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Editoriali

Sembra il 2015

Redazione

Per l’Ue la crisi afghana è l’ultima di una serie di occasioni perse sui migranti

C’è una costante fra tutte le crisi dei migranti che hanno interessato l’Europa dal 2015 a oggi. E’ l’impreparazione cronica e la gestione emergenziale con cui l’Ue ha affrontato le ondate di arrivi. L’ultimo capitolo della crisi afghana non fa eccezione. Paesi divisi, incertezze sull’ospitalità da dare ai profughi in fuga dai talebani, perplessità sul fronte della sicurezza, un generale senso di preoccupazione per i possibili risvolti elettorali per un’eventuale apertura dei confini. Un refrain che prosegue uguale a se stesso da anni e che Politico Europe ha fotografato in un dato: le parole allarmate pronunciate mercoledì scorso dal commissario agli Affari interni dell’Ue, Ylva Johansson, sembrano scritte con la carta carbone replicando la dichiarazione diffusa dopo il Consiglio Ue dell’8 luglio scorso. Morale: la caduta di Kabul, nell’aria da settimane, destava preoccupazione fra i paesi europei già da un mese almeno. Passi avanti compiuti nel frattempo nella gestione dei profughi: zero. Oltre ai soliti, sterili appelli a un sistema di quote di accoglienza, parola che dalle parti dei paesi di Visegrád non vogliono nemmeno sentire pronunciare, si pensa ad accordi estemporanei con Pakistan, Iran e Turchia – che verosimilmente non vorranno saperne di ospitare altri disperati, visto che in questi anni di guerra non hanno fatto altro. Già, perché oltre alle stime dei profughi che potrebbero arrivare in futuro – si parla di circa mezzo milione di persone in fuga, chissà attraverso quale paese, visto che i confini sono per lo più sbarrati dagli stati confinanti – ci dimentichiamo di chi è già arrivato nell’Ue in questi anni (nel 2019 quella afghana era la nazionalità di appartenenza più numerosa fra quelle dei migranti irregolari giunti in Europa) e si è visto negare il visto. Si tratta di circa 290 mila profughi giunti negli ultimi 12 anni e che ora, vista la situazione in Afghanistan, andrebbero regolarizzati. Uno stallo insopportabile le cui responsabilità ricadono ancora, integralmente, sui singoli stati membri. Chissà che la crisi afghana contribuisca a innescare un cambio di rotta. 

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