l'intervista

A Liz Truss serve la rapidità. Cosa si aspettano gli elettori inglesi

Gregorio Sorgi

La nuova premier inglese deve rispondere alla grande frustrazione dei Tory di essere al potere da dodici anni e di non aver fatto la rivoluzione conservatrice che molti si attendevano. Intervista al vicedirettore di ConservativeHome

Londra. Per Liz Truss la giornata di oggi è la quiete prima della tempesta. Domani verrà nominata premier della Regina a Balmoral, in Scozia, nel pomeriggio terrà il tradizionale discorso davanti al portone numero 10 di Downing Street e mercoledì presiederà il primo consiglio dei ministri, in cui sono attese delle misure immediate. Non si ricorda un altro primo ministro entrato a Downing Street in un momento di simile emergenza: la crisi energetica, il carovita, la guerra in Ucraina. I primi cento giorni saranno fondamentali per capire la statura politica di Truss, che in campagna elettorale ha detto quello che i militanti conservatori volevano sentirsi dire: un massiccio taglio delle tasse, nessun aumento delle impose sulle grande compagnie energetiche, e nulla di sensazionale per aiutare le famiglie che non riescono a pagare le bollette.

 

Per Henry Hill, il vicedirettore del sito ConservativeHome, la Bibbia dei 170 mila militanti Tory che hanno eletto la Truss, la neopremier è stata abile a porsi come la candidata della destra - “questo di solito ti porta a vincere le primarie” - pur non avendone le credenziali. Il suo rivale Sunak ha sostenuto il leave e lei il remain nel referendum sulla Brexit; Sunak era un conservatore di ferro fin da ragazzo, mentre lei è stata Lib-Dem e perfino repubblicana in età universitaria. “Ma Truss ha dato voce - spiega Hill - alla grande frustrazione nell’elettorato dei Tory per il fatto di essere stati al potere per dodici anni senza aver trasformato il paese in senso conservatore”. Gli attivisti sono stanchi di aspettare. Rishi Sunak ha detto loro che sarebbe stato prematuro tagliare le tasse, perché il paese non se lo può permettere. Truss invece ha “offerto  un messaggio reaganiano sulla necessità di tagliare le tasse subito, unito alla guerra al woke”, un altro cavallo di battaglia conservatore. Ma le promesse roboanti di Truss sopravviveranno allo scontro con la realtà?

 

E' inevitabile che la premier farà marcia indietro, quello che in Inghilterra si chiama “u-turn”. “C’è un fatto inevitabile - spiega Hill - Date le circostanze, per il governo sarà impossibile non intervenire per mitigare il carovita. La  domanda per Truss è come intervenire; come aiutare le famiglie senza erodere il sostegno politico. La chiave sarà agire tempestivamente, senza dare l’impressione di essere trascinata dagli eventi. Altrimenti gli elettori penseranno che sta agendo in ritardo”. Il discorso davanti a Downing Street sarà importante per capire fino a dove è disposta a spingersi la premier per aiutare le famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese. In campagna elettorale la ministra degli Esteri ha promesso che congelerà l’aumento delle tasse previsto sulle grandi aziende dal 19 al 25 per cento, e che cancellerà l’incremento dell’1,25 per cento di un’imposta che si applica a tutti i redditi. Per quanto popolari tra gli iscritti Tory, queste misure non daranno un grande aiuto al cittadino medio. Per questo, è prevista una manovra d’emergenza entro fine settembre, di cui ancora non si conoscono i contenuti. Una delle possibilità per il governo sarebbe finanziare le aziende energetiche per imporre un tetto al costo delle bollette, una misura che costerebbe dai cinquanta ai cento miliardi nel giro di tre anni. 

 

Secondo Hill, il problema di fondo della neopremier è che sta offrendo un drastico cambio di direzione al paese, pur non avendo un mandato popolare. “Johnson fu eletto nel 2019 promettendo un conservatorismo per la working class, incentrato sull’aumento della spesa pubblica. Truss invece propone un ritorno all’agenda conservatrice tradizionale post thatcheriana; vuole imprimere una svolta a destra sull’economia, nonostante i Tory non siano stati eletti per fare questo”. Alcuni osservatori sostengono che la Truss non resisterà alla tentazione di indire elezioni anticipate, come fece prima di lei un’altra premier Tory non eletta: Theresa May. “Non credo che questo scenario sia probabile perché la congiuntura economica è davvero brutta, e quando le cose vanno male gli elettori solitamente danno la colpa al governo. Tuttavia, molte persone vicine a Truss indicano che questo è ciò che potrebbe succedere: la premier cercherà di indurre una crescita nel breve termine nella speranza di rivincere nel 2024, pur con una maggioranza ridotta, e rimanderà le decisioni difficili nella seconda parte del decennio”. 

 

Un altro scenario fantapolitico di cui si parla a Westminster è che la Truss farà talmente male da premier che i Tory la faranno fuori prima delle elezioni, e si riaffideranno a Boris Johnson. Quanto è plausibile il ritorno dell’ex primo ministro? “A lui piacerebbe tornare e negli ultimi giorni da premier ha provato a riabilitare la sua immagine; e può darsi che i prossimi due anni saranno talmente terribili che in confronto la sua gestione non sembrerà così pessima. Ma il ritorno di Johnson è improbabile perché farebbe riemergere tutti gli scandali che lo hanno portato alle dimissioni. I sostenitori dell’ex premier non capiscono che ultimamente non si parla più di partygate proprio perché lui ha lasciato. Ma se lui rientrasse tornerebbe tutto come prima”. 

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