Cassidy Hutchinson (LaPresse)  

Quel che ha fatto Trump durante l'assalto del 6 gennaio. La testimonianza di Cassidy Hutchinson

La teste chiave, assistente del capo dello staff presidenziale, ha assistito di persona ai preparativi e all’organizzazione della Casa Bianca nel giorno in cui l’ex presidente ha tentato di ribaltare il trasferimento di potere a Biden

Pubblichiamo ampi stralci della testimonianza che Cassidy Hutchinson, assistente di Mark Meadows, chief of staff di Donald Trump, ha rilasciato il 28 giugno, durante le audizioni della Commissione del Congresso americano che indaga sui fatti del 6 gennaio. Liz Cheney, deputata repubblicana, è vicepresidente della Commissione. Bennie Thompson è un deputato democratico che fa parte della Commissione.  


   

 

Liz Cheney (LC): Nelle nostre prime cinque audizioni, la Commissione ha ascoltato un numero significativo di repubblicani, tra cui ex funzionari del dipartimento di Giustizia dell’Amministrazione Trump, funzionari della campagna, diversi membri dello staff della Casa Bianca del presidente Trump, un importante giudice conservatore e molti altri. La testimone di oggi, Cassidy Hutchinson, è un’altra repubblicana ed ex membro dello staff della Casa Bianca del presidente Trump.

 
Bennie Thompson (BT): La testimonianza di oggi è di Cassidy Hutchinson, ora presterò giuramento alla nostra testimone. Sappiamo che lei è stata inizialmente assunta come assistente, ma che è stata presto promossa a una posizione di maggiore responsabilità. Può spiegare il suo ruolo alla Commissione? 

 
Cassidy Hutchinson (CH): Da quando sono passata all’ufficio del chief of staff con Mark Meadows, nominato il quarto chief of staff dell’Amministrazione, è difficile descrivere una mia giornata tipo. Ero un’assistente speciale del presidente e consigliere del chief of staff. Le giornate dipendevano da cosa facesse il presidente quel giorno. Avevo moltissimi contatti con i membri del Congresso, e funzionari senior del gabinetto. 

 
BT: E poi ha ricevuto un’altra promozione a marzo 2020. In quel momento, è diventata la principale assistente del nuovo chief of staff della Casa Bianca Mark Meadows. E’ giusto?

 
CH: Giusto. 

 
BT: Quindi è corretto dire che grazie alla sua posizione, parlava regolarmente sia con i membri del Congresso sia con gli alti membri dell’Amministrazione Trump?

 
CH: E’ corretto. 

 
BT: E può dire che nel suo lavoro con Meadows, durante il giorno lei era regolarmente in contatto con lui e altri nella Casa Bianca? 

 
CH: E’ corretto. Io e Meadows eravamo in contatto costantemente durante il giorno.

 
BT: Nonostante nella West Wing della Casa Bianca accadano molte cose di grande importanza, è un edificio piuttosto piccolo. La sua scrivania si trovava nell’ufficio del capo di gabinetto, nel cuore della West Wing, tra l’ufficio del vicepresidente, l’ufficio di Jared Kushner (genero di Trump, ndr) e lo studio ovale. E’ una ricostruzione accurata della sua posizione? 

 
CH: E’ accurata. E’ molto più piccola di quanto sembri. 

 
BT: Bastano solo 5 o 10 secondi per percorrere il corridoio dal suo ufficio allo studio ovale. E’ giusto?

 
CH: Giusto. 

 
LC: Oggi inizieremo con uno scambio che ha fornito a Cassidy Hutchinson un senso tangibile dei piani in corso per gli eventi del 6 gennaio. Si ricorda il 2 gennaio 2021 Rudy Giuliani, avvocato del presidente Trump, incontrare Mark Meadows?

 
CH: Sì, lo ricordo. Ha incontrato Meadows la sera del 2 gennaio 2021.

 
LC: Sappiamo che quella sera lei ha accompagnato Giuliani fuori dalla Casa Bianca e che le ha parlato del 6 gennaio. Cosa ricorda di aver sentito?

