Il gollista nel pollaio

Mauro Zanon

C’è chi cerca spazio fuori dai Républicains e chi aspetta l’outsider, chi sbanda e chi recupera il baricentro. L’affollamento a destra per le presidenziali in Francia si è fatto selvaggio, ma nessun candidato convince granché

Dal prossimo weekend si inizia a fare sul serio nella famiglia della destra gollista, perché è l’ora della rentrée, mancano meno di nove mesi al primo turno delle presidenziali, e bisogna trovare un candidato che faccia dimenticare la pessima figura del 2017, quando François Fillon fu travolto dal “Penelopegate” e costretto ad abbandonare mestamente i suoi sogni di gloria. La missione non è semplice per i Républicains (Lr), il partito che fino al 2015 si chiamava Ump, perché c’è un grande traffico di aspiranti presidenti: in molti sono convinti di avere la stoffa per riscattare il gollismo, ferito da anni di scandali e umiliazioni elettorali. Nonostante le reticenze della direzione di Lr, si proverà a convergere su un nome al termine delle primarie che si terranno in autunno: i principali pretendenti, Valérie Pécresse, Bruno Retailleau, Michel Barnier e Philippe Juvin, si sono riuniti lo scorso 20 luglio e hanno trovato un accordo per un’“azione collettiva”, secondo le loro parole, volta a far emergere un unico candidato attorno a cui gli altri si raggrupperanno.

Il problema è che non tutti vogliono partecipare a questo sistema di designazione. A partire da Xavier Bertrand, il ribelle di Lr che, forte della sua rielezione alla presidenza degli Hauts-de-France lo scorso giugno e dei sondaggi che lo indicano come il candidato più apprezzato dall’elettorato gollista, non ha intenzione di scendere nell’arena per partecipare a un altro “gioco al massacro”, come accadde nel 2016 con Fillon, Sarkozy e Juppé. “Le primarie non mi riguardano, voglio un contatto diretto con i francesi”, ha dichiarato lunedì ai microfoni di Europe 1. Bertrand, ex ministro del Lavoro di Sarkozy e alfiere del gollismo sociale, ha ufficializzato a marzo la sua candidatura alle presidenziali, prima di tutti i suoi potenziali rivali, ha inanellato gli spostamenti di campagna quest’estate, ma non organizzerà nessuna rentrée a differenza dei suoi ex compagni di partito (pur rimanendo nell’area gollista, ha stracciato la tessera nel dicembre 2017, quando Laurent Wauquiez, anima sovranista e conservatrice di Lr, è stato eletto presidente e ha iniziato a flirtare con l’estrema destra di Marine Le Pen, leader del Rassemblement national).

Il 56enne nato a Châlons-sur-Marne, tuttavia, vuole essere onnipresente sul campo mediatico, con interviste di ampio respiro come quella rilasciata domenica scorsa al Journal du dimanche, in cui ha promesso di “tendere la mano” agli altri candidati e di aprire le maglie della sua squadra per l’Eliseo “a tutti i talenti”. La cavalcata solitaria di Bertrand, il suo atteggiamento da primo della classe e il suo rifiuto di “sporcarsi le mani” nella sfida delle primarie irritano molto i concorrenti gollisti. “Il miglior modo per tendere la mano è rispettare la regola del gioco collettivo. Se non c’è un unico candidato di destra dinanzi a Emmanuel Macron e Marine Le Pen non vinceremo”, ha reagito su Rtl Valérie Pécresse, che ha sciolto la riserva quest’estate, ufficializzando la sua candidatura all’Eliseo e confermando allo stesso tempo la sua partecipazione alle primarie.

L’ex ministra dell’Università di Sarkozy e attuale presidente dell’Île-de-France, ossia della regione di Parigi (è stata rieletta a giugno per un secondo mandato battendo l’agguerrita unione delle sinistre), crede di avere molte più chance del suo principale rivale e ha un’altissima idea di sé. Sul Point, la scorsa settimana, ha detto di essere “per due terzi come Angela Merkel e per un terzo come Margaret Thatcher”, e quando le hanno chiesto che cos’è il “pécressismo” ha risposto così: “Una buona dose di autorità, una buona dosa di libertà e una parte importante di giustizia. Sono al baricentro delle tre destre che descriveva René Rémond. E’ per questo motivo che ero a mio agio quando l’Rpr, l’Udf e Démocratie libérale hanno fondato l’Ump. Volevo che queste tre destre si ritrovassero nella stessa famiglia”. Anche lei, come Bertrand, è un elettrone libero del gollismo, senza tessera Lr, perché spera di allargare il suo elettorato oltre gli steccati del partito che fu di Sarkozy. Quest’estate, Valérie ha girato la Francia in lungo in largo con in testa le presidenziali, e sabato 28 agosto, a Brive-la-Gaillarde, nella Corrèze, dipartimento che ha già sfornato due presidenti della Repubblica come Jacques Chirac e François Hollande, si terrà il meeting di rentrée del suo movimento: Libres!. Sarà l’occasione per esporre i suoi progetti per la nazione e smarcarsi dai suoi diretti concorrenti, vantando la sua esperienza di ministra e di amministratrice della regione più potente di Francia.

Lo stesso giorno, i Républicains organizzeranno la loro università estiva a La Baule, una delle baie più belle del paese: Valérie, in segno di “rassemblement” con il suo ex partito, interverrà in collegamento da Brive-la-Gaillarde. A La Baule, saranno invece presenti di persona un candidato dichiarato, il medico Philippe Juvin, sindaco di La Garenne-Colombes finito sotto i riflettori durante la crisi sanitaria con i suoi esercizi di pedagogia su tutti i canali di informazione; uno appena annunciato,  l’ex negoziatore della Brexit per l’Unione europea Michel Barnier, che ha appena terminato il suo “tour de France” ed è convinto di poter “riunire i talenti della destra e del centro”; e un candidato potenziale, che aspetta ancora qualche giorno prima di pronunciare la celebre formula “je suis candidat à la présidentielle”: il capogruppo dei senatori Lr Bruno Retailleau, erede di François Fillon e su posizioni liberal-conservatrici.

