Sulla seggiolina in coda

Tantissimi americani stanno già votando

Al primo giorno di voto anticipato a New York lunghe file e molti voti. Accade in tutto il paese, anche nel solitamente svogliato Texas

Simona Siri

Se i numeri e le code di New York fanno notizia, quelle in altri stati ancora di più. Il dato più clamoroso arriva dal Texas, uno degli stati storicamente con l’affluenza più bassa. Lì il voto anticipato è cominciato il 12 ottobre e da allora hanno già votato sette milioni di cittadini, record assoluto (in California hanno votato in sei milioni)

Novantatremilaottocentotrenta.

Sono i newyorchesi che hanno votato  nella giornata di sabato 24 ottobre, primo giorno di voto anticipato di queste presidenziali e in assoluto per New York City, dal momento che è la possibilità di erly voting è stata introdotta nel 2019. Ottantotto seggi sparsi per i cinque boroughs - Bronx, Brooklyn, Manhattan, Queens, Staten Island – che saranno aperti fino al primo novembre, a disposizione dei quasi cinque milioni di cittadini iscritti alle liste elettorali e abilitati a votare. Dieci giorni di tempo, quindi, in tutta comodità.

Eppure, in molti sabato si sono messi in coda anche per cinque ore pur di votare il primo giorno e far salire le statistiche che poi finiscono sui giornali e alla televisione. Non solo per l’ebbrezza di dare la propria preferenza subito e togliersi il pensiero, senza il rischio che il voto per posta finisca nel caos della contestazione già annunciata da Trump, ma anche per mandare un messaggio di partecipazione.

Nel corso dell’ultimo dibattito con Joe Biden, Trump ha definito New York “una città fantasma”. L’ultimo in ordine di tempo degli attacchi del Presidente alla sua ex città natale (ormai abbandonata in favore della Florida: e infatti è lì che ieri ha votato) da cui non è stato mai davvero amato né rispettato. Nel seggio dell’Upper West Side, sulla 63esima strada, alle due del pomeriggio c’erano più di tre ore di coda con gente attrezzata che era arrivata dotata di seggioline pieghevoli.

Scene simili al Madison Square Garden trasformato in seggio elettorale, così come il Barclay Center di Brooklyn: più di settecento persone erano ancora in coda alle quattro del pomeriggio, orario di chiusura ufficiale (ma quelli già in coda possono votare), un’attesa alleviata dall’arrivo di una marching band con tanto di majorette vestite di bianco. Qualcuno invece al Garden ha visto l’attore Timothée Chalamet aspettare in fila da bravo cittadino. Domenica 25 ottobre in un seggio di Long Island alle 6.30 c’erano già persone in attesa.

Se i numeri e le code di New York fanno notizia, quelle in altri stati ancora di più. Il dato più clamoroso arriva dal Texas, uno degli stati storicamente con l’affluenza più bassa. Lì il voto anticipato è cominciato il 12 ottobre e da allora hanno già votato sette milioni di cittadini, record assoluto (in California hanno votato in sei milioni). Dieci giorni prima del giorno delle elezioni, i texani hanno quindi già espresso tanti voti anticipati quanti ne avevano espressi nel 2016 e sono quasi all'80 per cento dei voti totali, anticipati e non, dati quattro anni fa. Le previsioni sono infatti che l'affluenza alle urne in Texas potrebbe superare i 12 milioni, ovvero circa 3 milioni di elettori in più rispetto al 2016, più della popolazione del vicino New Mexico.


Che cosa questo significhi in termini politici però è tutto da verificare. Se New York è uno stato solidamente blu e quindi a molta affluenza corrispondono molti voti democratici, il Texas è al contrario considerato uno stato rosso, nonostante negli ultimi anni sia diventato violetto ovvero potenzialmente in bilico. Non solo, siccome in Texas la registrazione al voto non avviene indicando, come in altri stati, il partito di preferenza, è ancora più difficile fare previsioni. Quello che si sa è che i numeri impressionanti sono nelle grandi città che sono solidamente democratiche, ma anche nei sobborghi considerati i  punti di svolta dove i repubblicani stanno perdendo terreno e, in misura minore, nelle contee fortemente latine lungo il confine.

Nella contea di Harris, sede di Houston, sono già stati espressi oltre un milione di voti. Per i democratici questo è il segno di quello che stanno ipotizzando da anni: il Texas può diventare democratico, è solo questione di tempo e di assestamento dei flussi demografici. Discorso opposto in Florida, dove c’è stato un aumento di registrazioni a favore dei repubblicani. I democratici guidano la richiesta di schede per il voto per posta, ma i repubblicani stanno colmando il divario andando in massa ai seggi e votando in anticipo di persona.

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