 
CH: Quella sera, mentre io e Giuliani ci dirigevamo verso le auto, mi guardò e disse qualcosa come: “Cass, sei eccitata per il 6? Sarà un gran giorno”. Ricordo di averlo guardato dicendo: “Rudy, puoi spiegarmi cosa succederà il 6?”, lui rispose con qualcosa come: “Andiamo al Campidoglio. Sarà grandioso. Il presidente sarà lì. Sembrerà potentissimo. Sarà con i membri del Congresso. Sarà con i senatori. Parlane con il capo, parlane con il capo. Lui sa”. 

 
LC: E quindi è tornata indietro e ha riferito a Meadows della sua conversazione con Giuliani?

 
CH: Sì. Dopo che Giuliani quella sera ha lasciato l’edificio, sono tornata indietro nel nostro ufficio e ho trovato Meadows nel suo ufficio, sul divano. Stava al telefono. Ricordo di essermi appoggiata alla porta e di avergli detto: “Ho appena ricevuto una conversazione interessante con Rudy, Mark. Sembra che stiamo andando al Campidoglio”. Non alzò la testa dal telefono e disse qualcosa del tipo: “Ci sono molte cose in ballo, Cass, ma non lo so. Le cose potrebbero mettersi davvero molto male il 6 gennaio”. 

 

Cassidy Hutchinson (LaPresse)  
  
LC: Meadows non è venuto a testimoniare davanti a questa Commissione. Quale è stata la sua reazione quando le ha detto che le cose si sarebbero potute mettere molto male?

 
CH: Nei giorni precedenti il 2 gennaio, ero preoccupata per il 6. Avevo sentito parlare di piani per una manifestazione. Avevo sentito di potenziali movimenti verso il Campidoglio. Ma quando ho sentito parlare Rudy del 6 gennaio e poi la risposta di Mark, quella sera è stato il primo momento in cui ricordo di essermi sentita spaventata e nervosa per quello che avrebbe potuto succedere il 6 gennaio.

 
LC: Ora passiamo ad alcune informazioni disponibili prima del 4 gennaio e a ciò che l’Amministrazione Trump e il presidente sapevano della potenziale violenza prima del 6 gennaio. Sullo schermo vedrete una mail ricevuta dal vice procuratore generale ad interim Richard Donoghue il 4 gennaio dalla divisione di Sicurezza nazionale del dipartimento di Giustizia. Donoghue ha testimoniato la scorsa settimana. La mail indica un’apparente pianificazione da parte di coloro che sono venuti a Washington il 6 gennaio per, cito, occupare edifici federali e discutere di, cito, invadere l’edificio del Campidoglio. I servizi segreti degli Stati Uniti stavano esaminando informazioni simili e osservando le manifestazioni previste. Infatti, la loro divisione di intelligence aveva inviato diverse mail al personale della Casa Bianca, come il vice chief of staff Tony Ornato e il capo della protezione del presidente Robert Engel, includendo alcuni materiali che elencavano eventi come quelli sullo schermo. La Casa Bianca ha continuato a ricevere aggiornamenti sulle manifestazioni programmate, comprese informazioni riguardanti i Proud Boys che stavano organizzando e pianificando di partecipare agli eventi del 6 gennaio. Il 3 gennaio, la polizia del Campidoglio ha emesso una valutazione. In quel documento, aveva notato che i Proud Boys e altri gruppi avevano in programma di essere a Washington il 6 gennaio e aveva indicato che, cito, a differenza delle precedenti proteste post elettorali, gli obiettivi dei sostenitori pro Trump non sono necessariamente contro protestanti come in precedenza, ma piuttosto, l’obiettivo del 6 gennaio è il Congresso stesso. Lei ha anche descritto un breve incontro tra Ornato e Meadows sulle possibilità di violenza. L’incontro è avvenuto il 4 gennaio. Lei ci ha anche riportato segnalazioni di violenza e di armi che i servizi segreti hanno ricevuto la notte del 5 gennaio e per tutta la giornata del 6 gennaio. E’ corretto?

 
CH: E’ corretto.

 
LC: Ci sono segnalazioni secondo cui la polizia di Washington avrebbe arrestato diverse persone con armi da fuoco o munizioni a seguito di un’altra manifestazione pro Trump in Freedom Plaza la sera del 5 gennaio. Ricorda di aver sentito qualcosa di queste notizie?

