Melih Gökçek (foto via Twitter)

Chi è il sindaco turco che persino Erdogan ha paura di cacciare

Enrico Cicchetti

Si vocifera che il presidente della Turchia stia per allontanare sei sindaci del suo partito, tra i quali spicca il nome di Gökçek. Il primo cittadino di Ankara sarebbe l’esilarante protagonista di una sitcom se non fosse drammaticamente vero

“Gli amici tieniteli stretti. Ma i nemici, ancor di più”, dice Michael Corleone in una scena del Padrino di Coppola. Un pensiero che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan pare non condividere: nel 2013 ha permesso all’imam Fetullah Gülen di auto-esiliarsi negli Stati Uniti. E quello che prima era un grande sodale ora è il principale ricercato dalla giustizia turca, accusato di aver ordito il golpe del luglio 2016. Adesso si vocifera che Erdogan stia per allontanare anche sei sindaci del suo stesso partito, l’Akp. Due giorni fa la televisione locale Kanal D, ripresa poi dai maggiori organi di informazione del paese, segnalava che le dimissioni dovrebbero essere consegnate prima dei congressi provinciali del partito, nel febbraio 2018.

  

Non è la prima volta che la mano di Erdogan si posa sullo scacchiere delle amministrazioni locali per spostarne i pezzi. Il governo ha rimosso d’imperio 83 sindaci e ne ha imprigionati quasi 100 nel sudest a maggioranza curda del paese, ma si trattava sempre di membri dell'opposizione. Adesso per la prima volta l’Akp si sta rivolgendo contro i propri uomini, in quello che sembra il tanto atteso rimpasto tra i ranghi del partito. Il 22 settembre Kadir Topbas, sindaco di Istanbul dal 2004, si è dimesso. E tra quelli su cui pendono le dimissioni, spicca il nome di Melih Gökçek, da 23 anni primo cittadino di Ankara. Gokçek è un fedelissimo di Erdogan, che lo ha trattato come un figlioccio, tanto da farsi ritrarre – in una foto che circola molto sui social – mentre lo tiene sulle ginocchia. Ma pur essendo un esponente di spicco dell'Akp, il sindaco di Ankara è anche un personaggio controverso, una sorta di Donald Trump linguacciuto e senza briglie, noto per le sue dichiarazioni riprovevoli. Dopo le devastazioni dell’uragano Irma, ad esempio, ha chiesto in pubblico che Dio mandi altre calamità sugli Stati Uniti, che non estradano Gülen e “hanno spinto i musulmani a uccidersi tra loro in Medio Oriente”.

   

Gökçek sarebbe l’esilarante protagonista di una sitcom se non fosse drammaticamente vero. Sotto i baffi curati del navigato politico sessantanovenne pare nascondere un animo infantile. Nel 2014 è apparso in lacrime in tv dopo che i risultati sembravano indicare che il candidato dell’opposizione gli avrebbe impedito di arrotondare il suo mandato a un quarto di secolo. “Bene! Non votate per me, ma come potete votare per il Chp? È incredibile”, ha singhiozzato Gökçek, che ama i robottoni e ha fatto costruire un gigantesco Transformer in una rotonda di Ankara, per promuovere un parco divertimenti. Dopo la denuncia dalla Camera degli Architetti e Ingegneri, che sospettava il colosso fosse stato pagato con soldi pubblici, Gökçek l’ha fatto demolire e l’ha sostituito con un T-Rex alto tre metri. Se continuano “rimpiazzerò il dinosauro con qualcos’altro”, ha ribadito.

    

Il suo profilo Twitter, attivissimo e bilingue, è uno zibaldone di foto grottesche, commenti velenosi e retweet disdicevoli. Accanto a scatti – gilet catarifrangente e sorriso da bambino a Natale – in cui prova tutte le giostre del nuovo lunapark della capitale, ci sono i tweet in cui Gökçek difende i post della cantante Yıldız Tilbe, considerati "pieni d’intelligenza". Roba di alto livello, come "Dio benedica Hitler, quello che ha fatto agli ebrei è fin troppo poco, aveva ragione" e "Gli ebrei saranno distrutti dai musulmani, in nome di Dio, non manca molto". Se non bastasse, ha abbracciato diverse tesi complottiste: ha sostenuto che Gülen scatena terremoti per colpire l'economia turca, che dietro la strage di Charlie Hebdo c'è il Mossad e che l’emittente britannica Bbc ha organizzato un attacco bomba a Istanbul.

   

 

Gökçek ha iniziato la sua carriera politica nel partito di Erbakan, mentore dell’attuale presidente e primo premier dichiaratamente islamico. Dopo i rumors sulla sua possibile cacciata, Gökçek sta lanciando diversi strani tweet in cui paragona Erbakan a Erdogan. Se si ricorda che il primo fu due volte interdetto alla vita politica per un totale di dieci anni, c'è chi legge i post del sindaco come una velata minaccia. Si vocifera anche che abbia archivi pieni di documenti delicati e che la sua buonuscita dovrà essere a 24 carati.

  

La minacciata mossa del presidente Erdogan, con buona probabilità, è un tentativo di riposizionare i suoi vassalli, in vista delle elezioni del 2019, le prime dopo la profonda riforma costituzionale di aprile. “Lo stato d'emergenza seguito al colpo di stato, ha largamente messo fuori gioco il parlamento, lasciando campo libero al governo. Un deputato è ora meno efficace di un sindaco o di alcuni amministratori locali”, ha spiegato Sezgin Tanrikulu, deputato del Chp, al quotidiano online al Monitor. Una volta che le modifiche costituzionali entreranno in vigore, tra due anni, il parlamento sarà di fatto “neutralizzato”, e controllare i sindaci sarà molto importante. L'Akp è quindi destinato a riorganizzarsi e riattivare la sua base elettorale, spossata dallo stato d’emergenza e dalle lunghe epurazioni. Se normalmente il partito di governo aveva puntato sulla crescita economica per farsi amare, i più recenti sondaggi di opinione vedono affievolirsi il sostegno all’Akp. I rischi sono i vecchi avversari kemalisti del Chp e anche il nuovo partito della combattiva Meral Aksener, nato da una costola degli ultra-nazionalisti e che intende presentarsi come una forza moderna e responsabile. In questo contesto, forse la risata baffuta e sguaiata di Gökçek è troppo destabilizzante.

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