Il presidente Joe Biden con un gruppo di senatori tra cui Joe Manchin. Foto LaPresse 

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Biden è stretto tra i moderati e Sanders e le sue riforme perdono forma

Matteo Muzio

Il senatore democratico moderato Joe Manchin ha bocciato un disegno di legge enorme come il Build Back Better Act. Si rompe così la fragile unità al Senato. Le conseguenze potrebbero vedersi già alle elezioni di midterm 

C’erano grandi attese per un’azione climatica più incisiva da parte dell’Amministrazione del presidente americano Joe Biden, dopo che nel primo trimestre del 2021 erano passati provvedimenti significativi, come la cancellazione dell’oleodotto Keystone XL verso il Canada, la reintroduzione di molte delle normative ambientali abolite dal suo predecessore Donald Trump in ossequio a una concezione radicata nel Partito repubblicano che di fatto afferma che troppe regole, anche quando riguardano l’inquinamento, uccidono la vitalità dell’economia. Grazie alla collaborazione con una parte del gruppo al Senato, si era riusciti anche ad approvare all’interno della legge sul rinnovo delle infrastrutture qualche provvedimento dedicato alla riduzione delle emissioni. Rimaneva però aperto un punto dallo scorso dicembre 2021.  


Il senatore democratico moderato Joe Manchin, proveniente da uno stato conservatore come la West Virginia, ha bocciato un disegno di legge enorme come il Build Back Better Act, che nelle intenzioni dei promotori avrebbe dovuto trasformare l’America radicalmente, ivi compreso l’uso dell’auto a benzina. Il problema, nelle parole di Manchin, erano i costi: nel migliore dei casi pari a mille miliardi di dollari. Nessun problema, si disse allora: Manchin aveva segnalato al leader democratico al Senato Chuck Schumer la sua disponibilità a votare un disegno di legge ridotto che affrontasse la questione climatica, compresa la riduzione dell’estrazione di petrolio, gas e carbone, tema cruciale per chi come lui viene da uno stato con un rilevante settore minerari. Il 14 luglio scorso però Manchin ha annunciato la sua indisponibilità a un provvedimento qualsiasi che riguardi sia il clima sia un aumento delle tasse sui redditi più alti. 


Se dalla Casa Bianca non fanno drammi, dicendo che il presidente interverrà comunque con un piano di azioni esecutive entro l’anno, si è rotta la fragile unità al Senato, dove i democratici possono contare su 50 senatori che prevalgono grazie al tie-break della vicepresidente Kamala Harris (in un solo biennio il voto decisivo della vicepresidente è stato utilizzato 23 volte, un record). Il senatore Bernie Sanders, icona dell’ala radicale, si è scatenato: Manchin “ha sempre boicottato l’agenda del presidente”, ha detto, “non ci possiamo fidare di uno come lui”, finanziato da “venticinque miliardari repubblicani”.  Sanders dimentica però che, senza Manchin, gran parte delle leggi non sarebbe arrivata sulla scrivania del presidente, compreso il colossale American Rescue Act del marzo 2021, che ha contribuito, secondo le analisi di Morgan Stanley, a far esplodere l’inflazione fino al 9,1 per cento. 
Era dal 1980 che l’inflazione non raggiungeva simili livelli e il timore è che il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, voglia emulare il suo predecessore Paul Volcker con un cospicuo rialzo dei tassi d’interesse, che se allora mise un freno alla crescita incontrollata dei beni di prima necessità, consegnò anche il paese ai repubblicani di Ronald Reagan. Oggi l’alternativa, sospesa tra Donald Trump e l’aggressivo governatore della Florida Ron DeSantis, alfiere degli scontri culturali con i progressisti, sarebbe ancora peggiore dal punto di vista dei democratici e le buone notizie, come il fatto che Manchin abbia aperto alla possibilità di votare una legge per mettere un limite al prezzo dei farmaci e ad aumentare la copertura sanitaria dell’Obamacare, sono davvero poche. 


Non sfugge agli osservatori nemmeno il fatto che Manchin e Sanders incarnino bene le ali estreme del Partito democratico: da un lato quei moderati ex repubblicani ostili al trumpismo che però si preoccupano per il carico fiscale e l’inflazione, dall’altro quei progressisti urbanizzati che vedono un presidente poco incisivo sui temi dei diritti e troppo aperto al compromesso con i conservatori. Questo riduce il perimetro della coalizione che ha vinto le elezioni nel 2020 e che potrebbe avere conseguenze alle elezioni di midterm ben al di là della possibilità ridimensionata per i dem di incidere su clima, tasse e controllo della circolazione delle armi: vuol dire avere stati come il Wisconsin (scelto dai repubblicani come sede della loro convention 2024) con il processo elettorale controllato da trumpisti che credono alla bufala delle “elezioni rubate” a Trump. A Biden tocca un’ulteriore mediazione, che potrebbe comunque non portare a nulla. 
 

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