Una protesta contro Trump a Seul (foto LaPresse)

Il caos di Trump non è un modello

Redazione

Il ritorno alla diplomazia dopo aver fatto saltare il tavolo con la Corea del nord

Una delegazione americana, guidata dall’ex ambasciatore americano in Corea del sud Sung Kim, è arrivata ieri a Panmunjom, nella Zona demilitarizzata sul Trentottesimo parallelo, accompagnata dall’ennesimo cinguettio del presidente americano Donald Trump: “Credo davvero che la Corea del nord abbia un incredibile potenziale e un giorno sarà una grande nazione”.

 

  

La riunione con gli alti funzionari nordcoreani, secondo il Washington Post guidati dalla temibile viceministra degli Esteri Choe Son-hui, si è svolta nella parte nordcoreana del confine, proprio dove due giorni fa si sono incontrati di nuovo, a sorpresa, il leader Kim Jong-un e il presidente sudcoreano Moon Jae-in. Un altro gruppo di funzionari è volato a Singapore per organizzare la logistica. Fino a pochi giorni fa, dopo la pubblicazione della lettera di Trump con cui annullava l’incontro con Kim, il summit previsto per il 12 giugno a Singapore sembrava archiviato definitivamente. Ma poi qualcosa è successo: il caos imprevedibile dei metodi non-diplomatici di Trump, alla fine, ha forzato gli altri paesi coinvolti a rinnovare i propri impegni. Trump se l’è presa con il New York Times, che lo accusava, citando una fonte anonima della Casa Bianca, di non poter organizzare un summit così importante in poco tempo. Se l’improvvisazione e l’imprevedibilità porteranno a qualche risultato, sarà comunque un metodo non applicabile in futuro. Rottamati i protocolli, i negoziati preparatori, i dialoghi di basso livello, ora il presidente è costretto a rimettere in piedi un sistema diplomatico impeccabile, sperando che in due settimane sia in grado di fare quello che le passate Amministrazioni non hanno saputo fare in qualche decennio.

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