L'ultimo viaggio della regina Elisabetta
L’attesa, il saluto e i gadget al castello di Windsor, il rifugio più amato dalla sovrana
Windsor. L’ultimo saluto della nazione alla regina Elisabetta II è avvenuto nel luogo in cui tutto ha avuto inizio: Windsor Castle. Qui nel 1940 l’allora erede al trono, appena quattordicenne, pronunciò il suo primo discorso pubblico per dare fiducia ai suoi coetanei che, come lei, erano stati costretti a evacuare dopo l’inizio della Seconda guerra mondiale. E i sudditi riuniti lunedì 19 settembre al lato della Long Walk – dov’è terminata la processione alle quattro del pomeriggio – sono i primi a riconoscere il valore simbolico di Windsor Castle. Qui verrà sepolta la regina, nella cappella di St. George accanto a suo marito Filippo. “Questo luogo è una metafora della vita di Elisabetta II”, ripetono in molti. Ci sono i bei ricordi: qui ha imparato ad andare a cavallo da bambina, la sua grande passione; ha trascorso gli ultimi giorni con il Principe Filippo nel 2021. E ci sono momenti da dimenticare: l’incendio del castello nel 1992, simbolo dell’annus horribilis che ha visto andare in crisi i matrimoni dei figli della regina; gli anni della guerra, in cui Elisabetta e sua sorella Margaret andavano nelle prigioni sotterranee per mettersi al riparo dalle bombe. La musica nella messa pomeridiana alla cappella di St. George – dove sono sepolti anche re Giorgio VI, la regina madre, e la principessa Margaret – è stata composta da Sir William Harris, che pare abbia insegnato alla giovane Elisabetta a suonare il pianoforte. E’ un ritorno alle origini per la regina.
Non esiste luogo più adatto per dare l’ultimo saluto alla monarca di questa cittadina benestante che vive della sua royal connection, e in cui non c’è bar e ristorante che non faccia riferimento ai reali. In centro è impossibile fare due passi senza vedere il volto della regina. Nella strada che costeggia il castello ci sono decine di negozi che vendono ogni tipo di gadget – magliette, tazze, grembiuli, portachiavi con la faccia di Elisabetta – che però oggi sono semi vuoti, per la delusione degli esercenti.
Il luogo clou della giornata è Long Walk, la strada che conduce al castello dove si sono riunite migliaia di persone venute da tutto il mondo. Greg Burns, che vive a Milwaukee nel Wisconsin, si trova qui per sbaglio; mesi fa aveva prenotato una gita a Windsor proprio per oggi, non potendosi immaginare quello che sarebbe successo nel frattempo. “Spero di visitare il castello nei prossimi giorni”, dice Greg, che ironizza sul fatto che gli abitanti di Windsor sono talmente distratti dal grande evento che il suo albergo si è dimenticato di fare pulire la stanza.
Ai margini della Long Walk c’è un’atmosfera da picnic. Si vedono pochi abiti neri e tante tute, felpe, camicie a quadretti e perfino maglie da calcio (anche una della Juventus). I sudditi sono armati di seggiolini pieghevoli, zainetti da campeggio, tovaglie con il simbolo dello Union Jack dove si mangia, si gioca a carte e si cambiano pannolini. Nel sottofondo si sentono i solenni colpi di tamburo e di cannone che provengono dal maxischermo, da cui viene trasmessa in diretta la processione partita da Westminster Abbey, proseguita per Wellington Arch e che terminerà proprio qui. L’atmosfera si fa seria quando iniziano a intravedersi le guardie reali lungo il viale. Il carro funebre della regina – circondato dalle Grenadier Guards – passa sotto il silenzio tombale dei presenti, che tirano fuori i telefonini, applaudono, si alzano in piedi sui seggiolini e sollevano i figli. Il resto della famiglia reale – re Carlo III, i principi Anna, Andrea e Edoardo, oltre all’erede al trono William e suo fratello Harry – sono entrati in scena in un secondo momento, accompagnando la processione alla sua destinazione finale: la cappella di St. George, dove il feretro della regina è stato accolto da Muick and Sandy, i suoi amati cani corgi. Durante la messa, arriva uno dei momenti simbolo di questi giorni: la Corona, il globo e lo scettro della Regina vengono rimossi dalla bara. Si chiude un’era. “E’ qui la storia”, ripete un giovane che anziché tornare a casa va verso il maxi schermo, per non perdersi l’ultima messa.
tra debito e crescita