Beirut al buio

Arriva la fase più dura del collasso libanese

Daniele Raineri

Il governo appena insediato è costretto a togliere i sussidi, vuol dire che ci sarà ancora meno carburante a prezzi ancora più alti e impossibili per i libanesi normali 

Ieri il governo del Libano ha alzato il prezzo del carburante per la seconda volta nel giro di una settimana. Ed è soltanto una tappa di mezzo che porta verso altri aumenti disastrosi che arriveranno a settembre. Un pieno di benzina già adesso costa quanto lo stipendio minimo legale in Libano e tra poco diventerà ancora più caro, con conseguenze molto pesanti sulle vite delle persone. Ma è un aggiustamento inevitabile perché per molti anni il governo aveva sussidiato il prezzo del carburante per farlo pagare di meno ai libanesi. Lo schema funzionava così: il Libano importava dall’estero e metteva sul mercato a un prezzo inferiore, la differenza era pagata grazie alle casse dello stato. Ora lo schema non regge più per colpa della crisi economica cominciata diciannove mesi fa che ha svuotato le casse e tutti i prezzi dei beni importati dall’estero – quindi l’ottanta per cento di quelli consumati, perché il Libano produce pochissimo in casa – subiscono un generale riaggiustamento. E’ anche un ritorno alla verità per uno stato che fino all’anno scorso manteneva a un livello artificiosamente alto e poco realistico il tasso di cambio con il dollaro. Il governo del neo primo ministro Najib Mikati, che ha giurato lunedì dopo tredici mesi di paralisi politica e di rimpalli tra i partiti, ha questo ruolo sacrificale: prendere le decisioni realistiche che i governi precedenti non hanno mai voluto nemmeno discutere. 

La verità è però orribile. Il carburante adesso è così costoso da rendere molti spostamenti, che prima erano normali, fuori portata per i libanesi normali. La produzione di elettricità va a singhiozzo perché si basa sul carburante e di sera le città sono buie. Inclusa la capitale Beirut, che un tempo era chiamata la Parigi del medio oriente per le sue luci e la sua vita notturna. Chi può si arrangia con i generatori elettrici, che però consumano carburante e quindi sono diventati anch’essi troppo costosi da far funzionare. Chi vuole acquistare carburante e può affrontare il prezzo proibitivo in ogni caso ha difficoltà a trovarlo perché scarseggia e ci sono code lunghissime ai distributori – quelli rimasti ancora aperti, perché molti hanno chiuso. Il governo ha accusato alcuni grossisti di avere fatto incetta di carburante e di averlo nascosto perché tutti sanno che il prezzo non farà altro che aumentare e quindi chi sa aspettare avrà un guadagno ulteriore assicurato. 

Per riuscire a gestire la crisi, che non riguarda soltanto il carburante ma anche cibo e medicinali, il governo del Libano ha annunciato la distribuzione ai cinquecentomila libanesi più poveri di tessere del valore di 125 dollari ciascuna per acquistare quello che vogliono. E’ una manovra per decretare la fine ufficiale del regime dei sussidi, che era molto più dispendioso e però aiutava in modo sproporzionato i ricchi invece che i poveri. Erano loro grazie alla maggior capacità di acquisto a comprare i beni sussidiati in misura maggiore. Chi è più ricco compra più carburante per la sua automobile e quindi per paradosso riceveva più soldi dallo stato rispetto ai poveri. Le tessere invece dovrebbero andare soltanto alla fascia di popolazione che ne ha più bisogno, il budget per l’operazione è di 556 milioni di dollari. 

La questione economica è soltanto un aspetto della crisi, perché il Libano si regge su un intreccio complicato e pericoloso di alleanze. Tra i partiti il più potente è Hezbollah, che è anche una milizia armata con migliaia di uomini capace di combattere una guerra e prende ordini dall’Iran. Hezbollah sta importando carichi di carburante dall’Iran in violazione delle sanzioni internazionali. L’ambasciatore americano in Libano, Dorothy Shea, ha annunciato un piano che prevede l’arrivo di gas e di carburante a buon prezzo da Egitto e Giordania, anche passando per la Siria – l’Amministrazione Biden farà un’eccezione alle sanzioni contro la Siria che in teoria renderebbero impossibile il transito e quindi il piano di soccorso. La Siria ci guadagna una prima, vistosa crepa nell’isolamento causato dalla guerra civile . C’è competizione fra blocchi internazionali, perché il Libano, che già era molto condizionato dall’esterno, non è mai stato così vulnerabile alle interferenze da fuori. 

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)