
Emmanuel Macron (foto LaPresse)
La stella di Francia
La nazione dell’anno, i dati ottimistici. Il macronismo già cambia qualcosa
I declinisti francesi che per molto tempo hanno tenuto banco in Europa, facendoci spaventare ancora di più per la terribile situazione economica della Francia, ora possono emigrare in altri paesi, perché lì non hanno più molto da dire. La Francia è il paese della sorpresa del 2017, l’Economist l’ha eletta come la nazione dell’anno, perché ha invertito quel senso di fine imminente che noi europei abbiamo vissuto con grande discontento. L’elezione di Emmanuel Macron non soltanto ha spento la resurrezione nazionalista lepeniana ma ha dato uno slancio nuovo a tutto il continente e, complice anche la difficoltà in Germania di formare un governo, ora si guarda a Parigi come all’oracolo della salvezza. L’Europa, come si sa, ama farsi cullare dalle illusioni, e nel 2018 avrà il suo bel daffare a non inciamparci un’altra volta, ma intanto la Francia splende, splende davvero. Ieri il Figaro ha pubblicato un dossier che dimostra che l’ottimismo è tornato, l’inversione c’è stata, Macron sarà più o meno popolare, più o meno napoleonico, ma la sua rivoluzione l’ha già messa in atto. Ci sono i numeri, che sono buoni e che dimostrano che il prossimo anno la posizione francese si consoliderà (l’istituto statistico di Francia rivede le previsioni al rialzo), e poi c’è il senso di potercela fare, quell’andrà-tutto-bene che ricorda i lussureggianti anni Novanta delle riforme e delle possibilità. Ora l’Europa deve badare a non perdere l’occasione di riformarsi per davvero, appoggiandosi a quel motore franco-tedesco, sorprendentemente più franco che tedesco, che ora ha la chance, dopo tanti anni, di funzionare davvero.


bruxelles
L'Ue propone di reintrodurre i dazi a Israele, ma von der Leyen sa che non c'è la maggioranza
“Non vogliamo punire Israele o i cittadini israeliani, ma fare pressione sul governo israeliano affinché cambi strada a Gaza”, ha detto l’Alto rappresentante, Kaja Kallas. Eppure la proposta della presidente della Commissione di sospendere la parte commerciale dell’accordo Ue-Israele appare come un atto simbolico di opportunismo politico. Che rischia di essere insabbiato a causa del veto di uno o più governi
