Fame di elettricità

Daniele Raineri

La continuità energetica era scontata, da New York al Mediterraneo non è più così. Avanza la normalizzazione del blackout (e la cosa per adesso non ci riguarda)

Il Texas ha chiesto agli abitanti di consumare meno energia elettrica per evitare blackout – a febbraio in ampie zone dello stato americano l’energia elettrica era mancata per tre giorni di seguito durante una eccezionale tempesta di neve e decine di persone rimaste senza riscaldamento elettrico erano morte assiderate. Adesso i consumi si alzano per il caldo, ma la scarsità di energia è rimasta quella di prima. Il vicegovernatore Dan Patrick ha appena firmato un editoriale intitolato: “Il Texas ha bisogno di più energia elettrica adesso”. Anche la California ha chiesto agli abitanti di limitare i consumi, perché la corrente elettrica disponibile non basta per tutti. E da due giorni anche il sindaco di New York ha chiesto ai cittadini di consumare meno corrente elettrica – le istruzioni dicono: spegnere o abbassare i condizionatori e gli elettrodomestici, altrimenti la griglia non riuscirà a soddisfare le richieste e tocca razionare. Il valore delle azioni della Generac, la più grande fabbrica di generatori elettrici diesel degli Stati Uniti, negli ultimi due anni è aumentato di otto volte perché c’è tantissima richiesta, molti americani non tollerano le interruzioni di energia e vogliono un generatore. C’è fame di energia e l’inizio dell’estate e i picchi di calore senza precedenti mettono in crisi le reti dei fornitori. Ieri in Iraq non c’è stata corrente elettrica per un giorno mentre la temperatura esterna saliva sopra i 48 gradi e il capo dell’Agenzia internazionale per l’energia ha parlato di “catastrofe” (il caldo distrugge il cibo deperibile). In Libano da molte settimane la corrente arriva soltanto per cinque ore al giorno. Ma è un problema un po’ dappertutto, anche se si manifesta in gradazioni diverse. Dal primo giorno di luglio in Italia la bolletta della luce è aumentata del dieci per cento.

 

Ora, ci sono spiegazioni diverse per la mancanza di energia in tutti i luoghi citati. In Iraq lo Stato islamico ha fatto saltare trenta tralicci nelle ultime quattro settimane perché fa anche una “guerriglia economica” contro il governo di Baghdad e così rende la vita difficile a una griglia di distribuzione irachena che già è molto lontana dalla perfezione. New York ha votato per la chiusura di una centrale nucleare a nord della città e ora si scopre a corto di energia. La California fa molto affidamento sull’idroelettrico ma la siccità di quest’anno lascia ferme le turbine – la Cambogia ha lo stesso problema con l’idroelettrico, che ha deciso di risolvere con un ritorno precipitoso alle centrali a carbone, cosa che i californiani non vogliono fare. I casi singoli però fanno da spia per un problema più generale. Sono posti che vanno in crisi prima perché sono più vulnerabili di altri, ma il motivo di fondo è che le reti non riescono a fare fronte al livello più alto di consumi quando arriva il caldo. Uno dei pilastri più scontati del funzionamento degli stati moderni, la continuità dell’energia elettrica, è meno forte di quanto siamo abituati a pensare. E sappiamo che eventi climatici che un tempo consideravamo eccezionali, come i picchi di calore o le tempeste di neve in Texas, potrebbero diventare più frequenti e assestare colpi poderosi a quel pilastro. Urgono aggiustamenti. 
 

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)