Screenhot tratto da un video dell'Isis nel quale appare l'attentatore del Bataclan smaël Omar Mostefaï

Nella Berlino dei fighetti, lo stragista del Bataclan sta accanto a Socrate

Giulio Meotti

Se Martin Luther King è accostato a chi ha ucciso 89 persone

Roma. A Kreuzberg, il quartiere fighetto, multiculturale, anticonformista e trendy di Berlino, “il mondo è sottosopra”. Lo ha scritto ieri la Bild nel dare notizia che alla Haus Bethanien di Mariannenplatz c’è il “Martyrs Museum”. Una installazione artistica in cui compaiono alcune personalità della storia che sono andate verso la morte in nome delle proprie convinzioni e ideali. Come Socrate, Santa Apollonia di Alessandria e Martin Luther King.

 

Ma alla fine della mostra c’è anche Ismaël Omar Mostefaï, uno dei kamikaze islamisti di Parigi, che ha ucciso 89 persone nella sala concerti del Bataclan a Parigi il 13 novembre 2015. E non importa che Socrate sia morto per difendere la coscienza, che Apollonia sia stata perseguitata per la propria fede cristiana o che Martin Luther King abbia combattuto contro il razzismo e che per questo gli abbiano sparato. Cosa ci fa lo stragista di Parigi accanto a loro? “Gli artisti devono espandere il concetto di martire”, ha detto Ricarda Ciontos dell’associazione Nordwind, che ha realizzato l’installazione artistica e finanziata dalla “Hauptstadtkulturfonds” col denaro delle tasse. “Si torna a casa con la brutta sensazione che a Ismaël Omar Mustafaï sia stato assegnato un posto a Kreuzberg che non merita”, commenta la Bild.

 

Ci dovrebbe essere una differenza se rischi la tua vita per un ideale giusto e meritevole o se lo fai per giustiziare 89 giovani assiepati a un concerto di musica rock. E’ la propaganda islamista che ha venduto al pubblico occidentale l’omicidio di massa come una buona azione contro gli “infedeli”. In un video dello Stato Islamico pubblicato due mesi dopo le stragi si vede Mostefaï in uniforme militare, il coltello in mano, mentre recita un messaggio di minacce ai “miscredenti”. Ai suoi piedi un uomo, che Mostefaï decapita poi a sangue freddo.

 

Un anno fa, i due artisti che hanno realizzato l’opera berlinese, Ida Grarup Nielsen e Henrik Grimbeck, si erano esibiti a Copenaghen, dove avevano messo in scena le gesta di Foued Mohamed Aggad e dei fratelli Ibrahim e Khaled el Bakraoui: il primo è l’attentatore islamico che si fece saltare in aria al Bataclan, gli altri due hanno detonato la loro cintura esplosiva al check-in dell’aeroporto di Zaventem. Alex Arendtsen del Partito popolare danese ha denunciato l'opera. "I martiri cristiani non uccidono nessuno", ha detto a Politiken. "Non è un museo di martiri, ma un museo di assassini". Fra gli accessori dei terroristi in mostra a Copenaghen una replica del guanto di pelle nera di Ibrahim el Bakraoui, con cui nascondeva il detonatore della bombe. Siamo alla venerazione e alla fascinazione. Come le mani dei santi.

 

Ma non è la prima volta che in Europa si rende “omaggio” al terrorismo islamico con l’arte. E’ stata chiamata “glamorizzazione del terrorismo”. Il Museo Jeu de Paume di Parigi, che fece da magazzino per 22 mila opere d’arte confiscate dai nazisti da duecento collezioni ebraiche in Francia e che era frequentemente visitato da alti funzionari nazisti, tra cui il Reichsmarschall Hermann Göring, ha ospitato una mostra che ha chiamato “martiri” gli attentatori suicidi palestinesi. La mostra “Death” della fotografa Ahlam Shibli ha presentato dozzine di attentatori suicidi palestinesi con didascalie che glorificano la loro morte. Le didascalie dicono che questi terroristi “sono morti a causa dell’occupazione israeliana”. Una mostra d’arte a Stoccolma ha invece glorificato un terrorista palestinese che ha assassinato 21 israeliani nel ristorante Maxim di Haifa nell’ottobre 2004. “Biancaneve e la follia della verità”, questo il titolo della mostra, era composta da una minuscola barca a vela che galleggiava su una pozza d’acqua rossa. Attaccata alla barca c’era una foto sorridente del bombardiere femminile, Hanadi Jaradat.

 

D’altronde non fu il compositore tedesco Karlheinz Stockhausen a definire l’attentato al World Trade Center dell’11 settembre “la più grande opera d’arte mai realizzata”? I narcisi postmoderni che concordano con i martiri di Allah.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.