 
CH: Sì.

 
LC: Naturalmente oggi il mondo sa che le persone che hanno attaccato il Campidoglio il 6 gennaio possedevano diversi tipi di armi. Quando un presidente parla, solitamente i servizi segreti chiedono ai presenti di passare attraverso i metal detector, noti come magnetometri, o Mags. La Commissione ha appreso che le persone che sono entrate volontariamente nell’area chiusa per il discorso del presidente Trump sono state controllate per poter partecipare al comizio all’Ellipse (il parco a sud della Casa Bianca). Avevano armi e altri oggetti che sono stati confiscati: spray al peperoncino, coltelli, tirapugni, taser, giubbotti antiproiettile, maschere antigas, manganelli, armi contundenti. E queste erano solo le persone che hanno scelto di passare attraverso la sicurezza per l’evento del presidente all’Ellipse, non le diverse migliaia di persone che si sono rifiutate di passare attraverso i varchi e hanno assistito dal prato vicino al Washington Monument. La commissione è venuto a conoscenza di rapporti provenienti dall’esterno dei magnetometri, e ha ottenuto trasmissioni radio della polizia che identificano individui con armi da fuoco, tra cui AR-15, vicino all’Ellipse la mattina del 6 gennaio. AR-15 tra la 14esima e la Independence. Come avete visto in quelle mail, il primo rapporto che abbiamo mostrato, e che ora sappiamo essere stato inviato alle 8 del 6 gennaio, parlava di persone tra la folla che indossavano caschi balistici e giubbotti antiproiettile, che trasportavano apparecchiature radio e zaini di tipo militare. Il secondo rapporto che vi abbiamo mostrato sullo schermo è stato inviato dai servizi segreti alle 11 e riguardava la segnalazione di un uomo con un fucile vicino all’Ellipse. Nella sua precedente testimonianza ci aveva descritto un incontro alla Casa Bianca attorno alle 10 del mattino del 6 gennaio che coinvolgeva il chief of staff Meadows e Tony Ornato. Lei era presente a quell’incontro?

 
CH: Sì.

 
LC: Quale fu la reazione di Meadows a quella lista di armi che la gente aveva in mezzo alla folla?

 
CH: Quando io e Tony quella mattina siamo andati a parlare con Mark, Mark era seduto sul suo divano e al telefono – scena tipica. Ricordo che Tony si mise subito al lavoro. Disse: “Scusa, volevo solo informarti. Questo è il numero di persone che abbiamo fuori dai Mags ora”. Queste sono le armi che avremo. E’ possibile che abbia elencato altre armi che non ricordo. E gli diede una spiegazione breve ma concisa, ma anche abbastanza approfondita. E ricordo molto bene che Mark non alzò lo sguardo dal suo telefono. Ricordo Tony finire la sua spiegazione e che Mark ci mise qualche secondo a dire il suo nome. Perché stavo per dire: “Mark, l’hai sentito?”. E poi Mark ha risposto. Disse una cosa del tipo: “Va bene, c’è altro?”, mentre guardava ancora il telefono. Tony mi guardò e io guardai Tony e disse: “No, signore. Ha qualche domanda?”, E lui: “Stai sentendo qualcosa?”. Io guardai Tony e dissi: “Le ha appena raccontato quello che stava succedendo ai raduni”. E lui disse: “Sì, sì. Lo so”. Poi alzò lo sguardo e chiese: “Hai parlato con il presidente?”. E Tony rispose: “Sì. E’ al corrente”. E lui ha detto: “Va bene. Bene”.
LC: Ha chiesto a Tony se avesse informato il presidente?

 
CH: Sì.
 

LC: E Tony ha risposto di sì. Quindi le risulta che il signor Ornato abbia parlato al presidente delle armi al raduno della mattina del 6 gennaio?
 

CH: E’ quello che mi riferì Ornato.
 

LC: Ora mostreremo uno scambio di messaggi tra lei e Ornato. In un messaggio lei scrive: “Ma la folla è bella da questo punto di vista. Finché riusciamo a fare l’inquadratura. Era furioso”. Può dirci, prima di tutto, chi è che era furioso nel messaggio?
 

CH: Colui a cui mi riferivo nel messaggio era il presidente.
 

