A cosa serviva la diga di Kakhovka e il rischio nucleare che non c'è per due motivi

Jacopo Giliberto

Come era avvenuto nell’agosto del 1941, per la seconda volta i russi hanno fatto esplodere una struttura sul Dnipro e hanno allagato l’Ucraina nel tentativo di ritardare una ritirata. Dall'Urss di Stalin al Vajont, quella delle dighe è una storia costellata da stragi

Di nuovo. Per la seconda volta i russi avrebbero fatto esplodere la diga sul Dnipro e hanno allagato l’Ucraina nel tentativo di ritardare una ritirata. Come era avvenuto nell’agosto del 1941, e fu una strage: chi dice 20 mila morti, chi 40 mila, chi più di 100 mila annegati. Ma lì non era la Federazione russa di Vladimir Putin; quella era l’Urss di Iosif Stalin. La diga fatta esplodere quel sabato 23 agosto 1941 non era la diga di Nova Kakhovka, realizzata negli anni 50, bensì la colossale diga di Zaporizhzhia, superba realizzazione del socialismo stalinista e della generosità tecnologica statunitense, l’opera dell’ingegno umano scolpita sulla pellicola in bianco e nero dal regista Dziga Vertov nel film “Tre canti su Lenin”, che nel 1934 non si chiamavano ancora docufilm. La diga di Nova Kakhovka distrutta nella notte fra il 5 e il 6 giugno è l’ultima, quella più a valle, del sistema di dighe lungo il Dnipro. I verbi che seguono sono espressi in modo indicativo tempo presente ma sarebbe meglio volgerli all’imperfetto o addirittura al passato remoto. 

 
La diga di Nova Kakhovka ha diverse funzioni. Produce corrente idroelettrica. Consente la bonifica della vasta foce del Dnipro nel Mar Nero, che presto probabilmente verrà di nuovo allagata a partire dai bassopiani che da Kherson portano alla foce nel Mar Nero e alle dune fitte e gialle di salsedine di Oleški, un’area naturale protetta. Tiene costante la disponibilità di acqua al porto fluviale di Kherson, qualche decina di chilometri più a valle della barriera.

Lo sbarramento della diga forma un grande lago a monte, lago il cui livello sta scendendo rapidamente. Il lago irriga le colture di una vasta parte dell’Ucraina centrale. Dal lago, subito a monte della diga, c’è la presa da cui preleva l’acqua il grande canale che disseta la Crimea, altrimenti secca, e il controllo di quella derivazione fu uno dei motivi dell’invasione russa. 

 
Dal lago formato dalla diga di Nova Kakhovka preleva le acque di raffreddamento la centrale nucleare di Zaporizhzhia a Energodar, sulla sponda controllata dai russi. Non è un rischio nucleare per due motivi. Primo, la centrale ha un bacino suo proprio di acque di raffreddamento, un lago nel lago isolato tramite un argine. Secondo motivo di riduzione del rischio: la centrale è in shutdown, cioè è tenuta al minimo tecnico, e quindi il suo fabbisogno di acque di raffreddamento è irrilevante.

  
Riavvolgendo il nastro della memoria fino all’estate del 1941. I tedeschi avanzavano veloci verso Kherson. Iosif Stalin in persona diede l’ordine: bisognava creare un vallo insormontabile d’acqua che fermasse l’avanzata tedesca. A Zaporizhzhia, con quel servilismo atroce che accomuna i servitori dei tiranni, i genieri non aspettarono che l’Armata rossa lasciasse Kherson e arretrasse su un nuovo fronte. Diedero l’innesco. Con la diga esplose il fiume, e il Dnipro trascinò nella sua onda migliaia di persone, migliaia di contadine con l’abito ricamato, migliaia di soldati dell’Armata rossa, migliaia di cittadini di Kherson. Tutti travolti dall’onda. Dicono che il Dnipro si colorò di rosso per il sangue.

  
La diga sul Dnipro a Zaporizhzhia era il punto più alto del programma del socialismo uguale soviet più elettrificazione. Venne costruita dove alcune rapide interrompevano la navigazione fluviale. Era un progetto statunitense con capitali statunitensi, tecnologie statunitensi. Direzione lavori agli ingegneri americani. Nell’ottobre 1932 la prima turbina cominciò a girare. Era una meraviglia dell’ingegno umano, attraverso derivazioni e sfioratori il socialismo realizzato domava la potenza del grande fiume. 

 
Otto anni dopo, nell’agosto del 1941, l’esercito di Hitler correva sui cingoli sulle ondulazioni lasciandosi alle spalle isbe incenerite e stragi di ebrei. Mosca inviò a Zaporizhzhia agenti del servizio segreto politico, l’Nkvd, quello che poi si sarebbe chiamato Kgb e oggi Fsb. La squadra guidata da Boris Epov e Aleksandr Petrovski aveva ricevuto da lui in persona l’ordine di distruggere subito la diga e allagare le terre per fermare l’avanzata nemica. L’avvicinarsi veloce dei tedeschi avrebbe potuto impedire e Epov e Petrovski di obbedirgli. Non vennero avvisate le autorità civili e militari. Via ai detonatori. L’esplosione avvenne la mattina di sabato 23 agosto, data simbolica perché era il secondo anniversario del patto Molotov-Ribbentrop che volle simulare l’eterna amicizia fra le due dittature tra le più feroci mai esistite.


La storia delle dighe è costellata da stragi. Il 1° dicembre 1923 alle sorgenti del torrente Gleno in alta Val di Scalve (Bergamo) una diga costruita malamente e approssimativamente crollò e uccise almeno 360 persone. Il 13 agosto 1935 a Molare, a monte di Ovada (Alessandria), in poche ore si rovesciò un nubifragio pari a un terzo delle piogge di un intero anno medio; una frana sbriciolò la diga; si contarono 111 morti. Il 2 dicembre 1959 la diga di Malpasset, nel dipartimento del Var, uccise 421 persone. Nell’ottobre 1963 la frana del Monte Toc nel bacino del Vajont provocò un’onda che uccise quasi duemila persone; la diga rimase intatta. E poi in Cina nel 1975 a Banqiao un’alluvione fece crollare, l’una dopo l’altra come tessere del domino, le 60 dighe lungo il corso del fiume; una parte delle dighe fu fatta saltare dai militari nel tentativo di ridurre i danni; 26 mila morti annegati e 145 mila vittime per le epidemie e le carestie che ne seguirono. In Brasile il disastro di Brumadinho (25 gennaio 2019) con 272 vittime fu dovuto al crollo di una diga di terra di un bacino minerario di decantazione, come a Tesero in Val di Stava (Trento) il 19 luglio 1985 uccise 268 persone.

  

Note
La diga stalinista venne riattivata nel Dopoguerra.
La strage fu inutile: la Wehrmacht non fu fermata dall’alluvione artificiale.

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