Céline Gauer, la garante del Recovery

Micol Flammini

La funzionaria francese che piace molto ai frugali è a capo della task force che legge i piani dei paesi membri. E' da lei che inizia l'esame e la promozione dipende dal numero di A

C’è una persona a Bruxelles che in queste settimane  leggerà i piani che i paesi europei stanno consegnando, in cui delineano cosa intendono fare con il denaro che arriverà da Bruxelles. Una persona che ha la funzione di controllare, valutare e riferire alla Commissione e con  un compito doppio: quello di rendere possibili gli esborsi, ma anche di garantire la serietà del Recovery fund. Si chiama Céline Gauer, è francese, ed è a capo della task force per la ripresa e la resilienza (Recover). Assieme a lei lavorano altri alti funzionari che con l’aiuto della direzione generale Affari economici e finanziari della Commissione hanno il compito di esaminare i progetti secondo undici criteri, volti a garantire pertinenza, efficacia, efficienza e coerenza dei piani presentati. Quello che fa la task force è assegnare dei voti, o meglio delle lettere. E’  un vero esame e per passarlo bisogna ricevere almeno sette A su undici criteri. Quello che fa preoccupare o che tranquillizza, a seconda dei punti di vista, è la severità di  Gauer, una funzionaria che lavora a Bruxelles da venticinque anni e si è quasi sempre occupata di  antitrust. Martin Selmayr la reclutò per la Commissione di Jean-Claude Juncker e lì è rimasta anche con Ursula von der Leyen. E’ stata lei a volere Gauer a  capo della task force, serviva un nome che rasserenasse anche i paesi frugali, che non facesse dubitare dell’intransigenza della valutazione dei piani prima degli esborsi. 

 

Anche la task force è stata creata dopo l’accordo di luglio dello scorso anno, dopo quattro giorni di battaglia e di divisioni, per assicurare ai leader più intransigenti, come l’olandese Mark Rutte, che non ci sarebbero  stati sconti da parte della Commissione, nessuna indulgenza, nessuna tolleranza,  che i soldi promessi sarebbero arrivati soltanto a quei paesi che stavano ai patti. E patti vuol dire soprattutto riforme. 

 

Il ruolo della Gauer è questo: mostrare che si tratta davvero di un investimento per il futuro, perché la Commissione cambierà, cambieranno anche i governi, ma i soldi continueranno ad arrivare, e bisogna essere certi che oggi si costruisca una struttura in grado di durare per dieci anni, che il Recovery sia blindato. Tutti sono alla ricerca di garanzie, per questo la task force ha chiesto che i piani venissero presentati con calendari dettagliati. Per ora il modo di lavorare della Gauer piace molto ai paesi del nord dell’Europa, i frugali che dopo mesi di tranquillità minacciano di risvegliarsi e soprattutto ci tengono a far sapere che non distoglieranno l’attenzione dai piani degli altri. Che li osserveranno, li bloccheranno e se sarà necessario utilizzeranno  il freno di emergenza, lo strumento che ha voluto Mark Rutte come un’assicurazione del fatto che niente è dato per scontato che le riforme devono essere fatte e i soldi spesi bene, altrimenti si possono  fermare i versamenti. Gauer ha fama di essere una brava burocrate e finora si è anche mostrata estremamente rigida – il Financial Times dice che ha “usato la frusta” – con i paesi membri. E anche nei confronti della Francia, il cui piano ha lasciato delusi un po’ tutti, Céline Gauer non ha nascosto la sua diffidenza – c’è chi l’ha accusata di essere persino un po’  “schizzinosa” con il proprio paese – ma il piano è carente dal punto di vista delle riforme, e lei è lì per controllare. I frugali iniziano a fidarsi, sebbene la sua nazionalità  all’inizio non li facesse stare molto tranquilli. Altri europei iniziano a preoccuparsi della meticolosità di questa garante del Recovery fund. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.