negli stati uniti

In America si sciopera moltissimo. Ci sono almeno due ragioni

Luciana Grosso

Nel paese occidentale tra i meno sindacalizzati si sta verificando un'intensa ondata di scioperi. E' cambiata la consapevolezza che i lavoratori hanno di sé, del proprio lavoro e del proprio tempo. E, anche all'interno dell'opinione pubblica e della politica, il ruolo delle rappresentanze è visto con sempre maggior favore

Lo chiamano “Striketober”, è il nome coniato da Alexandria Ocasio-Cortez per definire l’ondata di scioperi che, nelle ultime settimane, sta spazzando da est a ovest gli Stati Uniti – migliaia di lavoratori, di decine di categorie diverse, sono in sciopero. Anche se cambiano i settori, le ragioni della protesta sono comuni: tutti chiedono salari più alti, orari meno stringenti, migliori piani pensione e soprattutto sistemi di assicurazione sanitaria più generosi.

Per questo, solo nelle ultime settimane, hanno scioperato i 1.400 lavoratori degli stabilimenti americani di Kellogg’s; i 10 mila di John Deer (la casa produttrice di trattori e macchine agricole che è il più grande datore di lavoro in Iowa e i cui dipendenti non scioperavano dal 1935); centinaia di infermiere e lavoratori del gigante della sanità Kaiser Permanente e migliaia di lavoratori di piccole e medie attività sparsi per tutti gli stati (il database della Cornell University ha contato 169 scioperi di varie dimensioni dall’inizio del 2021). Un lungo elenco a cui presto potrebbero aggiungersi anche le circa 60 mila maestranze di Hollywood o, tra gli altri, i lavoratori dei campus della Columbia University e di Harvard. 

Così, visto che scioperi e proteste negli Stati Uniti non sono frequenti e visto che, solo sei mesi fa, la proposta di far entrare il sindacato in uno stabilimento di Amazon dell’Alabama è stata sonoramente bocciata da un referendum tra i lavoratori, viene naturale chiedersi cosa stia succedendo nel mondo del lavoro americano, e come sia possibile che, in un paese decisamente poco sindacalizzato (circa il 10 per cento dei lavoratori è iscritto a una Union) e avvezzo alla estrema flessibilità del lavoro, si stia verificando questa ondata di scioperi.

Le possibilità sono due: o sono peggiorate le condizioni di lavoro o è aumentata la consapevolezza che i lavoratori hanno di sé, del proprio lavoro e del proprio tempo. Siccome la prima ipotesi è vera solo in rari casi (anzi è vero il contrario e i salari sono leggermente aumentati negli ultimi mesi), è vera la seconda. I mesi del Covid hanno reso palese quanto ogni lavoro sia inserito in un sistema più ampio che funziona solo se ogni ingranaggio funziona. Questa consapevolezza della propria non rinunciabilità ha dato ai lavoratori un potere contrattuale nuovo, cui si è aggiunta la valorizzazione del tempo e della salute la cui non negoziabilità è stata resa quasi tridimensionale dalla pandemia. Non solo: ora che la pandemia sembra (quasi) finita, la ripresa si è presentata sotto forma di crescita dei consumi; consumi per soddisfare i quali, a oggi, non c’è manodopera sufficiente. E dunque, visto che la legge base del mercato dice che è la domanda a fare il prezzo, ora i lavoratori sanno che c’è in giro molta domanda e di conseguenza hanno alzato il prezzo. 

Un’altra spiegazione possibile per lo striketober ha a che fare con la politica e con il clima, singolarmente sinistrorso, che si respira a Washington. Non solo, e non tanto, perché Joe Biden ha più volte detto di avere a cuore le istanze di sindacati e sindacalisti (“Sarete sempre i benvenuti nella mia Casa Bianca”, ha detto alle Unioni sindacali lo scorso 8 ottobre), o perché l'attuale segretario al Lavoro, Marty Walsh, è stato in passato un sindacalista, ma soprattutto perché a sostenere i sindacalisti c’è l’ala più sinistrorsa del partito democratico (quella di Bernie Sanders e Ocasio-Cortez, per intenderci) dei cui voti e del cui sostegno Biden ha bisogno per portare avanti la sua agenda.

“Le condizioni di oggi sono le migliori che potessimo desiderare”, ha dichiarato Liz Shuler, presidente dell’Afl-Cio, la principale sigla americana, in un discorso al National Press Club: “L’Amministrazione e il Congresso sono a favore dei lavoratori”. Lo è anche l’opinione pubblica americana, in genere piuttosto neghittosa dinanzi alle richieste sindacali: un sondaggio Gallup pubblicato all’inizio di luglio ha mostrato che il 68 per cento degli americani approva i sindacati, il valore più alto registrato da anni, di molto superiore al 48 per cento del 2009 durante gli spasimi della grande recessione. Inoltre, tra un anno circa si vota per le elezioni di mid-term e  le campagne per le presidenziali non si fermano praticamente mai. Joe Biden ha visto, sia nel 2016 sia nel 2020, quanto il voto operaio possa fare la differenza. E vuole che lo faccia anche nel 2022 e nel 2024.

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