LC: E perché era furioso?
 

CH: Era furioso perché voleva che l’arena che avevamo sull’Ellipse fosse al massimo della capienza per tutti i partecipanti. Gli avevano riferito che le Mags fossero a flusso libero. Tutti coloro che volevano entrare erano già entrati. Ma lui era comunque arrabbiato per lo spazio libero e voleva che entrassero più persone.
 

LC: E lei è andata alla manifestazione con il corteo presidenziale?
 

CH: Ero lì, sì, nel corteo.
 

LC: E si trovava nel backstage con il presidente e altri membri del suo staff e della sua famiglia?
 

CH: Sì. Quando eravamo nella tenda dell’area annunci fuori scena dietro il palco, era molto preoccupato per l’inquadratura, cioè per la fotografia che avremmo ottenuto, perché c’erano spazi liberi.  E riteneva che a causa delle Mags non fossero entrati tutti. Ma un’altra ragione principale, e probabilmente la ragione principale, è che voleva che lo spazio fosse pieno ed era arrabbiato perché non facevano passare le persone con le armi, quelle che i servizi segreti considerano armi e che sono armi. Ma quando eravamo nella tenda fuori dal palco, ho partecipato a una conversazione – ero nelle vicinanze di una conversazione in cui ho sentito il presidente dire qualcosa del tipo: “Sapete, non me ne frega niente che abbiano delle armi. Non sono qui per fare del male a me. Portate via quei dannati Mags. Fate entrare la mia gente. Possono marciare verso il Campidoglio da qui. Fate entrare la gente. Portate via quelle dannate Mags”. 
 

LC: Quando dice che c’erano dei problemi di ordine, intende dire che le forze al Campidoglio avevano bisogno di più persone per difendere il Campidoglio dai rivoltosi?
 

CH: Stava diventando chiaro a noi e ai servizi segreti che gli agenti della polizia del Campidoglio stavano per essere sopraffatti dalle barricate di sicurezza fuori dall’edificio del Campidoglio. E stavano per finire le persone in grado di difendere l’edificio dai rivoltosi.
   

   

LC: E lei ha accennato al fatto che Ornato gliel’avesse comunicato perché voleva che lo dicesse a Meadows. Quindi ha detto a Meadows che la folla si stava avvicinando al Campidoglio e che la polizia del Campidoglio avrebbe avuto delle difficoltà?
 

CH: Dopo la conversazione con Ornato, sono andata a parlare con Meadows. In quel momento si trovava in un veicolo protetto per fare una telefonata. Quando mi sono avvicinata all’auto, sono andata ad aprire la portiera per avvisarlo e lui l’ha chiusa immediatamente. Non so con chi stesse parlando. Non era una cosa che faceva regolarmente, soprattutto quando mi avvicinavo per dargli informazioni. Sono rimasta un po’ sorpresa, ma non ci ho pensato molto e ho pensato che sarei riuscita a parlare con lui qualche istante dopo.

 
LC: Ed è riuscita a parlargli qualche istante dopo?
 

CH: Direi circa 20-25 minuti dopo. 
 

LC: E quando è finalmente riuscita a dare a Meadows le informazioni sulla violenza in Campidoglio, qual è stata la sua reazione?
 

CH: Quasi non ha reagito. Ricordo che ha detto: “Bene”, qualcosa del tipo: “Quanto tempo resta al presidente per questo discorso?”
 

LC: Era a conoscenza delle preoccupazioni espresse dal consigliere della Casa Bianca Pat Cipollone o dall’avvocato del presidente Eric Herschmann riguardo al linguaggio usato dal presidente Trump nel suo discorso all’Ellipse?
 

CH: La mattina del 6 ci sono state molte discussioni sulla retorica del discorso di quel giorno. Nelle mie conversazioni con Herschmann, mi riferì che sarebbe stato sciocco includere le parole che erano state inserite su richiesta del presidente, con frasi del tipo: “Combattiamo per Trump. Andremo in marcia al Campidoglio. Sarò lì con voi. Combattete per me. Combattete per quello che stiamo facendo. Combattete per il movimento. Anche per quanto riguarda il vicepresidente”. Sia Herschmann sia l’ufficio legale della Casa Bianca avevano esortato gli autori del discorso a non includere quelle parole per questioni legali e anche per le conseguenze di ciò che il presidente avrebbe voluto fare quel giorno.

