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Come l'Europa può evitare che la precauzione diventi paralisi

Giovanni Pitruzzella

Come si governa la “società globale del rischio”? Da AstraZeneca ai mercati finanziari

La vicenda del vaccino AstraZeneca può essere vista come una tappa importante di come le nostre società stanno cercando di apprendere, con tentativi e errori, come si governa la “società globale del rischio”. Si tratta di una società in cui, anche per le conseguenze indesiderate dell’azione umana e dello sviluppo tecnologico, si moltiplicano i rischi, rispetto ai quali le nostre conoscenze sono insufficienti e che hanno per natura carattere globale. Oggi siamo alle prese con la pandemia, ma quando sarà finita altri rischi incomberanno su di noi: rischi finanziari, legati al cambiamento climatico, al terrorismo globale, e così via. C’è un cambiamento strutturale delle nostre società a cui dobbiamo adeguare il modo di governare.

 

Innanzi tutto va chiarita la portata del principio di precauzione. Il principio richiede che se un’attività comporta dei rischi, soprattutto per la salute umana, essa va vietata. Ma, come ha sottolineato il costituzionalista Carl Sunstein, si tratta di un principio “paralizzante” perché imponendo il divieto di una determinata attività porta con sé altri rischi che derivano proprio dal mancato svolgimento dell’attività vietata. Tra gli esempi fatti da Sunstein ce n’è uno particolarmente attuale: il dibattito di qualche anno fa sull’attitudine di certi antidepressivi di generare un piccolo rischio di tumore al seno che suggeriva di evitare l’uso di questi farmaci, anche se il risvolto di tale scelta era l’accentuazione dei rischi per la salute non solo psichica di certe categorie di soggetti. Applicare il principio di precauzione equivale spesso a eliminare un rischio a costo di accrescerne un altro.

 

Ma come scegliere il rischio da accettare e quello da limitare? Solamente un’analisi costi-benefici fondata su solide basi scientifiche può permettere di scegliere. E a ben vedere è quello che avviene nel diritto europeo, per esempio quando stabilisce che gli stati membri possono limitare o vietare l’utilizzo degli Ogm solamente quando emerga un rischio per la salute, sulla base di nuove e ulteriori informazioni e di nuove conoscenze scientifiche. Recentemente la Corte costituzionale ha annullato una legge regionale del Molise che limitava l’uso degli Ogm adducendo ragioni di salute “fondate su valutazioni del tutto ipotetiche”. Affinché la precauzione si innervi in una solida analisi costi-benefici è necessario assicurare l’indipendenza di chi la fa rispetto alle pressioni del potere politico e del potere economico. Il diritto europeo infatti garantisce l’assoluta indipendenza dei regolatori che operano in settori delicati come la salute, i mercati finanziari, l’energia.

 

Ma come si concilia questa indipendenza con il principio democratico? La giurisprudenza europea ha risposto osservando che il regolatore svolge complesse attività tecniche che però avvengono sulla base delle scelte di principio effettuate dalla legge, ricollegandosi così al circuito democratico. In situazioni di insufficienza delle conoscenze scientifiche o di “incertezza radicale”, la politica riprenderà il compito di scegliere tra i valori e gli interessi in gioco, ma lo dovrà fare in un quadro trasparente in cui sia reso evidente a tutti la base informativa, i differenti tipi di rischi presenti e i valori che sceglie di privilegiare.

 

Però in un contesto in cui il rischio è globale (com’è il caso della pandemia) esiste un’interdipendenza tra gli stati e il bisogno di azioni comuni, a pena di inefficacia delle decisioni, e anche a questo serve l’Unione europea. Si può nutrire più di un dubbio sul fatto che i menzionati principi siano stati rispettati dai governi che hanno deciso di sospendere l’uso del vaccino AstraZeneca, ma la riammissione del vaccino, a seguito dell’intervento dell’Ema, sembra indicare che essi vanno adeguandosi alle esigenze di governo della società globale del rischio.