La crisi afghana

Il Pakistan dice sì al G20 sull'Afghanistan. Parla l'ambasciatore

Giulia Pompili

Il rappresentante diplomatico in Italia, Jauhar Saleem, ci dice: è una buona idea, ma "per modalità e tempi, spetta al governo italiano, in qualità di presidente del G20, decidere"

L’ambasciatore del Pakistan in Italia, Jauhar Saleem, dice al Foglio che la recente visita in Pakistan del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, parte di una missione regionale dedicata all’Afghanistan, è stata “molto produttiva. Ha incontrato il primo ministro Imran Khan e ha avuto un confronto dettagliato con il suo omologo Shah Mahmood Qureshi”. 


“Il ministro Di Maio ha apprezzato il sostegno che il Pakistan ha fornito alla comunità internazionale per l’evacuazione del personale dall’Afghanistan e ha concordato sulla necessità di un impegno continuo con l’Afghanistan per sostenere il popolo afghano in questo momento critico”, dice al Foglio l’ambasciatore. Il Pakistan è il paese più coinvolto nella situazione afghana, per vicinanza geografica e anche per la storia delle relazioni tra i due paesi: va da sé che la missione di Di Maio era anche volta ad assicurarsi il sostegno di Islamabad nel progetto del governo Draghi, che ha la presidenza del G20, di organizzare una riunione straordinaria sull’Afghanistan.

 

Ma il Pakistan parteciperà o no? “Il G20 è un forum importante e l’idea di un summit speciale del G20 sull’Afghanistan è piuttosto opportuna”, dice l’ambasciatore. “C’è un’iniziativa per invitare il Pakistan a tale vertice che crediamo possa fornire un’utile opportunità per discussioni produttive sull’evoluzione di un approccio comune sull’Afghanistan. Per quanto riguarda le modalità e i tempi, spetterebbe al governo italiano, in qualità di presidente del G20, decidere”.  Una decisione, a quanto pare, ancora in discussione. Uno degli obiettivi fondamentali di questo approccio coordinato e internazionale riguarda i rifugiati: “Sappiamo tutti cosa è successo quando un paio di milioni di rifugiati siriani sono entrati in Europa. Si venne a creare una situazione di panico con diverse implicazioni politiche per molti paesi. Quindi capiamo che l’Europa non sarebbe in grado di accettare nessun profugo dall’Afghanistan se ci fosse un grande esodo. Questo è uno dei tanti motivi per cui abbiamo insistito con la comunità internazionale affinché rimanga impegnata con l’Afghanistan, in modo da poter fornire l’assistenza umanitaria ed economica di cui il paese ha un disperato bisogno. Questo potrebbe aiutare a prevenire una situazione di enorme pressione migratoria”. E in caso di pressione migratoria, il Pakistan sarebbe pronto a dare una mano? “Abbiamo sostenuto milioni di rifugiati dall’Afghanistan negli ultimi decenni. Anche ora abbiamo circa 4 milioni di rifugiati afghani in Pakistan”, dice l’ambasciatore Saleem.

 

 

“Il nostro non è un paese ricco, ma non abbiamo mai deportato con la forza nessuno dei rifugiati e vogliamo vedere un ritorno dignitoso.  Per quanto riguarda altri rifugiati dall’Afghanistan, per ora non vediamo nuovi flussi. E speriamo che la situazione non ne giustifichi nessuno. Vogliamo vedere pace e stabilità in Afghanistan in modo che nessuno debba lasciare le proprie case e cercare rifugio in un altro paese”. Eppure il coinvolgimento di Islamabad nella situazione politica afghana è abbastanza evidente, il capo dell’intelligence, Faiz Hameed, si è fatto fotografare a Kabul qualche giorno fa: “Sono state diffuse molte speculazioni sulla visita del generale. Abbiamo molteplici canali di comunicazione con l’Afghanistan e questo non è insolito. Molti altri paesi hanno tali canali di interazione con la leadership talebana e nella situazione attuale è importante avere i canali aperti”. Durante la recente evacuazione del personale e dei cittadini da Kabul, spiega l’ambasciatore, questo sistema “ha aiutato molto e può aiutare a colmare le lacune nella comunicazione che molti paesi stanno incontrando a causa della mancanza di canali diplomatici formali con la leadership talebana”. Uno di questi paesi che ha stabilito un canale di comunicazione con i talebani è di sicuro la Cina: “Stiamo lavorando con tutti gli amici e partner per promuovere la pace e la stabilità nella nostra regione”, dice l’ambasciatore. “La Cina è un paese molto importante e un grande amico del Pakistan. Siamo partner in progetti di connettività. Continueremo a lavorare con la Cina per i nostri obiettivi comuni di promozione della connettività e dello sviluppo e daremo il benvenuto ad altri paesi per unirsi ai nostri sforzi”. 

 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.