 

LC: Torniamo ora al piano del presidente di andare in Campidoglio il 6 gennaio. Sappiamo che il consigliere della Casa Bianca Pat Cipollone era preoccupato per le implicazioni legali e ha concordato con i servizi segreti che era meglio che il presidente non andasse. Lei ha parlato con Cipollone delle sue preoccupazioni riguardo al fatto che il presidente si recasse in Campidoglio il 6 gennaio?
 

CH: Il 3 gennaio, Cipollone si è rivolto a me sapendo che Mark aveva sollevato l’ipotesi di andare in Campidoglio il 6 gennaio. Io e Cipollone abbiamo avuto una breve conversazione in cui mi ha detto che dovevamo fare in modo che questo non accadesse. Dal punto di vista legale era terribile per noi. Avremmo avuto seri problemi legali se fossimo andati al Campidoglio quel giorno. E poi mi ha esortato a continuare a riferire tutto a Meadows, perché mi risulta che Cipollone pensasse che Meadows stesse spingendo per andare a Capitol Hill assieme al presidente.
 

LC: Ci risulta che lei abbia parlato con Cipollone anche la mattina del 6, mentre stava per andare alla manifestazione all’Ellipse e Cipollone le ha detto qualcosa come: assicurati che lo spostamento al Campidoglio non avvenga. E’ corretto?
 

CH: E’ esatto. Ho visto Cipollone proprio prima di uscire quella mattina, e ha detto qualcosa del tipo: per favore, assicurati che non andiamo in Campidoglio, Cassidy. Tieniti in contatto con me. Verremo accusati di tutti i crimini possibili e immaginabili se andiamo lì.
 

LC: Si ricorda di quali reati si preoccupava Cipollone?
 

CH: Nei giorni precedenti il 6, abbiamo avuto conversazioni su intralcio alla giustizia o brogli nel conteggio elettorale.
 

LC: Nei giorni precedenti al 6 gennaio e il 6 gennaio stesso, il presidente Trump ha espresso a diversi collaboratori della Casa Bianca la volontà di andare in Campidoglio dopo il suo discorso.  Quando il presidente ha detto che sarebbe andato in Campidoglio durante il suo discorso all’Ellipse, i Servizi segreti si sono affannati per trovare il modo per farlo andare. Quando Trump ha lasciato il palco all’1:10, il suo staff sapeva che i manifestanti avevano invaso il palco inaugurale e la Polizia del Campidoglio stava chiamando tutti gli agenti disponibili. Quando il leader dei repubblicani al Congresso Kevin McCarthy ha sentito il presidente dire che stava andando al Campidoglio, ha chiamato lei, non è vero?
 

CH: Esatto.
 

LC: Ci parli di quella telefonata.
 

CH: Ero ancora nella tenda dietro il palco. Quando si è dietro il palco, non si riesce a sentire quello che succede davanti. Così, quando McCarthy mi ha chiamato, ho risposto. Sembrava frettoloso, ma anche frustrato e arrabbiato con me. Ero confusa perché non sapevo che cosa avesse appena detto il presidente. Poi mi ha spiegato che il Trump aveva appena detto che avrebbe marciato verso il Campidoglio. Per tutta la settimana mi hai detto che non sareste venuti qui. Perché mi hai mentito? Ho detto che non gli avevo mentito, non saremmo andati al Campidoglio. E lui: be’, è quel che ha appena detto sul palco, Cassidy. Cerca di capire cosa succede. Non venire qui. Gli ho detto che avrei controllato e che gli avrei mandato un messaggio. Posso assicurarti che non verremo al Campidoglio, abbiamo già preso questa decisione, ho detto. Ha insistito un po’: mi credeva ma il presidente aveva appena detto il contrario. Dopo di che abbiamo chiuso la conversazione telefonica. Ho chiamato Ornato per riconfermare che non saremmo andati in Campidoglio, cosa che era anche nei nostri messaggi. Ho inviato a McCarthy un altro messaggio in cui gli dicevo che non saremmo andati in Campidoglio e lui non ha risposto. LC: Passiamo ora a ciò che è accaduto nell’auto del presidente quando i servizi segreti gli hanno comunicato che non sarebbe andato in Campidoglio dopo il suo discorso. 
 