Laurent Wauquiez, attuale presidente della regione Auvergne-Rhône-Alpes, ha esitato fino all’ultimo. Era l’unico tra i concorrenti gollisti a poter magnetizzare i voti di Marine Le Pen con i suoi modi muscolari e la sua retorica securitaria, anti islam e anti immigrazione: insomma, a produrre quell’“unione delle destre” che tanti sognano nei milieux conservatori, persuasi che sia la sola via percorribile per riprendersi l’Eliseo. Ma alla fine, dopo una lunga riflessione, ha deciso di “non aggiungere ulteriore divisioni alle divisioni” della destra gollista e di non partecipare alle primarie di partito, dunque di non lanciarsi nella corsa per il gradino più alto della République. “Essere candidato alle elezioni presidenziali, è una decisione che si prende non perché si ha semplicemente voglia di esserlo, bensì perché è un momento in cui, nel profondo, ci si sente capaci di riunire il proprio campo politico e allo stesso tempo di riunire i francesi. Per quanto mi riguarda, questo momento non è ancora arrivato”, ha scritto ieri Wauquiez in un lungo messaggio sul suo account Facebook.

“Per ridare speranza a una Francia in declino”, secondo le sue parole, sarà invece candidato alle primarie golliste Éric Ciotti, deputato delle Alpi-Marittime e portabandiera della linea cristiano-identitaria di Lr. Soprannominato “Monsieur Sécurité” per le sue ossessioni securitarie, l’ex sarkozysta di ferro riunirà sabato a Nizza i suoi aficionados per una “grande serata repubblicana”. A capo della prima sezione Lr per numero di militanti, Ciotti non scalda comunque i cuori oltre il suo feudo sudista. In tutto, dunque, potrebbero essere cinque i candidati a queste “primarie selvagge”, come le ha definite il Monde. Ma potrebbe esserci ancora una sorpresa, un settimo candidato, l’outsider che non ti aspetti: il sindaco di Cannes David Lisnard, che a giugno ha fondato il suo movimento, Nouvelle Energie, e sgomita per far valere le sue idee nel grande imbottigliamento della destra gollista. I tentennamenti finiranno presto perché le scadenze si fanno pressanti.

Il prossimo 30 agosto, i Républicains lanceranno infatti un’indagine qualitativa con l’aiuto dell’istituto Ifop, per valutare l’immagine e la capacità dei vari candidati di incarnare i valori della famiglia gollista sulla base delle risposte di 15mila militanti Lr. Chi è il candidato nella posizione migliore per battere Emmanuel Macron o Marine Le Pen nel 2022? Chi è il più adatto per riformare la Francia o per affrontare una crisi? Sono queste le domande a cui risponderanno gli elettori della droite. Poi, il 25 settembre, si terrà il congresso nazionale dei Républicains, entro novembre verranno organizzate le primarie da cui uscirà il candidato interno, e se Xavier Bertrand continuerà per la sua strada una selezione naturale tra il vincitore delle primarie e il presidente della regione Hauts-de-France avverrà a gennaio sulla base dei sondaggi di popolarità, assicurano gli insider di Lr.

In pochi, in realtà, credono a questa ipotesi. La maggior parte, oggi, scommette su uno scenario catastrofico con i due principali cavalli della destra gollista, Bertrand e Pécresse (data come favorita per vincere le primarie) presentarsi con liste separate nell’aprile del 2022. “Esseri stati eliminati nel 2017 al primo turno delle elezioni presidenziali quando si fa parte del partito del generale de Gaulle, inventore di queste elezioni, e non essere presenti al secondo turno per due volte consecutive, rappresenterebbe probabilmente la fine della formazione gollista”, ha commentato su Europe 1 il politologo Dominique Reynié. Per il direttore del think tank liberale Fondapol, anche in caso di primarie, “non basterà un nome” per poter radunare gli elettori gollisti. “Nessun nome oggi è autorevole a tal punto da poter suscitare la speranza senza dire nulla. A destra non c’è una figura che, per il suo carisma, abbia la forza di spingere l’elettorato a votarla”, secondo Reynié. Il politologo ritiene fondamentale “il contenuto del progetto” che verrà difeso dal candidato vincitore per scongiurare il duello annunciato Macron-Le Pen.

“Serviranno parole forti, programmi chiari, proposte di rottura. Se ci sarà un dibattito tecnico condotto da personalità che non hanno molto carisma, non accadrà granché”, assicura Reynié. Dall’Eliseo, Macron osserva la baraonda gollista con grande interesse. Lo spezzatino a destra, favorito anche dalla sua operazione di seduzione rivolta ai liberali delusi di Lr, è infatti il miglior scenario per l’attuale presidente della Repubblica. Nei sondaggi di popolarità, inoltre, il favorito Bertrand non riesce ad andare oltre il 18 cento di intenzioni di voto al primo turno delle presidenziali (Macron e Le Pen viaggiano tra il 24 e il 26 per cento), e la sua popolarità tra i militanti della droite, secondo l’ultima rilevazione del quotidiano Les Echos, è in calo di 19 punti percentuali. Per Dominique Reynié, se Lr vuole vincere nel 2022, “dovrà superare la sua tendenza all’autodistruzione”.