Atene è alle prese con la propaganda e la violenza di Alba Dorata, ma non ha strumenti
Da qualche settimana si discute del diritto di espressione del partito filo nazista e nazionalista greco a cui il consiglio comunale di Atene ha imposto il divieto assoluto di comizi. Parla il vicesindaco Lefteris Papagiannakis
Milano. Dove sta il limite? Davvero in democrazia si può dire tutto anche se questo tutto è violento, razzista, antisemita e filonazista? Davvero tutti possono dire tutto, anche se questi tutti sono dichiaratamente violenti, razzisti, antisemiti e filonazisti? Davvero la democrazia, per essere tale, deve proteggere tutti tranne che se stessa?
Se lo stanno chiedendo qui da noi editori e autori dalle parti del Salone del Libro di Torino. Se lo stanno chiedendo, in modo più composto e grave, dalle parti di Atene. Da qualche settimana si parla del diritto di espressione e di campagna elettorale del partito filo nazista (lo dicono loro eh) e nazionalista Alba Dorata. Il consiglio comunale di Atene (dove tra due settimane, si vota anche per le amministrative) ha votato con ampia maggioranza per il divieto assoluto di propaganda, comizi e manifesti, per Alba Dorata. La decisione è stata impugnata dai nazionalisti, che hanno fatto ricorso e lo hanno vinto riguadagnandosi il diritto a fare manifestazioni, cortei con le braccia tese, e a pubblicare i loro manifesti in cui i contorni del nazionalismo si confondono con quelli del razzismo.
“La decisione del consiglio di Atene – spiega al Foglio il vicesindaco della capitale greca, Lefteris Papagiannakis – è stata tacciata di essere censoria e anticostituzionale. Il ricorso che Alba Dorata ha fatto all’autorità regionale cui fanno capo le questioni elettorali ha dato loro ragione. Non possiamo che prenderne atto e garantire loro il diritto, che pur riteniamo non abbiano, a manifestare e fare propaganda. La decisione dell’autorità regionale, però è una decisione squisitamente tecnica. La nostra era politica”. Per politica, però, Papagiannakis non intende elettorale, ma proprio cura del bene comune. Solo nelle ultime settimane esponenti di Alba Dorata sono stati accusati di aver organizzato o preso parte a vario titolo a una serie di raid punitivi nei confronti di comunità di immigrati, il più grave dei quali si è svolto contro un centro di accoglienza, a fine marzo: sono stati feriti due bambini. Sempre a fine marzo, poi, la polizia ha arrestato 12 simpatizzanti di Alba Dorata con l’accusa di aver lanciato bombe molotov contro la polizia. Inoltre, anche se la cosa non ha ancora né leso né limitato i suoi diritti elettorali, Alba Dorata dal 2015 è al centro di un imponente processo, definito dalla stampa “il più grande processo a un’organizzazione nazista dai tempi di Norimberga”. L’accusa è pesantissima, omicidio (del rapper di sinistra Killah P, al secolo Pavlos Fyssas) e associazione a delinquere, gli imputati in tutto sono 69, tra cui dirigenti e parlamentari del partito. “I rappresentanti di Alba Dorata hanno dichiarato pubblicamente più volte di non essere politici e di odiare il loro ruolo di parlamentari e di voler semplicemente approfittare dei privilegi della democrazia, per abolirla – ci ha spiegato l’avvocato di parte civile Eleftheria Tobatzoglou. In più occasioni hanno fatto riferimento alla violenza come modo di agire politico e al fatto che, come parlamentari, possono finalmente portare e usare le armi legalmente. In altre occasioni hanno detto che gli immigrati dovrebbero essere sterminati”.
In attesa però che il processo arrivi a sentenza (difficilmente prima del 2020) Alba Dorata è un partito come tutti gli altri e può fare tutta la propaganda che vuole. “In Grecia non esiste, come da voi in Italia, nessun divieto in merito alla costituzione di partiti nazisti o fascisti. Si può fare. Quello che non si può fare è incitare all’odio, alla violenza, all’uccisione di altre persone”, spiega ancora Papagiannakis. “Alba Dorata dice di essere un partito, ma non lo è: per potersi presentare alle elezioni nel 2012 hanno dovuto presentare uno statuto conforme alla Costituzione, nel quale dicono di essere un partito democratico, tollerante e non violento. Le indagini, però, hanno dimostrato che lo statuto presentato è stato solo un proforma e che quello vero parla esplicitamente di un’organizzazione gerarchica paramilitare il cui fine è compiere di azioni violente contro quelli che sono considerati nemici. Per questo abbiamo voluto provare a impedire loro di fare propaganda ad Atene. Perché non sono un partito”. Un tentativo fallito, perché fino a quando il processo non arriverà a sentenza (e posto che questa sia di condanna) Alba Dorata può dire e fare quello che vuole. E soprattutto avviarsi a grandi passi a prendere tra l’8 e il 10 per cento dei voti greci alle europee.
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