CH: Quando sono tornata alla Casa Bianca, sono salita al piano superiore e ho notato Ornato fuori dall’ufficio. Mi ha fatto rapidamente cenno di entrare nel suo ufficio, che era proprio di fronte al mio. Quando entrai, chiuse la porta e notai Bobby Engel, che era il capo della sicurezza di Trump, seduto su una sedia, con l’aria un po’ disorientata e un po’ smarrita. Ho guardato Tony e lui mi ha detto: “Hai sentito cosa è successo nella Bestia (l’auto presidenziale)? Ho detto: “No, Tony, sono appena tornata”. Che cosa è successo? Tony ha detto che quando il presidente è salito sull’auto, ha avuto l’impressione da Meadows che fosse ancora possibile e probabile andare a Capitol Hill, ma che Bobby avesse più informazioni. Quindi, una volta salito sul veicolo con Bobby, il presidente ha pensato che stessero andando al Campidoglio. E quando Bobby gli ha riferito che non ci sarebbero andati, che non era sicuro, che sarebbero tornati alla West Wing, il presidente ha reagito in modo molto duro, molto arrabbiato.
 

Tony lo ha descritto furioso. Il presidente disse qualcosa del tipo: “Sono il cazzo di presidente, portatemi subito in Campidoglio”, al che Bobby aveva risposto: “Dobbiamo tornare alla Casa Bianca”. Il presidente si è avvicinato alla parte anteriore del veicolo per afferrare il volante. Il signor Engel gli aveva allora afferrato il braccio e detto: “Signore, deve toglierele la mano dal volante. Stiamo tornando alla West Wing. Non stiamo andando al Campidoglio”. Trump ha poi usato la mano libera per attaccare Bobby Engel. E Ornato, quando mi ha raccontato questa storia, ha indicato le sue clavicole.
 

LC: Engel era presente nella stanza mentre Ornato le raccontava questa storia?
 

CH: Sì.
 

LC: Engel ha corretto o smentito questa ricostruzione?
 

CH: Engel non ha corretto né smentito nessuna parte della storia.
 

LC: Engel o Ornato le hanno mai detto che ciò che Ornato aveva appena detto era falso?
 

CH: Né Ornato né Engel mi hanno mai detto che era falso.
 

LC: Quel giorno il presidente Trump non si è recato in Campidoglio. Ci risulta che abbia incolpato Mark Meadows per questo. L’alterco fisico nell’auto presidenziale non è stata la prima volta che il presidente si è arrabbiato per questioni legate alle elezioni. Il primo dicembre 2020, il procuratore generale Bill Barr ha dichiarato in un’intervista che il dipartimento di Giustizia non aveva trovato prove di brogli sufficienti a cambiare l’esito delle elezioni. Come reagì il presidente alla notizia?
 

CH: Nel momento in cui ho capito che l’articolo in questione era stato pubblicato, ricordo di aver sentito un rumore provenire dal corridoio. Così ho fatto capolino nell’ufficio. Ho visto il valet che si dirigeva verso il nostro ufficio: “Portate il capo in sala da pranzo, lo vuole il presidente”. Così Mark andò in sala da pranzo e tornò in ufficio qualche minuto dopo. Dopo il ritorno di Mark, uscii dall’ufficio e scesi in sala da pranzo; notai che la porta era aperta e che il cameriere era dentro la sala da pranzo a cambiare la tovaglia. Mi fece cenno di entrare e mi indicò la parte della stanza vicino alla mensola del camino e alla tv, dove notai che c’era del ketchup che colava sul muro e un piatto di porcellana in frantumi sul pavimento. Il cameriere mi disse che il presidente si era molto arrabbiato per l’intervista del procuratore generale e aveva lanciato il pranzo contro il muro, e lui stava ripulendo. Così presi un asciugamano e iniziai a pulire il succo di frutta dal muro per aiutarlo. E lui disse qualcosa del tipo: “E’ davvero furioso per questa cosa. Per il momento starei alla larga da lui. E’ molto, molto arrabbiato”.
 

