Emmanuel Macron e Mario Draghi (foto d'archivio EPA)

Visti dalla Francia

La richiesta di Draghi e il messaggio di Macron: sul terrorismo cooperiamo tra paesi europei

Mauro Zanon

Perché la Francia dice di sì soltanto adesso all'estradizione degli ex brigatisti (e di Pietrostefani)? Il fattore Draghi in Italia e la virata securitaria del presidente francese

“Il presidente ha voluto risolvere la questione, come richiesto dall’Italia da diversi anni. La Francia, essa stessa colpita dal terrorismo, comprende l’assoluta necessità di giustizia per le vittime”. Con queste parole, ieri mattina, l’Eliseo ha messo fine di fatto alla cosiddetta “Dottrina Mitterrand”, annunciando l’arresto ai fini dell’estradizione di sette ex brigatisti rossi, oltre all’ex Lotta continua Giorgio Pietrostefani, rifugiati in Francia dagli anni Ottanta e condannati dalla giustizia italiana in via definitiva: Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella e Sergio Tornaghi delle Brigate rosse e Narciso Manenti dei Nuclei armati per il potere territoriale.

Dopo anni di richieste da parte delle autorità italiane e tensioni diplomatiche di varia intensità tra Roma e Parigi, Emmanuel Macron ha preso ieri una decisione potente, che archivia una pagina buia e un dossier pieno di ostacoli, ma certifica soprattutto un ritorno dei rapporti eccellenti con l’Italia da quando a Palazzo Chigi siede Mario Draghi. Fonti dell’Eliseo, ieri, hanno parlato apertamente di un “momento storico”, di una decisione figlia di “una relazione franco-italiana che si è fortemente consolidata” negli ultimi tempi e di “un clima di fiducia molto chiaro tra il presidente della Repubblica francese e il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi”. La lista degli ex terroristi era sul tavolo da molto tempo e ci sono stati diversi incontri e colloqui tra le due diplomazie (compresa una telefonata, una decina di giorni fa, tra Macron e Draghi, durante la quale il premier italiano ha ribadito l’importanza dell’affaire per Roma) prima di arrivare a una “maturazione”, come riferiscono dall’Eliseo, o meglio, a una “forma di consapevolezza”. La Francia, con gli attentati jihadisti che funestano le sue città dal 7 gennaio 2015, giorno dell’attentato nella redazione di Charlie Hebdo, sta vivendo i suoi anni di Piombo ed è come se all’Eliseo ci si fosse resi conto del dolore straziante che il terrorismo provoca non solo a coloro che hanno perso i loro cari, ma a tutto il paese.

 

“La Francia è stata fortemente colpita dal terrorismo e capisce i bisogni di giustizia degli italiani”, hanno commentato ieri dall’Eliseo. E ancora: “Da parte della Francia e del governo francese, dopo anni di tergiversazioni e anche di una certa indulgenza, c’è stata una presa di coscienza della realtà storica dell’Italia, del trauma provocato dagli ‘anni di Piombo’, dagli attentati, dagli assassinii e dai sequestri di quel periodo. Era necessario riconoscerlo. Quello del presidente Macron è un atto coraggioso che va incontro alle richieste del presidente della Repubblica italiano Sergio Mattarella e del presidente del Consiglio Mario Draghi, ma è anche una forma di responsabilità attraverso la quale la Francia smette di ignorare le violenze commesse tra la metà degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta in Italia”.

Tra i fattori che hanno convinto Macron a togliere la protezione della “Dottrina Mitterrand”, quella che i suoi predecessori François Hollande e soprattutto Nicolas Sarkozy hanno sempre difeso, c’è anche la volontà di mandare un segnale forte all’Europa. Spesso l’inquilino dell’Eliseo è stato criticato per i bei discorsi sulla necessaria cooperazione tra paesi europei ai quali non sono seguiti i fatti. Quella di ieri è una risposta convincente in questo senso, un gesto europeista, come sottolineato dalle parole con cui il suo entourage ha annunciato ieri mattina la notizia degli arresti – “La necessità di costruire un’Europa della giustizia, in cui la reciproca fiducia deve essere al centro”. Secondo alcuni osservatori, la decisione di accogliere le richieste italiane di estradizione degli ex terroristi rossi condannati per reati di sangue rientra anche in una strategia politica interna, in quella virata securitaria intrapresa da Macron negli ultimi mesi e confermata ieri dalla presentazione in Consiglio dei ministri di un nuovo progetto di legge antiterrorismo.