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Le ferite invisibili dei bambini siriani

Annalena Benini

Durante il conflitto sono nati tre milioni e settecentomila bambini. E quelli che hanno dodici anni, o dieci, quasi non ricordano più che cosa significa vivere non in pericolo. Il rapporto di Save the Children

Se un bambino in Siria ha sette anni, o meno, significa che non ha mai conosciuto la pace. La guerra è la sua eternità, le bombe sono tutto quello che conosce e che la vita gli ha offerto. La paura, la morte, gli aerei, la violenza, la fame. Durante il conflitto sono nati tre milioni e settecentomila bambini. E quelli che hanno dodici anni, o dieci, quasi non ricordano più che cosa significa vivere non in pericolo, dormire la notte senza svegliarsi con il letto bagnato dai risvegli atterriti. Non ricordano più che cos’è andare a scuola, fare la addizioni. Due bambini su tre hanno visto morire qualcuno, genitori, fratelli, amici. Tantissimi hanno smesso di parlare, hanno mal di testa, difficoltà a respirare e paralisi temporanea degli arti. Si feriscono apposta, si drogano, sono così arrabbiati e disperati che diventano aggressivi gli uni con gli altri. In due mesi soltanto, nella città assediata di Madaja, i medici hanno segnalato almeno sei casi di bambini che hanno tentato di uccidersi, il più piccolo aveva dodici anni. “Odio gli aerei, perché hanno ucciso mio padre”, dice continuamente Marwan, un bambino di circa 6 anni di Aleppo che non riesce più a parlare ma sa soltanto gridare. E’ il rapporto sconvolgente di Save the Children e non dovrebbe sconvolgerci, perché abbiamo questi bambini sotto gli occhi da sei anni. Non c’è solo la fame, il freddo, la mancanza di medicine, ci sono anche queste che Save the Children ha chiamato “ferite invisibili” e che dopo un po’ diventano irreversibili.

“Le conseguenze del conflitto sui bambini siriani sono devastanti. Bambini che sognano di morire per poter andare in Paradiso e avere così un posto dove poter mangiare e stare al caldo o che sperano di essere colpiti dai cecchini per arrivare in ospedale e magari poter scappare dalle città assediate. Genitori che preferiscono dare in spose le proprie figlie ancora bambine perché non possono occuparsi di loro, generando la disperazione che in alcuni casi le porta al suicidio. Bambini lasciati orfani della guerra che pur di avere qualcosa da mangiare si uniscono ai gruppi armati”, ha detto Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia. Ci sono le conseguenze della guerra sulla vita dei giorni, e le conseguenze della guerra sulla mente. “Mio fratello ha dimenticato tutto quello che aveva imparato a scuola. Lui non sa più fare neanche due più due. Tanti non sanno riconoscere più neanche le lettere dell’alfabeto. Io non vado più a scuola da due anni e ho paura”, dice Zainab, 11 anni, da un campo di sfollati interno alla Siria.

 

Bambini che riescono solo a piangere, che hanno dimenticato come si parla, come si ride e come si passa la notte senza svegliarsi urlando, anche solo per una porta sbattuta dal vento. E bambini che non sono già più bambini e maneggiano pistole, perché nella vita hanno visto solo questo, e a sei anni cucinano per i soldati, a sette sparano. Sanno che la vita è questa, nelle tende, nelle baracche, nelle case dove hanno arrestato i loro padri. Questo rapporto dice che molti bambini hanno paura di addormentarsi per paura di non svegliarsi più, o di svegliarsi da soli, con la mamma uccisa, senza più nessuno, senza più la casa. Lo chiamano stress tossico, è stress da continua esposizione a eventi traumatici. Può interrompere lo sviluppo, può fare impazzire. Sono quasi sei milioni i bambini che vivono ancora sotto i bombardamenti. Hanno le facce dei nostri figli, ma spaventate. Non hanno più voglia di giocare. La notte bagnano il letto per la paura. Di giorno picchiano i genitori, i fratelli, gli amici, perché hanno sempre e solo paura. Non è una vita da bambini, non è una vita.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.