Donald Trump (foto LaPresse)

I servizi non passano alcune informazioni a Trump. La sfiducia totale

Trump vuole ripulire l’intelligence (che non si fida di lui) e s’accanisce contro l’asse leaker-giornalisti

New York. Donald Trump sta cercando una persona di fiducia a cui affidare un compito molto delicato: ripulire le agenzie di intelligence, quelle che competono con i media nella classifica degli avversari più fastidiosi del presidente. L’asse leaker-giornalisti è il supremo tormento dello Studio ovale in questi giorni, e ieri Trump ha trasformato l’annuncio della nomina di Alexander Acosta a segretario al Lavoro per fare una lunga tirata contro chiunque, e ampio spazio è stato dato ai media. Ma l’intelligence è un nemico interno, quintessenza della burocrazia corporativa e sospettosa di Washington, e per prosciugare la palude serve un outsider vorace. Il prescelto è il finanziere Stephen Feinberg, cofondatore di Cerberus Capital Management , che ha dato consigli in ambito economico a Trump durante la campagna elettorale e non si è tirato indietro quando si è trattato di finanziare l’operazione. Ha donato 1,5 milioni di dollari ai comitati politici legati al candidato. Feinberg non si è mai occupato di sicurezza e di raccolta di informazioni, ma il suo private equity è specializzato nel risanamento di aziende, quindi se può rimettere in sesto una compagnia di lubrificanti potrà fare lo stesso con agenzie governative, bisognose di expertise capitalista. Il nome di Cerberus è tuttavia legato al disastro di Chrysler, che la finanziaria aveva portato al collasso dopo l’esperienza manageriale terribile della Daimler.

 

Il grande vantaggio di Feinberg è di essere un vecchio amico di Stephen Bannon, il presidente in seconda, che caldeggia la sua candidatura per un ruolo che ancora non è stato individuato chiaramente, ma di certo è alla Casa Bianca. Il suo nome è stato tirato fuori giovedì scorso dalla Reuters, ma la notizia è stata risucchiata dall’inchiesta del Washington Post, pubblicata nelle stesse ore, sui contatti con funzionari russi che ha portato infine al licenziamento del consigliere per la sicurezza nazionale, Michael Flynn. La ricerca di un uomo d’ordine per mettere in riga i servizi segreti è una delle risposte di Trump a una guerra aperta fra la Casa Bianca e le agenzie.

 

Dopo aver denunciato i leaker come “un-American”, ieri ha twittato che “i leak, e anche i leak illegali di informazioni secretate, sono da anni un grosso problema per Washington” e in una battuta ai cronisti ha promesso che chi diffonde informazioni “la pagherà cara”. Anonimi funzionari sono scatenati nel dettagliare i contatti fra l’entourage di Trump e spie del Cremlino nel corso delle elezioni, per dimostrare che fra il presidente americano e Vladimir Putin non c’è soltanto una convergenza di interessi ma stretto coordinamento, e dunque cospirazione. Tutto questo si interseca e si sovrappone alle valutazioni dell’intelligence sulle attività cibernetiche dei russi per influenzare le elezioni americane.

 

Ieri il segretario della Difesa, Jim Mattis, ha detto che “ci sono pochi dubbi sul fatto che hanno interferito o tentato di interferire in molte elezioni democratiche”, poche ore dopo che il presidente aveva scritto: “I democratici dovevano trovare un modo per spiegare come hanno perso le elezioni, e così male. Così hanno inventato una storia, la Russia. Fake news!”. Il livello di sfiducia è tale che, scrive il Wall Street Journal in un’inchiesta che Trump ha duramente criticato, alcune agenzie stanno facendo in modo di non far arrivare sulla scrivania del presidente certe informazioni, perché non si fidano di Trump. Il deputato repubblicano Adam Schiff ha detto: “Ho parlato con molte persone nella comunità d’intelligence che sono preoccupate dalla Casa Bianca, dal presidente, e queste preocupazioni possono assumere molte forme”. Al Congresso i democratici scalpitano per istruire una commissione d’inchiesta sulle relazioni fra Trump e la Russia, e Nancy Pelosi, capo dell’opposizione alla Camera, chiede che siano pubblicate le trascrizioni delle conversazioni fra Flynn e l’ambasciatore russo a Washington. Al coro dei repubblicani critici (McCain, Graham e compagnia) si è aggiunto a sorpresa anche Bob Corker, che è il capo della commissioni Esteri nonché un gran sostenitore di Trump: “Probabilmente c’è un problema che va più in profondità di quello che sospettiamo”. In parallelo, alla Camera il deputato Jason Chaffetz propone un’inchiesta non sulle relazioni con il Cremlino ma sulla diffusione illegale di informazioni classificate da parte dell’intelligence, in ottemperanza del motto trumpiano coniato ieri: “The leaks are real. The news is fake”. Mattia Ferraresi

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