Ketanji Brown Jackson (Tom Williams/Pool via AP) 

Brown Jackson, favorita per la Corte Suprema, ritratta da un insider

Matteo Muzio

Dopo il ritiro del giudice Stephen Breyer bisogna riflettere sulla sua eredità giuridica. Lo abbiamo fatto assieme al professor Kermit Roosevelt, docente di diritto e membro della commissione per la Riforma istituita da Biden

Quando un giudice della Corte Suprema americana si dimette, l’attesa sui possibili successori si concentra in genere sulle preferenze del presidente in carica e su quanto questo impatterà sulla composizione della Corte e sulle future sentenze. Dopo il ritiro di Stephen Breyer, in carica dal 1994, invece, bisogna riflettere sulla sua eredità giuridica. Lo abbiamo fatto assieme al professor Kermit Roosevelt, docente di diritto all’università della Pennsylvania e membro della commissione per la Riforma della Corte Suprema istituita da Joe Biden nell’aprile 2021, e nipote di un altro Kermit che in una foto del 1916 è ritratto nelle braccia di suo nonno, il presidente repubblicano Teddy Roosevelt. Parlando di Breyer, lo definisce come un giudice “equo, moderato e rispettoso delle prerogative del Congresso. Secondo la sua filosofia il potere giudiziario non deve interferire più di tanto col potere legislativo. Per quanto riguarda il suo rapporto con l’esecutivo, crede che in generale faccia il pubblico interesse. E quindi i suoi provvedimenti vadano intaccati il meno possibile”.

 

Questa impostazione, raccontata nel suo libro del 2005 “Active Liberty”, spesso l’ha messo a confronto con molti commentatori progressisti: ad esempio Mark Joseph Stern del magazine online Slate lo ha definito “incapace di affrontare l’estrema destra della Corte”. Per Roosevelt questo non è assolutamente vero, anzi: “Ci sono due modi per essere considerati efficaci. Da un lato scrivere delle opinioni dissenzienti pugnaci e che attaccano gli originalisti, ed è quello che fa spesso il giudice Sonia Sotomayor. C’è poi il modo di Breyer che è quello di tessere una tela per avere un’opinione maggioritaria o quantomeno per mitigare la volontà degli originalisti”. 

  
Il suo successore, con tutta probabilità sarà molto simile: Roosevelt fa il nome di Ketanji Brown Jackson, classe 1971, confermata lo scorso giugno 2021 nella Corte d’Appello di Washington D.C. con i voti di tutto il gruppo dem con l’aggiunta delle senatrici moderate Susan Collins e Lisa Murkowski e, sorprendentemente, del trumpiano Lindsey Graham. Brown Jackson, spiega Roosevelt, “si ispira alle idee di Breyer: era nel suo staff di collaboratori legali nel biennio 1999-2000”. Soltanto che “in una società polarizzata come quella attuale, non credo che Brown Jackson userebbe un approccio così pragmatico: a volte prenderebbe in prestito lo stile combattivo di Sotomayor. Semplicemente sono cambiati i tempi”.

 

Pur ammettendo che ci sono altre candidature di livello, come il presidente della Corte Suprema della California Leondra Kruger, sono poche le donne afroamericane come Brown Jackson nelle Corti d’Appello, e tramite la portavoce Jen Psaki, Joe Biden ha confermato di voler rispettare la sua promessa fatta il 15 marzo 2020 in un dibattito con Bernie Sanders.

  
Quindi c’è una scelta ovvia che ha anche dimostrato di avere i voti al Senato, elemento non da poco in un gruppo dove ogni singola defezione può costar caro. C’è anche un’esperienza di prima mano di Roosevelt, che al tempo della collaborazione di Ketanji Brown con Breyer era  nello staff del giudice David Souter: “Ricordo una persona straordinaria, aperta di vedute e molto intelligente, quindi credo che sarebbe una scelta eccellente”. Per quanto riguarda invece l’equilibrio della Corte, Roosevelt pensa che sia necessario aumentarne il numero per bilanciare l’attuale preponderanza conservatrice di 6 giudici e 3, che la nuova nomina non intaccherà, lo ha scritto in editoriale su Time il 10 dicembre 2021 e lo ha affermato all’interno della commissione che, secondo lui, non approderà a nulla.

 

“Nonostante la necessità di riforme, è difficile che i dem abbiano la forza politica necessaria per attuarle. Non accadrà nemmeno nel prossimo decennio, in caso di nuova presidenza democratica con doppia maggioranza alla Camera e al Senato. Troppo controversa”. Ci provò un lontano parente del professor Roosevelt, nel 1937, il presidente Franklin Delano Roosevelt, che tentò di portare il loro numero a 15 e nonostante un’ampia maggioranza dovette ritirare il piano per un’opposizione traversale. Un’ampia maggioranza che non sarà a disposizione dei democratici nel prossimo biennio, né nel prossimo decennio. Di sicuro però, conclude Roosevelt, “la nomina di un nuovo giudice liberal concede un po’ di entusiasmo ai democratici che sono scoraggiati dalle ultime battute d’arresto dell’agenda di Joe Biden”.