LC: E questo è stato l’unico caso di cui è a conoscenza in cui il presidente ha lanciato dei piatti?
 

CH: No.
 

LC: Ricorda altri casi in cui il presidente ha manifestato la sua rabbia in sala da pranzo?
 

CH: Ci sono state diverse volte in cui mi sono accorta che lanciava i piatti o rovesciava la tovaglia perché quel che c’era sul tavolo finisse sul pavimento e si rompesse o andasse dappertutto.
 

LC: Prima di passare a ciò che Hutchinson ha visto e sentito alla Casa Bianca durante il violento attacco al Campidoglio del 6 gennaio, parliamo di alcune comunicazioni che il capo dello staff della Casa Bianca Mark Meadows ha avuto il 5 gennaio. Un collaboratore del presidente, Roger Stone, ha partecipato a comizi nel pomeriggio e la sera del 5 gennaio a Washington. Il 5 e il 6 gennaio Stone è stato fotografato con diversi membri degli Oath Keepers, che presumibilmente fungevano da scorta. Stone ha invocato il Quinto emendamento davanti a questa commissione. Anche il generale Michael Flynn si è appellato al Quinto emendamento davanti a questa commissione. Il presidente Trump ha graziato il generale Flynn poche settimane dopo le elezioni presidenziali e nel luglio 2020 ha commutato la pena che Roger Stone doveva scontare. La sera prima del 6 gennaio, il presidente Trump ha incaricato il suo capo di gabinetto Mark Meadows di contattare sia Roger Stone sia Michael Flynn in merito a ciò che sarebbe accaduto il giorno successivo. Le risulta che il presidente Trump abbia chiesto a Mark Meadows di parlare con Roger Stone e il generale Flynn il 5 gennaio?
 

CH: E’ corretto. E’ quello che ho capito.
 

LC: E le risulta che il signor Meadows abbia chiamato il signor Stone il 5?
 

CH: Ho l'impressione che il signor Meadows abbia telefonato sia a Stone sia al generale Flynn la sera del 5.
 

LC: Le risulta che Giuliani, Eastman e altri abbiano allestito quella che è stata definita,cito, una war room al Willard Hotel la sera del 5?
 

CH: Ne ero a conoscenza la notte del 5.
 

LC: E sa se Meadows aveva intenzione di andare al Willard Hotel la notte del 5?
 

CH: Meadows ha avuto una conversazione con me in cui voleva che collaborassi con i servizi Segreti per spostarsi dalla Casa Biasca al Willard Hotel in modo da  poter partecipare alla riunione o alle riunioni con Giuliani e i suoi collaboratori nella war room.
 

LC: Mentre i rivoltosi cantavano di impiccare Mike Pence, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha detto che “Mike se lo merita” e che i manifestanti non stavano facendo nulla di male. L'opinione del presidente Trump secondo cui i rivoltosi non stavano facendo nulla di male e che “Mike se lo meritava” ci aiuta a capire perché il presidente non ha chiesto ai rivoltosi di lasciare il Campidoglio per diverse ore. Infatti, ha pubblicato un tweet alle 14:24. Lei ricorda di aver visto questo tweet, in cui il presidente diceva che il vicepresidente non aveva il coraggio di fare ciò che andava fatto?
 

CH: Sì.
 

LC: Qual è stata la sua reazione quando ha visto questo tweet?
 

CH: Come collaboratrice che ha sempre lavorato per rappresentare l’Amministrazione al meglio delle mie capacità e per mostrare le cose buone che aveva fatto per il paese, ricordo di essermi sentita frustrata e delusa, e di averlo sentito come un fatto personale. Ero davvero triste. Come americana, ero disgustata. Era antipatriottico. Era antiamericano. Stavamo guardando l’edificio del Campidoglio deturpato a causa di una bugia, ed è stato qualcosa che è stato davvero difficile da digerire in quel momento, sapendo quello che avevo sentito in corridoio e le conversazioni che stavano avvenendo. Vedere quel tweet e sapere cosa stava accadendo al Congresso è qualcosa che ancora – faccio fatica a elaborare le emozioni che ne derivarono.
 

