone, ma il 47,4 per cento di loro non ha la nazionalità. A non votare sono anche i 197 mila lavoratori transfrontalieri che arrivano ogni giorno da Francia, Germania e Belgio. E a essere esclusa dalle urne è la parte più produttiva del paese (gli stranieri rappresentano circa il 75 per cento dei lavoratori). Questo divario tra demografia ed elettorato provoca una grande anomalia politica. Le priorità tra le due metà del Lussemburgo sono molto diverse. I lussemburghesi, in gran parte funzionari pubblici, vogliono tutelare i loro privilegi e la classe politica li accontenta. Per gli stranieri, i problemi sono i prezzi delle case, l’istruzione e il traffico, ma non c’è nessuno a rappresentarli in Parlamento. Se la politica non ha alcun interesse a trattare i problemi della metà del paese che non può votare, una democrazia non è sana.

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