Di Maio evolve in Libia

Redazione

Una visita all’alleato di Tripoli, meno salamelecchi per il perdente Haftar

Il ministro Di Maio è andato a Tripoli per una missione lampo e ci sarebbero novità che riguardano il memorandum d’intesa fra Italia e Libia del 2017 – vale a dire l’accordo sui migranti. Sarebbero novità buone per il trattamento delle persone, ma preferiamo aspettare che siano ufficiali per commentarle. C’è da scontare una certa, diciamo così, fragilità di intenti in tutto ciò che accade dall’altra parte del mare.

 

Intanto registriamo due punti importanti. L’Italia questa volta si è sottratta alla solita visita in due fasi per non scontentare le due parti della guerra civile. L’incontro con Serraj e poi con Haftar o viceversa, sempre fatti il più vicino possibile in modo da far immaginare una qualche equidistanza. Haftar ha fallito, ha abbandonato l’aggressione contro Tripoli, è messo in forse persino dai suoi alleati e quindi Di Maio – che fino a qualche mese fa voleva che l’Italia si avvicinasse di più a Haftar, mentre Conte pendeva più dalla parte di Serraj – è andato a fare una visita sola. Serraj a Tripoli. Niente triangolazioni acrobatiche. Haftar ha scatenato una guerra civile, le sue milizie hanno seminato migliaia di mine nella periferia della città e c’è la storia orrenda delle fosse comuni scoperte vicino a Tarhouna, che contengono più di un centinaio di civili. Il massacro sarebbe opera delle milizie Kaniyat, ma la città era pur sempre sotto il controllo di Haftar. Insomma, il generale in questo momento è radioattivo, sarebbe bene se ci fossero meno foto ricordo con lui (a dicembre Di Maio si era vantato di avere un feeling personale con Haftar, che ricambiava con lusinghe: “Sei un modello per i giovani libici”).

 

Il secondo punto è che Di Maio vuole che l’Europa crei un tavolo per la ricostruzione della Libia, perché – dice – assieme siamo più forti, altrimenti soccombiamo davanti a Turchia e Russia. Bravo, è questo il senso dell’Unione, gli stati europei quando sono uniti hanno più chance di farsi rispettare. La responsabilità del ministero fa bene a Di Maio, funziona come un corso di aggiornamento. Peccato che fino a un paio di anni fa i grillini giocassero contro il governo di Serraj e volessero sfasciare l’Europa.

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