La strategia della Svezia va avanti alla rovescia, anche sulle piste da sci

Micol Flammini

A Stoccolma  tutto quello che riguarda la pandemia è eccezione. Si formano strane alleanze politiche e hanno un obiettivo: contestare l'eccezione svedese

La Svezia ha deciso di sbloccare la somministrazione  del vaccino AstraZeneca, ma soltanto  per gli over 65. Per le altre fasce di età si prenderà più  tempo. Quando, dopo aver atteso il parere dell’Ema, gli altri paesi  ritiravano la sospensione di AstraZeneca  e ricominciavano le vaccinazioni, Svezia e Danimarca avevano deciso di fare altri accertamenti. Sembrava paradossale che fosse proprio Stoccolma a continuare ad avere ripensamenti sul vaccino della società che è inglese, ma anche svedese.  L’ha finalmente sbloccato, ma ancora una volta muovendosi a un ritmo tutto suo.  Se i paesi finora erano stati titubanti nel  distribuire il farmaco  alle fasce più anziane della popolazione – i dubbi sono caduti un po’ ovunque – Stoccolma ha deciso  che AstraZeneca è più sicuro proprio per loro.

 


 

L’abbiamo chiamata sventatezza, eccezione, l’abbiamo chiamato modello. Per questa pandemia Stoccolma ha cercato la sua strada. Lo scorso anno ha risposto alla crisi sanitaria con chiusure limitate, mentre il resto d’Europa indiceva  lockdown totali. La strategia era: proteggiamo i vulnerabili e lasciamo che il resto vada avanti. Il metodo non è stato del tutto applicabile, ma il governo è stato molto restio a imporre restrizioni e le mascherine, per esempio, non sono mai diventate obbligatorie. I numeri dei contagi, se confrontati con i vicini del nord, erano molto più alti e mentre l’Europa riapriva, la Danimarca decideva di tenere chiuso il trafficatissimo confine con la Svezia. 

 

Durante la seconda ondata Stoccolma si è mossa con più cautela, ma le restrizioni, se paragonate agli altri paesi europei, sono sempre state poco influenti. Ha anche deciso di lasciare gli impianti sciistici aperti. L’epidemiologo svedese Anders Tegnell, stratega della risposta del paese alla crisi sanitaria, in un’intervista ha detto che anche se i contagi stanno aumentando – la terza ondata è arrivata anche lì, con circa 7 mila contagiati al giorno, le vaccinazioni procedono al ritmo di 14,25 ogni 100 abitanti, in linea con la media europea – gli sport invernali non c’entrano. Parlando con il sito The Local ha detto che un’analisi condotta a Skåne, nel sud della Svezia, ha dimostrato che il contagio è stato più alto tra chi, durante la settimana di vacanze invernali, è rimasto a casa, rispetto a chi ha trascorso le feste tra le montagne. Una risposta controcorrente rispetto al resto d’Europa, che si è accapigliata tanto sulla riapertura degli impianti. 

 

 

Questo muoversi al contrario ha creato i suoi smottamenti anche in politica. Il primo ministro socialdemocratico Stefan Löfven ha ricevuto molte critiche per la sua gestione della pandemia, ma ha deciso di rimanere fedele alla strategia di Tegnell, convinto che fosse quella la strada giusta. Ha chiesto agli svedesi di fare sforzi, ha fatto ripetuti appelli alla responsabilità personale, ma non ha mai voluto spingersi oltre: è la responsabilità del singolo che conta, non l’imposizione del governo. In Svezia, e anche questo sembra indice di un mondo alla rovescia,  è l’estrema destra a chiedere rigore, chiusure, precauzione, e soprattutto mascherine obbligatorie. Tegnell è convinto che la mascherina sia una falsa sicurezza, a fine gennaio la città di Halmstad ne aveva addirittura vietato l’utilizzo  e, scriveva il Monde in un reportage l’autunno scorso, soltanto i dipendenti delle grandi catene internazionali la indossano, perché la direttiva viene dalle sedi centrali. In questi mesi è stato  Jimmie Åkesson, leader dei Democratici svedesi, partito di estrema destra, a chiedere che la mascherina fosse resa obbligatoria. Mentre il governo difendeva la strategia svedese, Åkesson era il capofila di una coalizione di scontenti che si sta rivelando il banco di prova di nuove alleanze. Le elezioni sono previste per il prossimo anno, e se i Democratici svedesi erano  stati finora ostracizzati da tutti i governi, con Åkesson hanno conquistato una nuova fama, più responsabile. Dal partito su posizioni filonaziste, Åkesson ha cacciato tutti i membri che avevano fatto commenti razzisti. Per la prossima campagna elettorale ha già un bersaglio: l’eccezione svedese. 
 

Di più su questi argomenti:
  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.