LC: Nelle nostre precedenti interviste, le abbiamo chiesto cosa i consiglieri del presidente lo esortassero a fare durante l’attacco. Lei ha descritto  tre diversi schieramenti all’interno della Casa Bianca quel giorno. Ce ne può parlare?
 

CH: C’era un gruppo di persone che lo esortava caldamente a intraprendere un’azione immediata e rapida. Classificherei l’Ufficio del Consiglio della Casa Bianca, Herschmann, Ivanka Trump tra le persone che si sono adoperate per indurlo ad agire e lo hanno supplicato di farlo. C’era poi un gruppo più neutrale, in cui i consiglieri cercavano di mantenere la linea, sapendo che Trump non voleva  agire subito e condannare le rivolte, ma sapendo che bisognava fare qualcosa. E poi c’era  l’ultimo gruppo, che ha cercato di dare la colpa ad altri. Diamo la colpa agli Antifa. Questa non è la nostra gente. Mi risulta che il signor Meadows facesse parte della categoria “sviare e incolpare”, ma alla fine ha preso una strada più neutrale, sapendo che diversi consiglieri della cerchia del presidente lo esortavano a intraprendere un’azione più incisiva.
 

LC: Lei ci ha detto che l’Ufficio del Consiglio della Casa Bianca era nel campo che incoraggiava il presidente a dire ai rivoltosi di fermare l’attacco e di lasciare il Campidoglio. Ivanka Trump voleva che suo padre mandasse a casa la gente?
 

CH: Mi risulta di sì.
 

LC: Alle 16.17, Donald Trump ha finalmente detto ai rivoltosi di andare a casa e che li amava. Ma come mostreremo in modo ancora più dettagliato nelle prossime udienze, Donald Trump era riluttante a trasmettere questo messaggio e non è riuscito a condannare l’attacco. Alle 15:31 del 6 gennaio, Sean Hannity di Fox News ha inviato un messaggio a Mark Meadows: “Può rilasciare una dichiarazione? Ho visto il tweet. Chiedi alla gente di lasciare il Campidoglio”. Più tardi, in serata, Hannity ha inviato un altro messaggio a  Meadows. Questa volta ha condiviso un link a un tweet. Il tweet riportava che i segretari di gabinetto di Trump stavano considerando di invocare il 25esimo emendamento per rimuovere il presidente Trump dall’incarico. Il 25esimo emendamento della Costituzione crea una procedura per la transizione del potere nel caso in cui un presidente sia inadatto o incapace di svolgere il suo incarico. Il 25esimo emendamento non è mai stato utilizzato per rimuovere un presidente. Ma la commissione ha appreso che, dopo l’attacco al Campidoglio, i membri del gabinetto del presidente Trump ne hanno discusso come un modo per togliere a Donald Trump i pieni poteri della presidenza. Lei ci ha detto di aver sentito parlare di discussioni relative al 25esimo emendamento. All’interno della Casa Bianca i consiglieri del presidente, compresi i membri della sua famiglia, volevano che tenesse un discorso al paese. Il viceconsigliere della Casa Bianca Pat Philbin ha preparato la prima bozza, che ha condiviso con  Cipollone, anche lui convinto che il presidente dovesse dire di più. Cipollone era d’accordo con il contenuto, così come  Herschmann, che ha rivisto la bozza. La commissione ha appreso che il presidente non era d’accordo con il contenuto della bozza e si è opposto all’idea di tenere un discorso. Lei ricorda le discussioni sul discorso del Presidente del 7 gennaio?
 

CH: Sì.
 

LC: Alla fine il presidente ha pronunciato il discorso. Un’altra osservazione: lei ha sentito che a un certo punto il presidente Trump ha voluto aggiungere una frase sulla grazia per coloro che hanno preso parte alla rivolta del 6 gennaio?
 

CH: L’ho sentito, e mi risulta che anche Meadows abbia incoraggiato questa frase.
 

LC: Rudy Giuliani ha mai suggerito di essere interessato a ricevere la grazia presidenziale per il 6 gennaio?
 

CH: L’ha fatto.
 

LC: Mark Meadows ha mai detto di essere interessato a ricevere la grazia presidenziale per il 6 gennaio?
 

CH: Meadows ha chiesto la grazia, sì.

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